Hasta la vista!, la recensione: l’amicizia non conosce disabilità

La recensione di Hasta la vista!, il film belga diretto da Geoffrey Enthoven che racconta la storia di tre amici disabili decisi a intraprendere un viaggio verso la Spagna per perdere la verginità.

Hasta La Vista 4
Hasta La Vista!: un'immagine del film

Ci sono film che sembrano uscire nel momento più propizio, anche se questo sembra essere in enorme ritardo. Dobbiamo iniziare questa nostra recensione di Hasta la vista!, ovviamente senza spoiler, da questa premessa, perché il film belga di Geoffrey Enthoven arriva in Italia dieci anni dopo la sua realizzazione. Premiato all'European Film Awards 2012 con il Premio del Pubblico al Miglior Film Europeo, questa commedia sembra giungere a noi con il tempismo migliore, per regalarci quasi due ore dedicate all'amicizia, alla forza di volontà e al viaggio per scoprire sé stessi e gli altri. Fortunatamente il film regge perfettamente il passaggio del tempo, complice una sceneggiatura semplice ma non banale e un messaggio di fondo che non conosce limiti di alcun tipo.

In viaggio verso El Cielo

Hasta La Vista 1
Hasta La Vista!: una scena della commedia

Protagonisti del film sono tre amici affetti da disabilità: Philip, un paraplegico, Lars, costretto sulla sedia a rotelle a causa di un tumore, e Jozeph, un non vedente, amano il buon vino e soprattutto le belle ragazze. Ma a causa della loro condizione sono ancora vergini e sognano di poter provare le ebbrezze del sesso. Una sera Philip viene a conoscenza di un bordello a Punta del Mar, in Spagna, che si chiama El Cielo, specializzato per appagare le fantasie di persone che soffrono di disabilità come loro. I tre amici decideranno, quindi, di scappare dai protettivi genitori, pagare un'autista (l'infermiera Claude) che possa accompagnarli fino in Spiaggia e darsi alla pazza gioia. Un viaggio per sentirsi quanto più possibile normali e lasciarsi la loro disabilità alle spalle. La loro testardaggine porterà i tre protagonisti ad affrontare qualche ostacolo e il carattere deciso di Philip darà vita a qualche incomprensione, ma questa gita fuori porta, anche parecchio folle, darà loro l'occasione per apprezzare il forte legame di amicizia e, perché no, persino la stessa vita che, all'interno delle mura di casa, appare limitata. Un viaggio che sembra puntare direttamente al cielo, come il nome del bordello che li sta aspettando.

I 15 film più attesi dell'estate 2021

La leggerezza nel dramma

Hasta La Vista 8
Hasta La Vista!: una scena

Nonostante al tema della disabilità venga dato grande spazio, Hasta la Vista!, a partire dal titolo musicale e scanzonato, abbraccia un registro leggero. È un feel good movie, un film di buoni sentimenti che vuole intrattenere lo spettatore per la maggior parte del suo tempo, e lasciarlo al momento dei titoli di coda con un forte senso di appagamento. Non mancano i momenti più seri, in cui un personaggio in particolare deve affrontare a viso aperto la malattia che, lentamente, lo divora, ma il film non cerca mai la lacrima facile. C'è di base un modo di rappresentare la disabilità senza patetismi che fa onore alla storia, scegliendo di non evidenziare ciò che i protagonisti non possono fare. Anzi, spesso è proprio grazie a questo legame così vero tra il trio di personaggi, pronti a prendersi in giro per i propri limiti, che il film sa catturare con leggerezza e semplicità (che non vuol dire superficialità). Dove Hasta la vista! si eleva, al netto di uno stile registico senza particolari guizzi, è nelle scene più intime e personali. Grazie a dei dialoghi naturali e ad alcune ambientazioni particolarmente azzeccate, il film sa catturare lo spettatore non solo con le risate ma anche con il cuore. Ci si sente un po' come il quinto componente invisibile del loro viaggio, coinvolto dalla loro umanità, anche nei momenti peggiori.

Un cast ben amalgamato

Hasta La Vista 5
Hasta La Vista!: un'immagine

Perché il film non è esente da qualche caduta di stile. In particolare una certa dinamica che avviene tra Philip e l'autista Claude si ripresenta qualche volta di troppo, così come il carattere del protagonista che non sempre sembra coinvolto in una vera e propria evoluzione. Sono i momenti in cui sembra quasi che il viaggio, inteso anche come crescita personale, come evento nella vita di queste persone per abbracciare la scoperta, la novità e la loro maturazione, non stia dando i frutti sperati, lasciando che lo sviluppo narrativo si attorcigli un po' troppo su sé stesso. Si rischia in queste occasioni di far perdere quell'empatia tra spettatore e personaggio che il film cerca di mantenere come conditio sine qua non per appassionarsi alla storia. Sono piccole imperfezioni per un film che ha un cast ben amalgamato e che proprio grazie alle loro interpretazioni sa come mettersi sotto i riflettori. Robrecht Vanden Thoren nel ruolo di Philip e Tom Audenant in quello di Jozeph sono fisicamente perfetti e sanno mettere in scena durezza e fragilità nel migliore dei modi. Gilles De Schryver nel ruolo di Lars è il personaggio migliore del lotto, quello che più degli altri ha una storia da raccontare e che trova sfogo anche nel modo in cui rimane in scena. Non possiamo, infine, non citare Isabelle de Hertogh nel ruolo di Claude, all'inizio un'autista scorbutica che sembra la spalla adatta per dare il via ad alcune sequenze comiche, ma che, col passare del tempo, si dimostra un personaggio ben caratterizzato e sensibile.