Ci siamo. Venezia 2025 è alle battute finali e in attesa della premiazione e di conoscere il verdetto della giuria, vi passiamo la sintesi dei giudizi dei nostri redattori inviati al Lido. Noterete un certo accordo su alcuni titoli, ma anche qualche film che ha convinto alcuni e deluso altri. Insomma una spaccato variegato e attento di quella che è stata la Mostra del Cinema numero 82, che ha ospitati grandi autori e grandi star, ma non ha rinunciato ad affrontare anche temi delicati e attuali. Quello che il cinema, sempre, dovrebbe continuare a fare.
Le preferenze di Antonio Cuomo
Un'annata nel complesso positiva, in cui ho visto diversi film più che discreti. Forse più del solito. Vado via da Venezia con un bagaglio di titoli che ho apprezzato, sia italiani che internazionali, e con l'emozione travolgente di The Voice of Hind Rajab, che andrà in qualche modo riconosciuto e sottolineato anche dalla giuria.

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1) Frankenstein. Perché non credo che sia possibile affrontare ancora il romanzo di Mary Shelly dopo la versione di del Toro.
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2) No Other Choice, per la capacità di Park Chan-Wook di parlare di oggi senza rinunciare alla sua cifra stilistica.
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3) La Grazia. Un Paolo Sorrentino perfetto, puntuale e rigoroso nella scrittura quanto d'impatto nella messa in scena.
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4) Bugonia. Perché amo la lucida follia di Yorgos Lanthimos, qui creativa e senza limiti.
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5) Scarlet, perché è importante che l'animazione ci sia e che i grandi autori del media trovino i loro spazi, anche se non con la loro opera migliore.
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Fuori gara The Voice of Hind Rajab, per l'importanza e l'emozione. Per la necessità che ci sia.
Il film italiano
Non film ma serie e sono due: sia Portobello che Il Mostro tratteggiano importanti spaccati dell'inquietante passato del nostro paese.
La sorpresa del festival
La valle dei sorrisi. Nella speranza di aver trovato una nuova importante voce per il cinema di genere in Italia.
Il mostro della Mostra
In the Hand of Dante. Un film che riesce a sbagliare più o meno tutto.
La scena cult
L'incredibile e travolgente sequenza della cena de La Grazia, che ci fa conoscere l'incredibile personaggio di Coco.
La battuta del festival
"Non era una cena, era un'ipotesi" del solito immenso Paolo Sorrentino.
La scena scult
Oscar Isaac vestito da Dante Alighieri che sale la scala in pietra di un'isola. Preludio di tutto ciò che verrà in In the House of Dante.
Le preferenze di Valentina D'Amico
Concorso di alto livello tra conferme e qualche delusione, anche se a mancare quest'anno, è stato il colpo di fulmine che ti fa battere il cuore e ti fa venire voglia di rientrare subito in sala per rivederlo immediatamente. Park Chan-Wook e Paolo Sorrentino si confermano autori di livello, capaci di reinventarsi con due opere che parlano del presente pur senza rinunciare alle caratteristiche essenziali del loro cinema. Divide Frankenstein di Guillermo del Toro (ma per noi è un sì) e divide lo straziante The Voice of Hind Rajab, film palestinese piazzato in concorso, mossa coraggiosa di Barbera di fronte a una Biennale che invoca alla prudenza. Tra i film che più ci hanno convinto si segnala anche l'esordio di Dwayne Johnson nel cinema d'autore con l'atteso The Smashing Machine.

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1) No Other Choice - Non c'è altra scelta. Potente, ispirato, divertente, ma anche cattivissimo e girato magnificamente. Lo sguardo di un maestro sulla crisi del presente.
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2) La Grazia. Il più ispirato tra i film recenti di Sorrentino. Bello il confronto incalzante tra Toni Servillo e Anna Ferzetti, finalmente valorizzata in un ruolo di primo piano.
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3) The Smashing Machine. Dwayne Johnson si dimostra attori di talento in un'opera che riscrive il biopic sportivo, ricca di cuore e tensione.
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4) A House of Dynamite. Deflagrante. Il cinema ipercinetico di Kathryn Bigelow al servizio del presente immagina una crisi nucleare lampo e le reazioni di chi è nella stanza dei bottoni. Interpreti impeccabili.
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5) Dead Man's Wire. Il Gus Van Sant più ironico ricostruisce il rapimento più folle e disperato della storia. Uno sguardo sugli anni '70 che ci somigliano fin troppo con un Colman Domingo nel suo personaggio più cool.
Il film italiano
Il maestro. Se non fosse per l'ultima mezz'ora un po' sfilacciata, il film con Pierfrancesco Favino sarebbe un eccezionale dramedy sportivo che svela il lato oscuro del tennis.
La sorpresa del festival
The Voice of Hind Rajab. Straziante. Oltre a essere una testimonianza fondamentale di ciò che sta accadendo a Gaza, è anche cinema di qualità. Prevedibili le polemiche così come l'indignazione degli spettatori post-visione per ciò che sta accadendo in Palestina.
Il mostro della Mostra
In the Hand of Dante. Adattamento sgangherato di un romanzo di culto (ma anch'esso sgangherato), Julian Schnabel riesce nell'ardua impresa di far recitare male anche un talento come Oscar Isaac. Non parliamo degli altri.
La scena cult
Jay Kelly sale sul treno francese diretto in Toscana e inizia a conversare con i passeggeri.
La battuta del festival
"Sai quanto è difficile essere te stesso?" (Jay Kelly)
Miglior animale
Gli splendidi labrador di No Other Choice.
La scena scult
Il confronto finale tra Oscar Isaac, Jason Momoa e Sabrina Impacciatore vista laguna di Venezia di In the Hand of Dante batte (di poco) i balletti tarantolati di The Testament of Ann Lee.
Le preferenze di Erika Sciamanna
In una 82ª edizione della Mostra del cinema di Venezia come questa ciascuno di noi ha avuto pane per i propri denti. Nonostante il meteo incostante, le file, gli acciacchi e i prezzi esorbitanti, questo periodo al Lido è stato costellato anche da tante soddisfazioni cinematografiche. Il livello della qualità dei film in concorso (e non) si è rivelato piuttosto alto, regalando lungometraggi interessanti e momenti di forte dibattito sociale, in un periodo dove la situazione sulla Striscia di Gaza è divenuta insostenibile. Tra serietà e leggerezza quindi sono giunta alla fine della manifestazione portando con me nuove consapevolezze, nuove esperienze che hanno nutrito la mia anima e miei occhi, lasciandomi quella "fame" che permette a tutti noi di continuare a fare questo lavoro con passione. Ecco quindi le mie preferenze, anche se cercare di dargli un ordine si è rivelato difficilissimo.
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1) Frankenstein di Guillermo del Toro. Il regista messicano compie il miracolo e adatta il mostro sacro di Mary Shelley con rispetto ed efficacia, discostandosene per raccontare tematiche importanti e contemporanee ma al tempo stesso non snaturandone l'anima e il fascino. Un capolavoro visivo e narrativo che non vedo l'ora di vedere ancora e ancora.
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2) The Voice of Hind Rajab di Kaouther ben Hania. Un lungometraggio impossibile da giudicare, un pezzo di cinema fondamentale che scuote fin nel profondo. L'eccellente regia va infatti a supporto di una storia che fonde realtà e ricostruzione narrando attraverso audio e video originali la tragica e straziante morte di una bambina palestinese uccisa da fuoco israeliano. Dopo la visione non sarete più gli stessi.
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3) A House of Dynamite di Kathryn Bigelow. Kathryn Bigelow torna a colpire e lo fa con un film che appassiona fin dai primissimi minuti: il racconto dell'inizio di una guerra nucleare attraverso punti di vista sempre differenti che si susseguono senza risultare ripetitivi grazie ad una scrittura granitica. Un altro aspetto interessante e inquietante allo stesso tempo? Il fatto che questo scenario non sembri poi così improbabile.
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4) Bugonia di Yorgos Lanthimos. Travolgente, folle e parodistico, il nuovo film del regista greco si fa beffe delle folli derive della nostra società con un lungometraggio grottesco che, pur nella pazzia appassiona e parla allo spettatore. Un Lanthimos decisamente in forma.
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5) La Valle dei Sorrisi di Paolo Strippoli. Un horror pienamente riuscito che fonde atmosfere kinghiane con un racconto che inquieta, ricco di sfumature e personaggi complessi e ben scritti. Una boccata d'aria fresca nel panorama del cinema italiano che finalmente osa e riesce.
Il film italiano
La Grazia di Paolo Sorrentino. Sorrentino torna, dopo un Partenope che aveva diviso pubblico e critica, con un film profondo, simbolico e brillante come i personaggi che lo popolano.
La sorpresa del festival
Silent Friend di Ildikó Enyedi. Se ne era parlato pochissimo e invece questo corposo lungometraggio di 145 minuti (circa 2 ore e 40) offre momenti di alto cinema grazie ad un racconto episodico il cui principale filo conduttore è un albero di Gingko Biloba che domina il giardino di un campus universitario. Un'espediente narrativo interessante per un film profondo e inaspettatamente coinvolgente.
Il mostro della Mostra
The Testament of Ann Lee di Mona Fastvold. Mai avrei immaginato di inserire un film sceneggiato da Brady Corbet in questa sezione e invece la vita riserva sempre delle sorprese. Questo musical è un racconto parziale e confuso della leader di una setta di quaccheri del diciottesimo secolo. Un film che se non appassiona si trasforma ben presto in un'agonia uditiva e narrativa piuttosto lunga.
La scena cult
La scena della cena ne La Grazia di Paolo Sorrentino, dove Milvia Marigliano fa fare alla sua Coco una delle entrate più divertenti e travolgenti del cinema italiano.
La battuta del festival
Indubbiamente l'esclamazione "E che cazzo!" pronunciata da Del Toro in un buffo italiano dopo che un microfono aveva iniziato a dare problemi.
La scena scult
Oscar Isaac che sale spaesato una scala di pietra vestito da Dante Alighieri in In the Hand of Dante di Julian Schnabel. Un film inutilmente complicato e per nulla riuscito.
Le preferenze di Damiano Panattoni
Venezia 82, edizione discreta nel complesso che, per forza di cose, sarà ricordata quasi esclusivamente per The Voice of Hind Rajab. Per il resto, non abbiamo visto il meglio del cinema internazionale. Una Mostra a tratti oscura, pessimista, ma poco decisa. Non a caso, i lampi di luce arrivano dall'Italia. potremmo aver visto le facce più belle delle produzioni nostrane, che siano film o serie. Da anni la qualità dei titoli non era così alta. Il motivo? L'entrata in scena di nuovi autori, da Paolo Strippoli a Carolina Cavalli e Laura Samani.
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1) Per portata e diametro, The Voice of Hind Rajab non è un grandissimo film nel senso stretto del termine, diventando però per il peso specifico che sceglie di portare, smuovendo la nostra impotenza.
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2) Il Maestro di Andrea Di Stefano. Per distacco, tra i migliori film del 2025. Nonché, l'esempio preciso di quanto la commedia all'italiana esista ancora. Basta solo saperla fare.
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3) Un film fatto per Bene. Travolgente Franco Maresco che, causticamente e drammaticamente, tra risate e dolore, manda in pezzi il sistema cinematografico italiano. Un film liberatorio.
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4) Un anno di scuola. Laura Samani rivede il concetto di romanzo di formazione con un film capace di trascrivere precisamente i colori della giovinezza.
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5) A House of Dynamite. Mrs. Bigelow e l'incubo nucleare. Un film teso, nerissimo e inquietante. Prima mezz'ora da manuale.
La sorpresa del festival
Non una vera e propria sorpresa, ma la dimostrazione di quanto Adam Sandler, co-protagonista di Jay Kelly, sia un attore formidabile, e soprattutto completo.
Il mostro della mostra
Definirlo 'mostro' potrebbe essere eccessivo, ma la delusione potrebbe essere stata The Smashing Machine. Come dire, non tutte le storie hanno bisogno di essere raccontate al cinema. Un peccato, la prima drammatica di Dwayne Johnson avrebbe meritato di più. In aggiunta, menzione speciale ad Agon passato alla SIC. Una sola domanda: perché?
La scena cult
L'invettiva di Maresco contro i salotti cinematografici televisivi.
La battuta del festival
Vedete La grazia e sceglietene una a caso. Finalmente è tornato Paolo Sorrentino.
La scena scult
Di nuovo lui: non direttamente legato a Venezia 82, ma presentato alla Settimana Internazionale della Critica, la citazione va ancora ad Agon di Giulio Bertelli, capace di offrire diversi momenti decisamente fuori luogo.
Le preferenze di Valentina Ariete
Il concorso di Venezia 82 è stato sorprendentemente di altissimo livello. Non che il festival ci abbia abituato male, anzi, ma perché la concentrazione di buoni e ottimi film è stata davvero notevole. il fattore qualità è inversamente proporzionale all'ottimismo trasmesso. Non c'è dubbio: questi autori ci stanno dicendo che abbiamo fallito come esseri umani, come specie, e ora non ci resta che estinguerci. Nell'attesa dell'estinzione, almeno possiamo tenerci occupati con grande cinema come quello visto al Lido.
- 1) The Voice of Hind Rajab
Il film di Kaouther Ben Hania non è soltanto una testimonianza importante e un appuntamento con la Storia, ma è anche un ottimo film, che ha un dialogo diretto con A House of Dynamite di Kathryn Bigelow, sia per temi che per stile di messa in scena.
- 2) No Other Choice
Park Chan-wook è senza dubbio uno dei più grandi registi viventi. La sua regia ormai è a livelli trascendentali, con i suoi continui giochi di riflessi e punti di vista diversi. No Other Choice se la gioca per il Leone d'Oro fino all'ultimo, ma potrebbe ricevere qualsiasi tipo di premio. Come dicono i giovani cinefili "absolute cinema".
- 3) A House of Dynamite
Ogni volta che Kathryn Bigelow fa un film lascia il segno. Questo non fa eccezione. La bravura della regista con l'adrenalina è nota e qui è ai massimi livelli. Montaggio e scrittura sono perfetti, ma è il senso di presa di coscienza dell'inevitabile a terrorizzare. Prima o poi succederà di ritrovarsi nella situazione che racconta il film: bisogna quindi sperare che in quel momento a prendere le decisioni ci siano delle persone all'altezza.

- 4) Frankenstein
Guillermo Del Toro ama il romanzo di Mary Shelley e si vede. Il suo adattamento di Frankenstein è un miracolo: mantiene lo spirito originale dell'opera e allo stesso tempo è un film che racchiude tutto il cinema del regista messicano. Cast, costumi e scenografie sono perfetti. Sarà difficile affrontare di nuovo questo mito fondante dopo la sua visione.
- 5) Bugonia
È un remake, ma la versione di Yorgos Lanthimos, che trasforma il protagonista dell'originale coreano in una donna, ancora una volta interpretata da Emma Stone, colpisce a fondo. Il finale è splendido. Stone da premiare, anche se ha già vinto tanto in passato. Anche se non arrivasse un riconoscimento è senza dubbio una delle più grandi attrici al mondo.
Il film italiano
La grazia di Paolo Sorrentino è tra i film più belli visti a Venezia. I tre personaggi femminili sono magnifici. Coco Valori maestra di vita. Chissà, forse possiamo sperare in una Coppa Volpi per Toni Servillo.
La sorpresa del festival
L'interpretazione di Jacob Elordi della creatura in Frankenstein di Guillermo Del Toro. Non soltanto è perfetto fisicamente, sia per l'altezza notevole che per il viso dai tratti spigolosi, ma ha saputo dare un'umanità, attraverso la voce, gli sguardi e i movimenti, che ci ha sinceramente commosso.
Il mostro della Mostra
The testament of Ann Lee. Il film precedente di Mona Fastvold, Il mondo che verrà, presentato sempre a Venezia nel 2020, ci era piaciuto molto. Così come The Brutalist, scritto insieme a Brady Corbet. Questo invece è cinema difficilmente ricevibile.

La scena cult
Tutto Un film fatto per Bene di Franco Maresco, senza dubbio il film cult di Venezia 82. Nell'abbondanza di scene tra cui scegliere, dai viaggi con un tassista particolare alla vessazione di un critico cinematografico, forse scegliamo il finale. Pieno di vita nonostante si sia parlato solo di morte per tutta la durata del racconto.
La battuta del festival
"Tesoro, questa non era una cena, ma un'ipotesi": detta da Coco Valori (interpretata da Milvia Marigliano) in La grazia di Paolo Sorrentino.
Miglior animale
L'asinello Carmelo in Un film fatto per Bene di Franco Maresco. Icona assoluta.
La scena scult
Tutte le scene di ballo di The Testament of Ann Lee, con Amanda Seyfried e gli altri attori che si battono il petto ansimando.