Un ultimo respiro, una felpa contro l'aria condizionata ed eccoci varcare la soglia del Palazzo del Cinema, dove la stampa, o i residui di ciò che ne rimane, è accorsa nella grande press room che si affaccia sul mare, anticipando - in un via vai di voci che si rincorrono, puntualmente smentite - i possibili vincitori. Ora, però, è tutto vero: il Leone d'Oro della 80. Mostra del Cinema di Venezia è di Yorgos Lanthimos con Povere Creature!, un po' Frankenstein e un po' Odissea, un po' favola dark un po' viaggio catartico, nel quale Emma Stone (eccezionale) diventa Bella Baxter, assemblata dallo scienziato pazzo Willem Dafoe (lo vedremo in sala il 25 gennaio, c'è da aspettare). Insomma, dopo dodici giorni, ecco il grande finale, che ha visto tronfiare - oggettivamente - il miglior titolo in Concorso (qui trovate tutti i vincitori).
Un concorso a tratti sorprendente, a tratti molto deludente, ma sempre e comunque stimolante. Come deve essere stimolante il cinema, o almeno quello che vediamo sfilare sul red carpet più importante del mondo. "Non è stato difficile tornare a lavorare con Emma Stone, abbiamo lavorato bene ne La Favorita. Quando le ho parlato di questo film, del romanzo da cui è tratto, è subito salita a bordo del film, entrando subito nelle dinamiche della sceneggiatura", ha detto Lanthimos in conferenza, dopo la premiazione, sottolineando poi "Mi dispiace che Emma non sia potuta venire, ma comprendo la causa dello sciopero. C'è stato amore sul set, ed è un peccato non poter festeggiare insieme. I premi? Non so cosa rende un film candidabile all'Oscar o no... Prenderemo ciò che arriva". E gli altri leoni, e le altre leonesse? Ruggiscono. Eccome. Cailee Spaeny protagonista di Priscilla vince come migliore attrice, Peter Sarsgaard invece come migliore attore per Memory.
Entrambi a sorpresa, entrambi premi meritati. Altra bella sorpresa, la sceneggiatura a Pablo Larraín per El Conde. E l'Italia? Premi importanti, e non scontati: Seydou Sarr vince il premio Mastroianni per Io Capitano di Matteo Garrone, "Sono contento di aver fatto questo film, e di aver lavorato con Garrone: abbiamo mostrato ciò che accade nel deserto e nel mare"., confida il ragazzo. Lo stesso Garrone che si è aggiudicato il premio alla regia. "Un film che racconta di un'ingiustizia profonda. Un viaggio, visto dal punto di vista di due ragazzi. Un tema etico, di violazione dei diritti umani basilari. Volevo raccontare il viaggio per far vivere allo spettatore ciò che subiscono da una prospettiva diversa", spiega Garrone a Movieplayer, subito dopo avere ritirato il premio, "Io Capitano è un viaggio epico. E i protagonisti rappresentano l'epica contemporanea". Applausi.
Cailee Spaeny e Peter Sarsgaard: due volti dell'amore
Curioso che a vincere la Coppa Volpi siano stati due interpreti che, nei rispettivi film, hanno messo in scena una declinazione dell'amore, e della conseguente ricerca della propria libertà. Splendida Cailee Spaeny in Priscilla di Sofia Coppola, sfumato e irregolare Peter Sarsgaard in Memory di Michel Franco. "Ci siamo sentiti al telefono, con Priscilla. Lei è stata la parte fondamentale, mi ha permesso di capire come interpretare il ruolo. Sono contenta di aver vinto, anche per lei", confida l'attrice, dolce e spaesata. "Non posso pensare ad un premio migliore, perché questo è un film speciale. Vorrei gettare luce su questa opera, che parla sospirando. E i premi aiutano i film delicati. È pieno di umanità", dice invece Sarsgaard, accompagnato da sua moglie Maggie Gyllenhaal.
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Pablo Larraín, l'importanza delle parole. Agnieszka Holland, la forza delle immagini
Premio Orsella di Venezia 80 alla sceneggiatura di Pablo Larraín, che rivede Augusto Pinochet come se fosse un vampiro assetato di sangue, "Abbiamo avuto un dittatore per tanti anni, c'è un impunità che dura da anni. Il vampiro è una metafora interessante. Il cinema può mettere insieme due elementi, trasformando un personaggio romantico in un dittatore dell'orrore", spiega il regista. Il film lo vedremo su Netflix. A proposito: con ben quattro titoli in programma, Venezia 2023 è stata l'edizione di Netflix. Per inciso, un peccato non vedere Maestro di Bradley Cooper nel palmares (avrebbe meritato la miglior regia).
Parole, e immagini. Come quelle di Agnieszka Holland, che con Green Border vince il Premio Speciale della Giuria, indagando, con fermezza e spietatezza, l'assenza dell'Europa al confine tra Polonia e Bielorussia. "Paradossale essere qui, con un film come questo. Un festival che usa il red carpet, che celebra la bellezza. Ma nel film si parla di miseria umana, della crudeltà dei politici e della gente comune. Dei temi che cambieranno in peggio l'Europa. Allo stesso tempo lo sfarzo serve, perché attira attenzione verso temi importanti. Sono senza voce perché non vogliamo ascoltarli. Certo, non cambieremo il mondo con un film... dobbiamo fare di più. L'Europa deve svegliarsi", dichiara la regista. Ma tra i premiati c'è anche Ryusuke Hamaguchi, che con Evil Does Not Exist ha acceso il concorso. "Attraverso la musica ho trovato le immagini. Un film che esiste, e spero che le persone possano capire qualcosa in più sulla natura. Un'opera artistica, qualcosa però che diventa reale. È una cosa interessante per noi creatori", prosegue l'autore di Drive my Car.