Ottavo giorno per la Mostra del Cinema di Venezia, secondo film italiano in concorso, L'intrepido di Gianni Amelio, un lavoro dai toni sommessi, con qualche tocco leggero, che racconta la vicenda di Antonio Pane, cinquantenne milanese che sbarca il lunario facendo il rimpiazzo, ossia sostituendo le persone che per i motivi più disparati non possono svolgere il proprio lavoro. Candido, ottimista fino quasi al sadismo, questo omino deve fare i conti con una realtà terribile e imparerà a sue spese che non potrà sempre rimpiazzare tutto, specialmente quando si tratta di relazionarsi con due persone a lui care, il figlio Ivo, sassofonista di talento, bloccato dagli attacchi di panico, e la giovane Lucia, una ragazza misteriosa che gli svela il lato più brutto della vita. Presenti in conferenza il regista e gli altri interpreti del film, capeggiati da Antonio Albanese, Livia Rossi (Lucia) e Gabriele Rendina (Ivo), hanno parlato di questa esperienza particolarissima.
Dopo vent'anni finalmente riesce a girare un film con Albanese, quali sono i lati nuovi che ha scoperto di questo attore? Gianni Amelio: Penso che li scoprirò domani, mi auguro di avere una lunga collaborazione con lui e se ci sarà un prossimo film metterò a dura prova il suo appetito famelico.
Crede di aver fatto un finale consolatorio?
Non so voi, ma io ho bisogno di essere consolato, tutti abbiamo bisogno di qualcosa che non ci lasci l'amaro in bocca e vorremmo un po' sognare, quando si riaccendono le luci alla fine di una proiezione. Anche quando ho fatto film più drammatici ho cercato di far intravedere sempre qualche spiraglio. Non so se ero io che sognavo o erano veramente presenti nella storia. Qui la luce vera c'è ed è autentica.
Miracolo a Milano è il mio film della vita, quindi sarei appagato e felice se solo potessi pensare che L'intrepido si avvicina solo a un suo fotogramma. Se dovessi parlare di modello parlerei di Charlot. Il personaggio creato da Charles Chaplin è un umile, vive tra i diseredati del mondo, ma sa uscire sano dal malsano. Per questo è l'uomo più solo del mondo, niente lo aiuta se non il dondolarsi con il bastone. Lui combatte con l'arma della dignità, della fiducia, della pulizia. La dignità è quella cosa che ti permette di camminare a testa alta, che non ti fa accettare i compromessi. Ogni tanto Antonio deve subirli, ma a un certo punto si allontana e ricomincia da zero e preferisce questo, anziché piegarsi allo sporco mondo che lo vuole corrompere.
Nel titolo si fa riferimento al giornalino a fumetti...
Perché la figura di Antonio è uno schizzo, un disegno, lo vedo come un eroe disegnato da qualcun altro, è una figura antieroica che vive il suo eroismo nel quotidiano; del resto non c'è eroe più grande dell'uomo della strada, colui che ha il coraggio di uscire di casa e ricominciare da un altrove. Non c'è un personaggio che insegue questo altrove con più ostinazione di Antonio.
Senza svelare troppi dettagli, ma nel film il personaggio di Antonio compie una prova apparentemente fuori dalla sua portata, pur di aiutare il figlio ad uscire fuori da una crisi profonda.... Gianni Amelio: Credo che nel gesto del padre sia rappresentata la spinta che la nostra generazione deve dare ai giovani; abbiamo fatto i nostri disastri e abbiamo ricevuto batoste dure, ma non abbiamo idea di cosa debbano subire loro, non sappiamo fare il gesto giusto. Lì Pane si muove affinché il ragazzo abbia un futuro.