Il giorno che tutti gli appassionati di cinema horror presenti al Lido aspettavano è finalmente arrivato: gli zombie di George Romero sono pronti a invadere il red carpet. Aveva destato grande scalpore la decisione di Marco Muller e dei selezionatori di inserire nel concorso di questa 66a edizione della Mostra di venezia l'ennesimo film di "morti viventi" dell'amatissimo regista americano, giunto ormai alla sesta pellicola sull'argomento: una carriera, un'unica vocazione, ma nell'Arte Cinematografica di cui si fa promotrice la kermesse veneziana è giunta l'ora di sdoganare un filone che può contare su uno zoccolo duro di adoranti fan. Il suo Survival of the Dead conferma però l'inesorabile esaurimento di idee di un regista che pare non aver più nulla da dire, ma intende divertire e divertirsi con un lungo tiro al bersaglio con le capocce dei poveri zombie che affollano il suo limitato immaginario. In questo suo smorto western, che probabilmente potranno apprezzare solo gli irriducibili fan del regista, Romero infila i suoi soliti messaggi politici in sottotraccia mettendo alla berlina il terribile mondo occidentale. Nulla di nuovo all'orizzonte, sarebbe forse l'ora di appendere gli zombie al chiodo.
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S'era svolta in totale serenità la conferenza stampa di presentazione del film, prima che il regista sbottasse alla domanda di una povera giornalista spagnola che aveva osato chiedergli lumi sulla produzione del film da parte di Medusa essendo lui un uomo che si proclama di sinistra. "L'altra volta ero venuto a Venezia con un film prodotto dalla Rai e non andava bene - ha sbraitato un furioso Placido - ora con Medusa e mi criticate lo stesso. Ma con chi cazzo li devo fare io i film? La sua è una domanda stupida. Vi piacciono tanto i film americani e inglesi, gente che invade i paesi, fa guerre e poi fa film per far vedere quanto sono buoni. Ma che vadano a quel paese!". La tregua del regista con i giornalisti è durata davvero poco.
Leggi la recensione de Il grande sogno e l'intervista a Michele Placido. Non può contare su nomi blasonati Women Without Men, terzo film in concorso della giornata, scritto e diretto dalla visual artist iraniana Shirin Neshat, in collaborazione con Shoja Azari. Tratto dall'omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur, il film racconta un momento cruciale nella storia dell'Iran, il colpo di stato anglo-americano del 1953 per rovesciare Mohammad Mossadegh, primo capo di governo democraticamente eletto in Iran. In questo contesto si innestano le storie di quattro donne che vanno a tratteggiare la condizione femminile in un paese dove contano solo gli uomini e le donne sono ridotte a fantasmi avvolti nei chador. Immagini che tolgono il fiato, colori e composizione delle inquadrature che tradiscono l'origine della regista (che viene dalla fotografia) e un respiro filosofico che abbraccia l'intera pellicola caratterizzano l'esordio della Neshat, tra le cose migliori viste finora in concorso.
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Dopo aver bucato ieri la prima del suo documentario Napoli Napoli Napoli per un ritardo aereo, recupera oggi Abel Ferrara presenziando a una proiezione straordinaria del film in Sala Grande e incontrando i giornalisti in conferenza stampa per parlare di questa sua indagine sui mali che affliggono la metropoli partenopea Leggi la recensione di Napoli Napoli Napoli e l'intervista a Ferrara.
Il cinema documentario continua a dimostrare la sua vitalità anche nel nostro paese: oggi la sezione Controcampo Italiano propone infatti Poeti di Toni D'Angelo, che va alla scoperta della poesia romana underground, e Giuseppe De Santis, realizzato da Carlo Lizzani, che ha raccolto le testimonianze di colleghi e attori per ricordare uno dei nomi chiave del nostro cinema.
Presentato invece nella sezione Orizzonti un film che guarda a trent'anni fa: l'irritante Repo Chick di Alex Cox, che rimanda al cult Repo Man, è un delirio trash girato in green screen impossibile da digerire, che si compone di una serie di scenette no sense in cui fastidiosi personaggi minacciano attacchi terroristici se il Presidente degli Stati Uniti non diventerà vegano o si impegnano affinché lo sport del golf venga abolito. Certa roba mette davvero a dura prova la nostra pazienza.