Non c'è Mostra di Venezia senza polemiche. Quest'anno ci hanno pensato le riviste specializzate americane ad accusare la mostra lagunare di maschilismo per aver messo una sola donna regista in concorso. Poi è toccato alla stampa storcere il naso di fronte alla richiesta di rispettare l'embargo. Il tentativo è quello di porre un freno ai tweet selvaggi post-proiezione che demoliscono i film più attesi, ma per fortuna il rimedio è più soft di quello di Cannes, che ha eliminato le anticipate stampa.
Leggi anche: Venezia 2018: la nostra guida ai 20 film più attesi della Mostra
Dopo essere uscito trionfatore dalla passata Mostra di Venezia con il fiabesco La forma dell'acqua - The Shape of Water, Guillermo del Toro si trova adesso dall'altra parte della barricata in quanto Presidente della Giuria. A toccare la questione scottante della rappresentanza femminile numericamente inadeguata è il Presidente Paolo Baratta: "Noi sentiamo la responsabilità, la nostra si chiama Mostra, se c'è un problema riguarda il mondo dell'arte. La percentuale di film diretti da donne, in questa edizione, è del 21%, percentuale bassa, anche se cambia da sezione a sezione. Un festival è un posto in cui rivelare bellezza e verità. Dobbiamo ammettere che esiste un problema nell'arte, nell'architettura, nel teatro. Dobbiamo promuovere nuove opportunità per le generazioni giovani, Biennale College è un tentativo". Interviene Guillermo del Toro: "Lo scopo è arrivare al 50% in modo da potersela giocare alla pari. Questo è un problema reale, tra le molte voci molte meritano di essere sentite, non è un problema di stabilire una quota, ma porsi delle domande. Per troppi secoli la questione non è stata sollevata, ma mai come adesso la discussione è importante".
Leggi anche: La forma del cinema di Guillermo del Toro tra storia, poesia e deformità
Da Netflix all'assenza di donne registe, del Toro smorza le polemiche di Venezia 75
Si torna a parlare di cinema. Da cinefilo incallito quale è, Guillermo del Toro non ha problemi a definire i criteri della sua attività di Presidente di Giuria: "Spero di sorprendermi, di scoprire qualcosa di nuovo. essere un giurato rinnova un patto col cinema che va al di là dell'aspetto commerciale o culturale, ristabilisce un rapporto personale col cinema. Sai che il tuo giudizio può influenzare la vita di qualcuno, siamo tutti d'accordo nel pensare che il nostro sia un compito molto serio". Riguardo alla questione Netflix, che ha spinto il Festival di Cannes a imporre una forma di protezionismo escludendo dalla competizione i film che non hanno distribuzione nelle sale francesi, del Toro sposta la questione e ribadisce: "I film vivono all'interno del rettangolo della visione, tutto ciò che è al di fuori non ci importa. A noi interessa solo la qualità di un film. Naturalmente i festival hanno un ruolo centrale, Venezia è un posto importante in cui mostrare un film, soprattutto per i registi emergenti. Il festival è un ecosistema, ogni festival ha un sapore diverso, alla fine dell'anno hai un grande panorama di quali storie siano importanti da raccontare".
Per il Presidente di Giuria arriva la domanda più spinosa. La presenza in concorso dell'amico e connazionale Alfonso Cuarón con Roma lascia subodorare l'ipotesi di favoritismi nel palmares, ma il regista ci ride su ed esclama: "Sono il Presidente di Giuria, non il dittatore di giuria. La nostra preoccupazione sarà giudicare i film da professionisti, in modo imparziale." Poi, riflettendo sull'esplosione del cinema messicano, aggiunge: "Il panorama messicano continua a crescere, 20 anni fa il cinema messicano non aveva questo peso. Oggi ci sono tante nuove voci potenti, adesso sto producendo un film ed è un lavoro molto interessante. Sono molti i cineasti messicani che non sfigurerebbero alla Mostra. Qualche anno fa era difficile trovare film messicani nei festival".
Leggi anche: Venezia 2018: da Ryan Gosling a Lady Gaga, le star che saranno al Festival
Un mare di risate con Taika Waititi
Tra i giurati, Naomi Watts si schermisce ammettendo di non essere, per natura, una persona che ama giudicare gli altri, ma ammette di sentirsi privilegiata a essere stata scelta per far parte della giuria veneziana. Ad attirare l'attenzione è soprattutto il regista di Thor: Ragnarok Taika Waititi. Altissimo, con indosso una sorta di kimono rosso, Taika Waititi non passa inosservato e strappa risate a ogni esternazione, come quando, in opposizione alla Watts, ribatte: "Io invece sono una persona che ama giudicare. Ho uno spiccato spirito critico, è la mia vocazione". Ma è quando gli viene chiesto come se la caverà un comico come lui di fronte a tanti film da festival, per definizione ben poco divertenti, che Taika dà il meglio di sé: "È vero, il mio cinema è divertente, ma sotto sotto serpeggia una vena di tristezza. In realtà io mi definisco il Tarkovskij della commedia, cerco di imitare i miei idoli Ozu e Malick, o almeno ci provo".