Una sfida che non poteva non essere raccolta. A sentire le parole di Renato De Maria, che ha presentato in concorso nella sezione Orizzonti, alla 71.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, il suo nuovo film, La vita oscena, la difficoltà dell'impresa di portare sul grande schermo l'omomino romanzo autobiografico di Aldo Nove è stata ampiamente ripagata dal risultato ottenuto. Gli è bastato leggere il libro, insomma, per essere ossessionato dalle immagini scelte dallo scrittore e sentirsi quasi "obbligato" a dirigerne l'adattamento cinematografico. Costrizione e dovere non sono categorie facilmente applicabili all'arte, ma pensiamo di comprendere il motivo di tanta passione da parte del regista varesino per l'opera letteraria di Nove (pseudonimo di Antonio Centanin).
Quello di Andrea, alter ego dello scrittore lombardo, è un personaggio troppo interessante per restare relegato alla pagina e meritava di essere "portato" sul grande schermo. Il protagonista, interpretato da Clement Metayer, già protagonista di Qualcosa nell'aria di Olivier Assayas, in concorso a Venezia nel 2012, è un adolescente traumatizzato dalla morte ravvicinata dei genitori, che risponde a questo evento dedicandosi ad eccessi di ogni tipo, trasformando così la propria esistenza in un percorso autodistruttivo fatto di sesso occasionale e consumo di droghe. Il film di De Maria, ancora senza distribuzione, è stato presentato alla stampa durante una conferenza a cui hanno partecipato anche Isabella Ferrari, nel doppio ruolo di protagonista femminile e produttrice associata, il direttore della fotografia, Daniele Ciprì, e parte del pool di produttori composto da Riccardo Scamarcio e Gianluca De Marchi.
Dalla pagina allo schermo
"Il film è nato, banalmente, dalla lettura del libro - ha spiegato De Maria -, sono stato rapito dalla bellezza della lingua e dal coraggio di Aldo che ha voluto raccontare la sua storia con verità, crudezza e poesia alta. Mi ha emozionato davvero. Non pensavo potesse mai uscirne un film, ma valeva la pena provarci". Per adattare il romanzo, la collaborazione con Nove, co autore della sceneggiatura, è stata fondamentale. "La vera sfida è stata quella di relazionarmi con la visionarietà del racconto, ma la bellezza del rapporto, umano e professionale, che si è instaurato da subito con Aldo, è stato bellissimo". Parole di elogio che sono state ribadite dallo stesso narratore. "Io sono sempre stato un fan di Renato - ha detto Nove -, Paz! l'ho amato moltissimo, anzi, penso di saperlo a memoria. In quel caso c'era la genialità di Andrea Pazienza, un elemento così complesso che però Renato è stato capace di trasfondere nel film. Ecco perché quando ho sentito che voleva condividere con me questa scommessa artistica intensa, sapevo che ne sarebbe valsa la pena. So che il mio romanzo è un lavoro anomalo, ma l'accordo umano e artistico che si è instaurato con Renato è stato molto forte. E' stato stimolante essere in questo lavoro".
Il protagonista
Il volto di Clément Métayer ha affascinato De Maria, che ha visto nella corporatura esile di questo giovane attore francese il protagonista perfetto. "Avevo individuato un paio di attori italiani, ma Clément era quello che volevo. Ero a Parigi per cercare una coproduzione che in realtà non si è concretizzata, fortunatamente il viaggio non è andato sprecato. Una mia amica me lo ha segnalato e sono andato a conoscerlo. Il feeling visivo è stato immediato, più lo guardavo e più vedevo in lui il protagonista. Possiede quel candore e quell'energia purissima che mi servivano. Inoltre è stato proprio lui a suggerirmi di far muovere il protagonista sullo skateboard. Ha dato leggerezza agli spostamenti di Andrea nella città, con un'immagine di adolescenza che mi ha conquistato". "Non ci si identifica con i personaggi, ma si recita - ha raccontato Métayer -, mi sono ispirato al mio vissuto per costruire un personaggio e dargli profondità, un compito ancora più difficile visto che non avevo dialoghi, ma dovevo lavorare solo sulle espressioni. E' stata una grossa scommessa, ma non ho mai avuto paura dell'avventura. Ho rotto le scatole fino all'ultimo a Renato, perché non sapevo se il film sarebbe stato fatto o meno. E' stata un'esperienza meravigliosa".
Una madre hippy
Personaggio chiave della storia è quello interpretato da Isabella Ferrari, la madre del protagonista, amata e idealizzata dal ragazzo. "Il libro girava in casa - ha detto la Ferrari, moglie di De Maria -, e quando l'ho letto mi ha molto commosso. Ho detto a Renato che non sarebbe mai riuscito a fare il film, ma che se mai un giorno fosse riuscito avrei voluto il ruolo della madre. Per la prima volta nella mia carriera non ho avuto difficoltà a recitare perché non ho costruito nulla; è la mamma che tutti vorremmo e che io vorrei essere, una donna senza pensiero, con tanta luce, senza sensi di colpa". Il ruolo si è poi protratto anche dietro le quinte, visto che la Ferrari, in qualità di produttrice associata, ha permesso al film di vedere la luce. "Non se questo tipo di esperienza si ripeterà o meno, ma è stata bellissima - ha rivelato -, già solo a sentire la parola "oscena", le banche scappavano. L'incontro con Riccardo Scamarcio è stato fondamentale. Già alla parola oscena le banche scappavano".
Questo è il cinema indipendente su cui dovremmo contare, altrimenti continueremo sempre a offrire le solite cose.
Ha spiegato uno dei produttori, Gianluca De Marchi di Film Vision. "Forse siamo tra i pochi produttori a investire in proprio, ma lo facciamo con passione, consci della difficoltà oggettiva nel raccogliere i fondi. Abbiamo avuto difficoltà ma con il talento dello staff artistico siamo riusciti", ha concluso De Marchi. "E' una storia che mi ha scaldato il cuore - gli ha fatto eco Scamarcio -, mi ci sono riconosciuto, ed è questa la cosa più grande che il cinema ci dà. Non potevo farmi sfuggire l'occasione. Grazie a chi ci dà l'opportunità di far vedere il film, che merita una distribuzione, anche se solo per un pubblico ristretto". "Ho voluto fare i complimenti a tutti i produttori - ha detto il direttore della fotografia Daniele Ciprì - ho visto e ho sentito nel film una forza nel restituire in modo visionario, quel mondo, quella follia. So che è stato molto complicato, per questo li ho invidiati tutti".