Nel 2004 presentò la sua opera prima Saimir proprio alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (sezione Orizzonti); oggi Francesco Munzi, romano, classe 1969, partecipa al concorso con un film, Anime nere, che ne mostra l'evoluzione artistica. Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, Anime nere racconta la storia di tre fratelli affiliati ad un clan malavitoso calabrese, che si ritrovano dopo molto tempo nel paese natio per risolvere una crisi "diplomatica" scatenata dal figlio di uno di loro, un irrequieto adolescente che mal sopporta il padre, unico nel terzetto dei fratelli a non intraprendere la carriera criminale, e per questo considerato debole.
Messi di fronte ad una situazione esplosiva, Luigi, Rocco e Luciano vedranno pian piano crollare le proprie certezze, pagando un prezzo altissimo. Con Francesco Munzi si sono visti anche i bravissimi interpreti, Marco Leonardi, Peppino Mazzotta e Fabrizio Ferracane, che hanno recitato in dialetto, Barbora Bobulova e Giuseppe Fumo.
Romanzo criminale del Sud
Scritto in maniera asciutta e precisa da un pool di sceneggiatori che comprende Maurizio Braucci di Gomorra e il compianto Fabrizio Ruggirello, a cui la pellicola è dedicata, il film di Munzi ci mostra il mondo di questi tre personaggi, senza gli eccessi tipici delle opere dedicate a questo tipo di tematiche. "Ho cercato di fare un lavoro di realismo e normalizzazione - ha spiegato Munzi -, cercando di evitare la spettacolarità. Ho tralasciato gli immaginari classici dei film dedicati ai criminali per mantenere intatta la loro semplicità, per trovare gli aspetti comuni con gli spettatori".
Fondamentale per amplificare il realismo della messa in scena è stata la recitazione in calabrese, tortura a cui gli interpreti si sono sottoposti con impegno e applicazione. "Io sono calabrese, di Locri, e non è stato difficile recitare in lingua - ha detto Leonardi, che nel film interpreta Luigi - e sono veramente felice di aver conquistato questo ruolo, quello di un uomo carismatico, ma anche molto puerile. Ero in vacanza in Calabria, ho saputo che stavano lavorando al progetto e ho fatto molti chilometri per incontrare Francesco e Giocchino. Me lo sono proprio preso il personaggio. Sono felice di essere qui, Venezia è una vetrina importante".
"Io sono calabrese di Cosenza, ma il dialetto di Africo ho dovuto impararlo di sana pianta - ha spiegato Pezzotta, alias Rocco -. Fortunatamente in luogo abbiamo trovato persone che ci hanno accudito e che ci seguivano scrupolosamente, insegnandoci il modo giusto di esprimersi. Ho capito che ero riuscito nel compito, quando cominciavo ad anticiparli. In fondo, imparare a parlare una lingua è appropriarsi di un'identità che ha quel luogo lì". "Sono siciliano e in linea d'aria siamo vicini alla Calabria - ha concluso Ferracane, ovvero Luciano -, eppure per imparare a parlare correttamente sono stato un mese in mezzo con le capre in montagna, ho studiato il calabrese, ho vissuto quei luoghi. Sono stato fortunato ad aver avuto il tempo per assimilare tutto. Spero di aver restituito sul grande schermo la complessità del mio personaggio".
Il cuore delle Anime nere
Tra i momenti più toccanti della conferenza dobbiamo inserire obbligatoriamente le commosse dichiarazioni di Giuseppe Fumo, il giovane interprete del ribelle Leonardo, che ha invitato i suoi coetanei calabresi a non seguire strade pericolose, affiliandosi a qualche clan solo perché non si trova lavoro. Parole semplici e dritte al cuore che hanno spinto il regista a parlare del messaggio del film. "In genere i messaggi sono gabbie, assiomi - ha detto -, parlerei piuttosto di scommessa, quella di entrare nella vita di una famiglia criminale per mostrarne gli aspetti anti epici, quasi squallidi. Con uno sguardo giusto di compassione e distanza critica. Abbiamo agioto così, tentando di dare tre caratteri diversi ai fratelli. La faida è attorno a loro, ma combattono una guerra interna, destinata a far implodere la famiglia. Così facendo credo di aver raggiunto l'umano, arrivando alla tragedia universale".
Il mio Africo
I luoghi che hanno fatto da sfondo alle riprese di Anime nere, contengono in sé mille contraddizioni. "Africo è un paese doppio - ha raccontato Munzi -. Il paese è stato evacuato anni fa e ricostruito sulla spiaggia, un posto meraviglioso, bagnato da un mare stupendo, ma in realtà sempre vuoto. Poi c'è la montagna, difficile da raggiungere anche per chi abita nei dintorni, visto che si deve prendere il fuoristrada. Non conoscevo la Calabria e soprattutto non conoscevo quanto la sua storia fosse intrecciata con quella dell'Italia. Una cosa però mi ha colpito, il fatto che tutti nutrano un sentimento di sfiducia nei confronti dello Stato".
La scrittura del film, quindi, è diventato anche un modo per abbattere dei pregiudizi. "E' stata proprio questa la difficoltà principale - ha concluso -, fortunatamente abbiamo creato un laboratorio, una positività che è stata la prima nota bella di un progetto molto difficile. Questa molla mi ha permesso di eliminare tutti i cliché, rispettando la natura del libro e del luogo e legandomi ai personaggi. Il crimine doveva essere un mantello, ma dovevo andare al cuore e trovare la loro verità".