Opera prima della sezione Orizzonti di Venezia 2013, Il terzo tempo di Enrico Maria Artale è prodotto da Filmauro e per ovvi motivi non concorre al premio per il Leone del futuro, voluto proprio dai De Laurentiis. Il film racconta la storia del giovane Samuel, ex detenuto in semi libertà affidato ad un ex giocatore di rugby che vede in lui del potenziale in questo sport e lo inserisce nella squadra che allena, per una collaborazione che può aiutare entrame le parti.
E' Lorenzo Richelmy a dare il volto allo sfrontato protagonista, presente in conferenza a Venezia con una delle presenze femminili del cast, Margherita Laterza. Accanto a loro ed al regista, i produttori e distributori del film Luigi ed Aurelio De Laurentiis, ed i co-produttori per il Centro Sperimentale Stefano Rulli ed Elisabetta Bruscolini.
Per questo debutto, c'è stato il passaggio da documentari a finzione. Ci dici qualcosa di più sul film, che parla di sport ma è anche storia di riscatto. Come è nata la storia? Enrico Maria Artale: In realtà non mi considero un documentarista, perchè non ho avuto il tempo di esserlo. Ho solo avuto un'occasione per fare un documentario e conoscere questo sport: nel 2009 dopo il terremoto de L'Aquila la squadra della città si è molto impegnata ed trovato che fosse una storia forte che meritasse di essere raccontata. E' stata l'opportunità per conoscere uno sport sano, con valori che non si limitano solo a quelli del terzo tempo, ma proprio nelle regole del gioco, che insegna a vedere la squadra come una cosa organica che funziona secondo certe leggi. Quando mi è stata offerta l'occasione di parlarne di nuovo, l'ho colta al volo. Mentre scrivevo con i due sceneggiatori, ho letto un articolo meraviglioso che mi ha fatto capire qualcosa che non avevo ancora colto del rugby, che si dice che fortifica e invece accultura. Il nostro protagonista non deve redimersi in senso tradizionale, ma vivere questo sport e capire il suo insegnamento.
Il film è molto credibile ed è un grande merito, ma resta un dubbio su quale sia la scintilla che fa scattare il sacro fuoco nel protagonista. Enrico Maria Artale: Chi ha giocato ad uno sport legato al gruppo ed alla competizione sa che fa vivere emozioni che non si trovano altrove. L'evidenza di non poter giocare la partita contro l'avversario che ti sta provocando riesce ad avere la meglio su motivazioni anche più profonde.Dove è stato girato e dove è stato pensato il film? Si parla di Roma, ma viene percepita come qualcosa di lontano. Enrico Maria Artale: Il film è girato a Frascati, ma se si parla di qualcuno del posto parla di Roma come di un altrove. E' una cosa tipica della provincia che mi piaceva raccontare.
Ci sarà ancora sport nei prossimi progetti? Enrico Maria Artale: Sto scrivendo molte storie per capire cosa vorrei veramente raccontare, ma non so se ci sarà ancora lo sport.
Signor De Laurentiis, ci parla del suo coinvolgimento nel progetto? Aurelio De Laurentiis: Ho sempre dato grande importanza al mondo dei giovani, perchè quando ero giovane ho sofferto la prevericazione di quello degli adulti. Sono un grande provocatore e mi diverto ad affrontare una società che è fatta essenzialmente da adulti che comandano cose che in Italia non funzionano. L'idea di fare un'opera prima non è legata al voler produrre un debutto di per sè, ma un buon film e quando mi è arrivata questa storia mi ha incuriosito perchè veniva dal Centro Sperimentale, che per me è una casa visto che ci insegnava mio padre, e perchè parlava di sport. Poi mi ha colpito perchè era una sceneggiatura ben scritta, all'americana. Ne ho parlato con la Bruscolini che ha co-prodotto il film, ed ho approfondito l'argomento con Artale che mi ha spiegato di voler fare una storia che fondesse sport, sociale ed amore. Un mix che può creare delle antipatiche trappole, ma che invece lui ha gestito benissimo. Ha saputo raccontare molto bene questo mondo, che evidentemente conosceva.Nel film ci sono due interpreti che vengono dal Centro Sperimentale, entrambi con una storia molto interessante, perchè hanno debuttato in televisione ma sono tornati a studiare. Ci raccontate la vostra esperienza?
Lorenzo Richelmy: Ho cominciato dal teatro e questo mi ha dato una grande spinta quando sono entrato nel mondo della televisione a voler avere una formazione che mi permettesse di poter dire di essere un attore professionista. Se vuoi farlo in un certo modo, non devi curare solo il tuo lato esterico. Mi ci ha spinto la televisione, non perchè mi abbia deluso, ma perchè mi ha fatto capire la differenza che c'è tra cinema e TV in Italia. Volendo lavorare per il grande schermo, ho capito che avriei avuto bisogno di una formazione completa che non mi limitasse nel tipo di lavori che avrei potuto fare. In questo lavoro si vede la differenza con quelli che hanno studiato.
Margherita Laterza: Sono d'accordo con Lorenzo, ma aggiungerei che per questo mestiere ci vuole molto coraggio e devi essere disposto ad essere nudo di fronte alla macchina da prese ed i collaboratori. Ci suole una solidità che prima di fare una scuola non credevo di avere. Ho avuto bisogno di un percorso che mi permettesse di dire di essere qualcosa che meritasse di essere vista ed ascoltata. Quindi sono contentissima di studiare ancora e di farmi martoriare ogni giorno al Centro Sperimentale. E' giusto che sia così perchè un attore deve essere pronto a tutto.
Non è il primo film prodotto dal Centro Sperimentale, ma questa di produrre è una rivoluzione per il centro. Elisabetta Bruscolini: La società di produzione è nata poco più di quattro anni fa ed in questo periodo abbiamo fatto un percorso importante che ci ha portato quest'anno a produrre tre film. Abbiamo dato ai ragazzi della scuola una grande possibilità, perchè lavoriamo anche a documentari, videoclip ed altre iniziative. La cosa importante di questo film in particolare è di averci fatto fare un ulteriore passo avanti, perchè abbiamo collaborato con la Filmauro e questa cooperazione è stata importante per noi. Tutta la partecipazione che si è creata intorno al Centro Sperimentale è stata molto importante e costruttiva, permettendoci di crescere ancora.
Luigi De Laurentiis, non siete solitti aprirvi a coproduzioni. Avete intenzione di ripetere l'esperienza? Luigi De Laurentiis: Molto dipenderà dalle sceneggiature che ci proporranno. In questo caso ci è subito piaciuto lo script molto americano e la struttura dei tre anni molto asciutta e pulita. E' stata una buona opportunità, ma saremo pronti a produrre ancora con loro se capiterà l'occasione.Aurelio De Laurentiis: Colgo l'occasione per lanciare una proposta al presidente del Centro: potremmo finanziare la stesura di soggetti sviluppati su alcune idee che siano interessanti da produrre. Soggetti ai quali attingere, anche per realizzare ulteriori opere prime. E' più produttivo investire sulle idee che sulle sceneggiature complete.