Napoli 24 è un piccolo miracolo, un gioiello in cui le pietre preziose spuntano dove meno te l'aspetti; un'opera che riesce ad emozionare per la verità che trasmette; e non parliamo di quel tanto sbandierato realismo che viene invocato dai più quando ci si trova a dover raccontare un materiale così sfaccettato e complesso, ma di quella poesia che traspare dall'umanità.
Ognuno di loro ha offerto il proprio privilegiato punto di vista sulla città, reso attraverso gli stili più differenti, dando la sorprendente illusione di assistere ad un unico film; l'approccio documentaristico vero e proprio, ad esempio, si sposa alla perfezione con il racconto dei miracoli di San Gennaro (esilarante la testimonianza del venditore di statuette che ha visto morire tre cardinali) e della Santa Maria Francesca, venerata dalle donne che non possono avere figli ("I napoletani sono fatti così, si aspettano sempre qualcosa dall'alto", dice uno degli intervistati). E, giustamente, a poco sarebbe servita un'audace messa in scena davanti al vulcanico proprietario della storica trattoria "Nennella", che ogni giorno elargisce ai suoi avventori dei banchetti regali, con lo sprito di uno scugnizzo. Come dire, la cosa si spiega da sé. L'immondizia c'è, ma l'inatteso sguardo di una bambina che, seduta sul passeggino incrocia solo cumuli di macerie, vale quanto un reportage giornalistico. In Napoli 24, però, trovano spazio anche sperimentazioni più sofisticate (bellissima la sequenza intitolata M.A.D.R.E., nome che allude al Museo d'Arte contemporanea Donna Regina e anche alla dispotica madre della protagonista). Il risultato, però, è degno di nota anche quando la sperimentazione lascia il campo alla pura poesia, come testimoniano "gli episodi" della giovane donna che si affaccia al balcone di casa sua, proprio quando viene compiuto un omicidio (la canzone che sentiamo è quella dei titoli di testa di Gomorra) e della storia d'amore che due sconosciuti immaginano di vivere sull'autobus che li sta trasportando, un racconto intenso fatto in bianco e nero.
Napoli 24 è un piccolo miracolo, un gioiello in cui le pietre preziose spuntano dove meno te l'aspetti; un'opera che riesce ad emozionare per la verità che trasmette. E non parliamo di quel tanto sbandierato realismo che viene invocato dai più quando ci si trova a dover raccontare un materiale così sfaccettato e complicato come la vita della "metropoli" partenopea, "un tempo terza capitale del mondo e oggi ultima città d'Italia" (la dichiarazione è quella di un neoborbonico intervistato durante le celebrazioni per l'anniversario della morte di Ferdinando II), ma di quella poesia che traspare dall'umanità; le immagini di questo palpitante lavoro collettivo su Napoli non sono un piatto rimando alla città del sole e del mare, né sono la versione artistica di un servizio di cronaca di un qualunque telegiornale di punta. Sono le inquadrature di un fotografo. Di un grande fotografo.