Ma quale angelo del focolare domestico, le donne devono e possono essere altro. Possono porsi a capo di un ribaltamento sociale, farsi linea di partenza di una spinta anarcoide, megafono di ingiustizie e denunce sociali. E, Vangelo secondo Maria di Paolo Zucca. la madre per antonomasia, la Maria docile e vergine, viene svestita della sua santità per farsi proiezione di una forza intrinseca alle donne incapaci di accettare una scelta non presa autonomamente, ma a loro imposta.
Inseguendo il percorso battuto da un'opera anticipatrice sui tempi - e adesso profondamente contemporanea - come l'omonimo romanzo di Barbara Alberti, Vangelo secondo Maria si fa specchio riflettente un presente ancora intaccato dalla diseguaglianza di genere, dalle lotte femministe, dalle violenze e ingiustizie subite dall'essere donna: le stesse che viveva Barbara Alberti nel 1979 quando pubblicò il suo romanzo. Le stesse che viveva Maria in una Palestina qui trasformata in una Sardegna viva, autentica, atemporale ed eterna.
Vangelo secondo Maria: due piani che non coincidono
Non è una ragazzina così speciale Maria: nata a Nazareth, a lei tutto è proibito, anche imparare a leggere e scrivere. Ma lei brama la conoscenza, e solo così potrà sentirsi veramente libera. Lontana dai libri, alla sinagoga assimila ogni parola per interiorizzarla e ripeterla, facendola sua. Dall'audacia dei profeti ha imparato la disobbedienza, sogna di scappare su un asino e scoprire il mondo, andare lontano, magari in Egitto. Poi un giorno incontra il mite Giuseppe, ritrovando in lui non solo un maestro, ma anche lo strumento perfetto per rendere le sue aspirazioni realtà.
Il loro matrimonio è infatti casto, una semplice copertura che permette all'uomo di istruire segretamente la giovane, per poi prepararla alla fuga. Ma ecco un ostacolo imprevisto: Maria e Giuseppe si innamorano. Stanno per abbandonarsi alla passione, quando l'angelo dell'annunciazione rovina tutto. Il piano di Dio e quello di Maria non coincidono affatto. E così, ancora una volta, ecco che l'aspirazione sociale e l'intraprendenza femminile si scontrano, si ribellano, lottano insieme e uno contro l'altra.
La sacralità dell'arte visiva
Nella laicità del nostro paese, le Sacre Scritture si sono imposte tra le radici più profonde di un'identità collettiva che da esse si è lasciata influenzare, modellare, talvolta distorcere nella propria visione di realtà. Sono attimi, eventi, che dalle pagine si sono fatte immagini. Non è un evangelista Paolo Zucca, e non intende esserlo: con il suo Vangelo secondo Maria il regista si fa piuttosto osservatore scrutante la realtà circostante, disattendendo le attese di filologica narrazione, per scardinarne i crismi e rivelare così il marciume della sua struttura fondante. Sovrascrittura per immagini, Vangelo secondo Maria trattiene un rimando cristiano solo per i nomi dei personaggi, gli eventi chiave delle loro esistenze, e quegli omaggi pittorici che hanno impresso per sempre le loro vite in una galleria di racconti insidiatisi nella nostra memoria collettiva.
Non più santi, ma uomini imperfetti
È una galleria di tableaux-vivants quella che scorre dinnanzi allo spettatore. Una storia cinematografica che riprende quella iconografica di momenti impressi su tela per raccontare, insegnare, stimolare la mente anche di chi non sapeva leggere, ma sapeva ammirare con gli occhi. Tiziano, Veronese, Raffaello: i loro pennelli tornano a scivolare sullo schermo: le loro creature bidimensionali colorano nuovamente un mondo antico di matrice religiosa per parlare di un'attualità ancora attaccate alle radici di un pensiero arcaico. Nella vivacità cromatica delle vesti, e nella disposizione dei personaggi sulla scena, ogni elemento richiama una tradizione pittorica di stampo rinascimentale, ora scevra di carattere religioso perché insignita di un monito socioculturale facilmente identificabile e riconoscibile dal pubblico contemporaneo.
In questo paradosso, i personaggi cardini del dogma cristiano perdono la loro santità, per mostrarsi nella loro fallace umanità, in una maniera non dissimile da quella compiuta da Martin Scorsese nella sua L'ultima tentazione di Cristo; ancor più vicini alla natura terrestre e peccatrice dei propri spettatori, sono adesso loro, agenti di comportamenti presi e decostruiti - e per questo del tutto inediti e sconosciuti rispetto a quelli tradizionalmente tramandati - a denunciare sia il ruolo sottomesso della donna, che la sottostimante considerazione a lei riservata, sia dagli uomini del tempo, che dal sistema patriarcale del 2024.
Il peccato di non conoscere
"Il vero peccato è l'ignoranza", afferma la Maria di Benedetta Porcaroli, e mai come nella società dell'immagine, a farsi vettore di conoscenza, raccoglitore di nozioni e sapienza, è quello schermo perennemente acceso che ci illumina lo sguardo, ci ammalia, ci condiziona, talvolta ci manipola e altre ci insegna. Il cinema si fa portatore non più e soltanto della realtà circostante, ma anche di quella interiore, e un prodotto come Vangelo secondo Maria si candida in punta di piedi a togliere quel velo che ci rende miopi, incuranti della realtà altrui. Aprendo gli occhi a taluni spettatori, così da renderli meno ignoranti (perché consci) circa la condizione della donna di oggi, Zucca affida alla propria, giovane, interprete una visione di Maria distante dalla figura silenziosa e obbediente descritta nelle Sacre Scritture (un po' quanto già compiuto in precedenza da Susanna Nicchiarelli con la sua Chiara), perché ribelle, curiosa, attratta dalla sete di conoscenza e a quell'arte dell'apprendimento che la società le nega.
Il quadro della sottomissione
Rilettura provocatoria che farà discutere e molti inorridire, il più casto e puro tra i racconti cristiani si tramuta in saggio sulla figura femminile, che rivendica la propria indipendenza e la propria facoltà di scelta: scelta per un corpo che è suo. Scelta per l'uomo da amare. Scelta per le avventure da intraprendere e scelta per imparare e non vivere all'ombra dell'ignoranza. Sono scelte che ancora oggi a molte donne vengono precluse, e che il film di Zucca sottolinea con evidenziatori filmici, fatti di campi lunghi, che raccolgono e uniscono nell'attimo di uno sguardo, Maria e quel mondo che non sente suo, non comprende e rigetta. Sono riprese angolate, fuori bolla, che si riempiono di significati altri, più profondi e impliciti. E così le inquadrature fortemente inclinate in basso e in alto, che schiacciano Maria contro il peso del proprio, sottomesso genere femminile, rimandano alla posizione imperante dell'uomo che domina la donna guardandola dall'alto dei propri privilegi. Una condanna adesso pronta a essere esorcizzata solo con la forza dello sguardo cinematografico e della riproduzione visiva, capace di inserirsi nella profondità oculare raggiungendo quell'emisfero cerebrale pronto a interpretarli, assimilarli, comprenderli e interiorizzarli. In Vangelo secondo Maria bisogna infatti andare oltre la superficie, scrutare il disegno preparatorio nascosto sotto la colatura di colore per comprenderne il significato intrinseco. Nessun tentativo di screditare il credo cristiano, ma solo scuotere le menti, destare le coscienze dal proprio sonno.
È una costruzione maniacale, Vangelo secondo Maria. Una cornice che stuzzica la visione, stimola le riflessioni, spinge all'analisi della nostra società contemporanea, tra pregiudizi, incongruenze e ingiustizie. Eppure, in questo processo di attenta cucitura, un punto viene saltato, lasciando numerosi buchi nell'imbastitura di un abito così magnetico, ma non perfetto. Le performance sovraccaricate (specialmente quella di Benedetta Porcaroli) che non intendono nascondere la propria fattura, hanno un che di felliniano, ma al contempo frenano di colpo il meccanismo altrimenti ben oliato di immedesimazione spettatoriale. Più coesa, silenziosa e matura l'interpretazione di Alessandro Gassmann nei panni del saggio Giuseppe, che nella sua misantropia si allontana da quel gregge di paesani di fattura quasi pasoliniana che affollano lo sguardo, soffocano lo spazio di visione, disorientano il proprio spettatore. Un peccato, questo, che lo spettatore deciderà o meno di assolvere, avvicinandosi la potenza della Maria proto-femminista qui narrata, oppure destinandola alle fiamme di un inferno cinematografico da cui è impossibile uscire.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Vangelo secondo Maria sottolineando come il film diretto da Paolo Zucca e presentato in anteprima al Torino Film Festival 2023, entri di diritto in quella galleria ristretta di film coraggiosi che non hanno paura di decostruire narrazioni apparentemente intoccabili come quelle delle Sacre Scritture per redigere la propria denuncia sull'ingiustizia di genere ed emancipazione femminile. Sfruttando la figura di Maria, si rende tangibile la ribellione e la sete di indipendenza che agita ancora donne e ragazze di tutto il mondo. Peccato per alcune performance colte in overacting. Impressionante la fotografia e l'impianto visivo, a metà tra Pasolini, Fellini e dipinti di epoca rinascimentale.
Perché ci piace
- Il rimando all'arte rinascimentale.
- Le inquadrature mai banali, ma sempre cariche di significato.
- La performance di Alessandro Gassmann.
Cosa non va
- La performance a tratti un po' troppo marcata di Benedetta Porcaroli.
- Il non aver caricato con ancora più forza e determinazione certi passaggi, soprattutto quelli in cui la donna viene soggiogata dal volere maschile.