Da Caserta a Roma, fino a New York e ritorno. Tuttavia, ci dice, "Non mi sono mai sentito appartenere a nessuna città". A parlare è Valerio Piccolo che abbiamo intervistato in occasione dell'uscita al cinema di Parthenope di Paolo Sorrentino. Il cantautore, infatti, ha firmato per il film il brano originale E si' arrivata pure tu, tra l'altro contenuta nel nuovo album, Senso, uscito il 24 ottobre, in concomitanza con l'arrivo al cinema della pellicola presentata a Cannes. "In realtà la canzone è nata in parallelo al film, ha una storia particolare", rivela Piccolo, al telefono. "Senza voler sconfinare nel mistico, ma dico che i brani ben riusciti hanno una sorta di vita propria. Appena ho finito di scrivere la canzone ho subito pensato al cinema di Sorrentino. Lo adoro fin da L'uomo in più. Ho lavorato con lui anche sui dialoghi di alcuni film. Insomma, il contatto con lui c'era già prima di Parthenope. È un brano nato per fare un certo percorso, a prescindere dall'origine creativa".
Parthenope, legato all'immaginario sorrentiniano che esplora l'elemento della giovinezza (in questo caso rappresentata dalla protagonista, Celeste Dalla Porta), è un viaggio di sola andata che ha per protagonista Napoli. "Non ho mai avuto un rapporto molto profondo con Napoli", ci dice il musicista. "In provincia accade, alcune volte, di staccarsi un po' dai grandi centri. Napoli l'ho vissuta da spettatore. Nel film c'è una lunga dichiarazione d'amore su questa città, così come indugia su Celeste. Uno sguardo d'amore sulla gioventù perduta. Ho trovato questo sguardo, uno sguardo morbido e comprensivo. Un film di Sorrentino che ci fa pensare a Fellini. Ne La mano di Dio c'era una Napoli vista con gli occhi suoi, qui c'è più distanza".
Parthenope: la nostra intervista a Valerio Piccolo
Tra l'altro, per Valerio Piccolo, non è la prima volta che si ritrova a lavorare con qualcuno che stima professionalmente. "Ho lavorato anche con Suzanne Vega, con cui ho collaborato per diversi progetti artistici. C'è sempre un momento che ti fa pensare: "ma è tutto vero?". Ricordo il concerto sul palco con Vega... Che emozione. Durante le pause me la guardavo e non ci credevo. Ecco, con Paolo poi si è arrivati ad una maturità artistica diversa, ma la passione c'è sempre stata. Dentro ci metti il rapporto di lavoro, però. È un momento di gratificazione artistica totale. Incontrarsi sulla strada dell'arte è una sensazione meravigliosa. È come essere trovati da chi ha una visione immensa della musica e dell'arte".
Tra l'altro, musicalmente parlando, il cinema di Paolo Sorrentino è molto cambiato. Le sonorità si sono ammorbidite, lasciando da parte i brani pop che hanno contraddistinto le soundtrack de Il divo o di La Grande Bellezza. Per Valerio Piccolo è una questione di spunto temporale: "Non credo sia una questione temporale, ma artistica. Si pone a livelli diversi. Anche in Youth la musica era emblematica, con le chitarre di Mark Kozelek. Credo che ci sia più morbidezza, ma solo per questioni artistiche. Magari poi tra qualche film torna al pop più invasivo. Ora pesca delle chicche, anche senza timore: lui è più libero, puntando a qualcosa di diverso. E il riscontro fin ora mi parla di una sorpresa da parte dello spettatore. Si può sorprendere nella ricerca, senza lavorare di stereotipi. Oggi il cinema italiano chiude sempre i film sparando un brano pop, ma manca l'assenza legata alla narrazione visiva".
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Tra Salerno e New York
Come detto, Valerio Piccolo lavora spesso a New York. Quanto è importante, artisticamente parlando, una città straordinaria come la Grande Mela? "Guarda, per me New York è stata fondamentale. Facevo avanti e indietro, è stato tutto formativo. Anche dal punto di vista cantautoriale. Sono entrato in un giro di musicisti che poi sono diventati amici e produttori. Li ho frequentati per un lungo periodo. Ho vissuto da songwriter. E tutt'ora suono nei locali dove vanno i newyorkesi. Ho portato brani italiani dove non erano mai stati suonati, come nel Village. Ero fuso con il tessuto, e stimolato dall'interno. New York è un grande contenitore, ma dopo un po' diventa faticosa: la concorrenza è elevatissima, si tende a pompare tutto al massimo".
E prosegue: "Vengo da una città molto piccola, e per me alcune dinamiche provinciali sono fondamentali. Quando nasci in una grande città dai delle cose per scontate. Non mi sono mai sentito parte di nessuna città, però. Mi sento sempre in movimento, non sono stanziale. Questo essere ispirato è una predisposizione. E ti dico, l'album Senso è la chiusura di un cerchio, che prende tutta questa roba. Un disco della maturità, in cui tutti i punti sono al posto giusto".
La passione per il cinema
Musica e cinema. La spina dorsale di Valerio Piccolo, cresciuto in un vecchio cine-club di Caserta, come ci rivela: "Faccio parte di una generazione casertana in cui il cinema in città non c'era. Però c'era un cine-club, presieduto da Remigio Truocchio. Lui è stato il padre di una certa generazione di appassionati, e ci ha fatto vedere cose incredibili. Ricordo ancora Metropolis visto con il Dolby Surround. Sono esperienze che non si dimenticano. Per me quelle poltrone hanno attraversato la mia formazione cinematografica. Poi mia madre mi ha portato a vedere Missing con Jack Lemon, e mio padre invecè Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo. Avevo nove anni". Continua l'artista: "La tendenza a stare a casa oggi è marcata. Però ci sono dei seguaci di Remigio, che si chiama Francesco Massarelli che dirige un cinema teatro a Capua. Ha trasferito lo stesso concetto del passato. Nonostante tutto, la gente ha ancora tanta fame di cinema".
Piccolo, oltre la musica, ha tradotto e adattato dialoghi per oltre 350 titoli, curando i dialoghi per le edizioni italiani di film di Spielberg, Tarantino, Villeneuve. "Il nostro lavoro è molto nell'ombra, ma è un lavoro molto delicato. Riscrive il copione, in pratica. C'è una responsabilità assoluta. Insegno adattamento, e predico rispetto per l'opera originale. Così come è fondamentale la comprensione perfetta delle sfumature. Non bisogna metterci l'Ego. L'opera è stata già creata, dobbiamo solo riprodurla al meglio. Non c'è nessun intervento personale da parte nostra. Sempre tenendo presente che le parole già esistono".