Recensione Niente paura - Come eravamo, come siamo e le canzoni di Ligabue (2010)

Arricchito dalle canzoni e dalle testimonianze di Ligabue e dei suoi fan il film-documentario 'Niente paura' ritrae tra amarezza e disillusione l'Italia della nostra epoca, fasciata dall'inciviltà e dal mancato rispetto per la Costituzione-chimera.

Urlando contro il cielo

Nel nostro Paese il nazionalismo è ormai ridotto all'osso del mero tifo calcistico della domenica e dei Mondiali. Nel nostro paese il senso d'identità è un concetto astratto che si è perso tra i grumi di una clandestinità al contrario. Nel nostro paese la forbice tra un passato fatto di manifestazioni e cortei per la libertà e per la democrazia e un presente fatto della becera indifferenza o del comodo sopore davanti alla televisione si è così allargata che non c'è più né spazio né tempo per i sogni dei giovani. Viene dal cinema l'ultimo ritratto critico dell'inciviltà che ammanta nella sua ombra sempre più cupa la nostra realtà. Come un reportage amaro e disilluso, Niente paura - Come eravamo, come siamo e le canzoni di Ligabue si presta a un pubblico giovane come un prolungamento mediatico dei tanti servizi informativi e giornalistici che spopolano su Youtube e Facebook, gli ultimi baluardi di un'informazione democratica non ancora imbavagliata.

Per parlare dell'abissale gap che sprofonda in terra italiana tra i lenti progressi di ieri e gli incalzanti regressi di oggi il regista Piergiorgio Gay si avvale della variegata raccolta di testimonianze dei personaggi più disparati, che consegnano alla sua macchina da presa messaggi e prese di posizione sui temi inanellati intorno al valore utopico della Costituzione. Dalle parole intelligenti di Stefano Rodotà sulla storia dell'italianità a quelle del velista Soldini sulla clandestinità, dalla sensibilità di Beppino Englaro al profondo coraggio di Roberto Saviano, dalle acute osservazioni di Margherita Hack ai buoni sentimenti di Don Ciotti, dalle battute brillanti di Fabio Volo alle fantasie provocatorie di Paolo Rossi fino agli interventi di Carlo Verdone sulla capitale: Gay traccia le voci di alcuni italiani per lanciare uno sguardo su un popolo che ha saputo affrontare morbi come la mafia, la camorra, l'omertà, il terrorismo e il crollo di alcuni miti popolari e che oggi non è in grado di riceverne né valutarne gli insegnamenti per guardare al futuro.
A fare da collante, forse un po' abusato, alle immagini da repertorio e alle dichiarazioni figlie della nostra epoca ci pensa il rocker di Correggio, Luciano Ligabue, eletto dal documentario a paladino delle ingiustizie costituzionalizzate insieme ai suoi fan. Tra i brani eseguiti in versione domestica e quelli dei concerti dell'ultimo tour, che lo ha portato ad attraversare tutto lo Stivale, il beniamino emiliano diventa un messaggero musicale della legalità non rispettata e dell'indignazione diffusa. Collegate dai suoi testi, in particolare dalla canzone "Niente paura", che dà il titolo al progetto e apre e chiude il film, le ordinate sequenze che ripercorrono alcuni dei più drammatici eventi storici dell'Italia e provano ad avanzare ambizioni didattiche, ma nella neutrale compostezza narrativa finiscono per avere sullo spettatore lo stesso effetto del vano j'accuse di un oratore romantico che, per usare le parole di Liga, sta solo "urlando contro il cielo".