Recensione River (2011)

L'ultima fatica di Hiroki Ryuichi è un progetto personale e fortemente voluto: ostico nell'impatto, River va rilasciando lentamente la poesia delle sue immagini naturalistiche. Un film 'importante', ma non privo di difetti strutturali.

Una passeggiata per non dimenticare

Un lunghissimo ed estenuante pianosequenza apre il film. La camera a mano di Hiroki Ryuichi pedina la sua protagonista per quasi un quarto d'ora sui marciapiedi di un affollato quartiere di Tokyo, Akihabara. Nel 2008, qui avvenne una tragedia senza spiegazioni: un uomo che aveva affittato un furgone lo lanciò sui pedoni investendoli, e, dopo essere sceso, cominciò ad accoltellare quelli che aveva a tiro. Il bilancio fu di sette morti più altri feriti.
Hikari, interpretata dalla giovane Renbutsu Misako, ritorna ad Akihabara, quartiere dello shopping compulsivo per geek dell'elettronica che si è lasciato alle spalle il massacro, dopo anni passati a casa rifuggendo la vita, in piena depressione. La ragazza cerca di trovare un contatto con l'amore perduto, camminando sui passi del suo Kenji, nelle vie dove trovò casualmente la morte tre anni prima. Qui incontra una fotografa che si interessa a lei ed è intrigata dalla sua espressione malinconica: vuole sapere cosa si nasconde dietro i suoi occhi per poi rimanere indietro e lasciarla andare. Poco dopo si mette a parlare con una cantante la cui canzone la tocca profondamente. In un'altra occasione si fa assumere solo per un giorno in un bizzarro e ambiguo bar, ma dopo gli aneddoti di una collega disincantata e cinica abbandona il posto. Infine avviene l'incontro più importante, quello con Yugi, un ragazzo che vende per strada componenti d''elettronica e che ha probabilmente conosciuto Kenji.

Se questi passaggi possono risultare narrativamente ripetitivi, è indubbio che Hiroki si interessi alla nuova apertura alla vita di Hikari, anche se la riscrittura della sceneggiatura, avvenuta in corso d'opera, può aver in qualche modo intaccato la freschezza del disegno complessivo. Stando alle dichiarazioni del regista giapponese, infatti, River aveva come presupposto il massacro di Akihabara attraverso l'elaborazione del lutto del personaggio femminile della Misako. Ma dopo il terremoto e lo tsunami dell'11 marzo 2011, Hiroki non ha potuto che modificare lo script per riflettere anche sull'immane tragedia avvenuta in Giappone. Ed è proprio Yugi a esserne la chiave: mentre i due ragazzi camminano, scorrono le immagini che hanno scioccato il mondo filtrate dagli schermi dei televisori esposti ad Akihabara. Hiroki sposta la sua attenzione da Hikari al personaggio maschile in maniera progressiva, tagliando poi con uno stacco il passaggio dallo scenario urbano di Tokyo a quello post-apocalittico di uno dei paesi colpiti dallo tsunami. Yugi, spinto dalla conoscenza di questa ragazza ossessionata dal passato, sente di dover fare ritorno a casa, dai genitori che detestava e che ha abbandonato anni prima, almeno per scoprire se sono ancora vivi.
Si produce un long take speculare al principio dell'opera: se Akihabara ha ripulito le macchie di sangue dalle sue strade, i relitti del disastro naturale occorso alla popolazione giapponese è una lacerazione difficilmente ricucibile. Hiroki Ryuichi molto intelligentemente fa scivolare il dolore privato di Hikari in quello collettivo, simboleggiato da Yugi: un lutto che va universalizzandosi e la cui elaborazione sarà lunga e difficile.
Dopo questo viaggio in un paesaggio sconquassato, il regista fa ritorno nuovamente a Tokyo, chiudendo il cerchio dei vagabondaggi dei suoi personaggi. Il conclusivo piano-fisso sul volto di Hikari, che prende posto su una barca per un giro sul fiume (lo stesso che Kenji le aveva sempre promesso), segna la presa di posizione nei confronti di una vita che merita ancora di essere vissuta nonostante un dolore che non può essere dimenticato.
L'ultima fatica del regista di Vibrator è un progetto personale e fortemente voluto: ostico nell'impatto, River va rilasciando lentamente la poesia delle sue immagini naturalistiche. E' soprattutto un film "importante", vista anche l'operazione effettuata a caldo sul territorio devastato del Giappone. Non si può però non evidenziare come alcuni passaggi siano semplicisti e che vi sia un'oziosa volontà nel voler incedere dentro il racconto attraverso un minimalismo asciutto ma faticoso, che appesantisce un film dal minutaggio contenuto.

River è stato presentato in prima visione europea al Far East Film Festival 14, introdotto dai 3 minuti di un cortometraggio realizzato da Hiroki sull'onda dell'emozione dovuta al drammatico evento dell'11 marzo dell'anno scorso. Poche immagini per fotografare dei bambini che rispondono coi loro disegni infantili a due semplici domande: cosa ti piace? Cosa detesti? Se alcune risposte sono interscambiabili per tutti i ragazzini del mondo, per quelli di Fukushima la percezione del pericolo imminente e ravvicinato è indelebile.