"Rory, ti prego, lascia perdere il caffè! Non capisci che rischi di diventare come tua madre?" "Mi dispiace: è troppo tardi."
La melodia è quella, inconfondibile e trascinante, di There She Goes, la hit dei La's del 1988 (sul serio, quante band possono vantare una canzone altrettanto perfetta?). Lorelai Gilmore percorre le strade di Stars Hollow, entra nel locale di Luke e lo supplica di servirle la sesta tazza di caffè della mattinata. Con questa scena il 5 ottobre 2000, sul network americano WB, quattro milioni e mezzo di spettatori venivano introdotti per la prima volta nell'universo di Gilmore Girls; qui in Italia, invece, avremmo dovuto attendere il luglio 2002, quando Canale 5 avrebbe cominciato a trasmettere la serie con il titolo Una mamma per amica. E come presentazione, quest'incipit non avrebbe potuto essere più emblematico: la suggestiva atmosfera della provincia del Connecticut, gli ironici dialoghi tra madre e figlia, quantità industriali di caffè e, qua e là, anche tanta musica meravigliosa.
A vent'anni dall'esordio di quel primo episodio, dopo sette stagioni, centocinquantasette episodi e una miniserie in quattro parti, Di nuovo insieme, prodotta da Netflix nel 2016, Una mamma per amica continua a occupare un posto speciale nella memoria del pubblico. Un pubblico che, complice il progressivo passaparola, il successo delle varie repliche e, dulcis in fundo, la vetrina offerta da Netflix, dall'autunno del 2000 a oggi si è allargato a macchia d'olio. Qual è il segreto di questa popolarità intramontabile? Cosa ha permesso a Una mamma per amica di superare la prova del tempo infinitamente meglio di altre serie coeve, anch'esse rivolte in prevalenza a spettatori adolescenti o poco più che ventenni? È vero, Gilmore Girls è un teen drama solo a metà; piuttosto, può essere considerato un duplice racconto di formazione che scorre sui binari paralleli delle vite di Lorelai e Rory Gilmore, forse il più bel ritratto madre/figlia mai disegnato sul piccolo schermo.
Le vite quotidiane di Lorelai e Rory
Creato da Amy Sherman-Palladino, oggi nota come la premiatissima autrice de La fantastica signora Maisel, con la collaborazione del marito Daniel Palladino, Una mamma per amica segue le vicende delle ragazze Gilmore, interpretate con formidabile alchimia da Lauren Graham e Alexis Bledel. All'inizio della serie, Lorelai è poco più che trentenne e gestisce un albergo chiamato Independence Inn, mentre sua figlia Rory (diminutivo di Lorelai, a sottolineare un legame quasi simbiotico) sta per compiere sedici anni e ha appena ottenuto una borsa di studio per una prestigiosa scuola privata, la Chilton. Attorno a loro ruota un nugolo di personaggi adorabili, spesso caratterizzati da piccole o grandi eccentricità: dal Luke Danes di Scott Patterson, amico e in seguito partner di Lorelai, alla chef Sookie St. James, a cui presta il volto la futura star Melissa McCarthy, e ovviamente Richard ed Emily, i genitori a dir poco 'impegnativi' di Lorelai.
Dall'inaugurazione delle famigerate "cene del venerdì sera" al debutto di Rory alla Chilton, passando per le prime cotte della ragazza e per i tesissimi rapporti di Lorelai con Richard ed Emily, Una mamma per amica ci accompagna lungo il percorso delle due protagoniste: Lorelai tenterà una nuova impresa professionale, cercando nel frattempo di capire cosa prova per Luke e se la loro relazione può funzionare; Rory, invece, dopo l'avventura alla Chilton si iscriverà all'Università di Yale, andando incontro alle prime sfide dell'età adulta (e alle relative delusioni). A costituire il cuore pulsante della serie è proprio il senso di quotidianità che pervade ogni puntata: Lorelai e Rory, così come i vari comprimari, non devono affrontare situazioni 'eccezionali', ma attraversano esperienze in cui risulta facilissimo identificarsi e ritrovare una parte di noi stessi. Anche se, magari, senza la stessa magia di Stars Hollow.
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L'emozione della normalità
È il primo tratto distintivo di Una mamma per amica rispetto agli altri teen drama dei primi anni Duemila: un senso di credibilità e di realismo che, al contrario, veniva più volte a mancare in serie quali Dawson's Creek, The O.C. e One Tree Hill. In particolare, i due titoli che all'epoca avevano riscosso maggior successo presso la generazione nata negli anni Ottanta erano appunto Dawson's Creek, in onda negli USA dal 1998 al 2003, e The O.C., che ne aveva raccolto il testimone ed è stato trasmesso dal 2003 al 2007. Su chi è stato teenager durante quell'arco di tempo, rivedere da adulto Dawson's Creek o The O.C. può esercitare senz'altro un comprensibile effetto-nostalgia; tuttavia, ciò non impedisce di accorgersi di forzature, grossolanità e "salti dello squalo" già ben visibili allora, ma che oggi appaiono perfino più stridenti.
Dawson's Creek premeva il pedale sull'esasperazione del triangolo, o meglio del quadrilatero amoroso, fra i suoi protagonisti, e non lesinava twist improvvisi e morti più o meno drammatiche; The O.C. adottava una formula abbastanza simile, pur privilegiando i toni da commedia per stemperare certi passaggi da soap opera. Insomma, per quanto ci si potesse comunque affezionare a questi personaggi, a compromettere un autentico coinvolgimento era proprio la natura costantemente sopra le righe delle loro esistenze. Una mamma per amica, invece, ha sempre optato per un approccio diametralmente opposto: far scaturire l'empatia, e dunque l'emozione degli spettatori, mediante storie 'ordinarie', senza far ricorso a colpi di scena o soluzioni inverosimili. Non che la serie sia priva di momenti clou o di svolte importanti, ma questi sono sempre il frutto di una narrazione assolutamente coerente.
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Ciò non toglie che, pur nel suo realismo di fondo, la scrittura di Amy Sherman-Palladino possieda una cifra stilistica ben precisa. Come abbiamo rilevato in più occasioni parlando di Una mamma per amica, a farci innamorare della serie hanno contribuito non poco i densissimi scambi di battute fra i personaggi, infarciti di giochi di parole, di frecciate canzonatorie e di una quantità incalcolabile di riferimenti alla letteratura e alla cultura pop: battute pronunciate a ritmo rapidissimo, come nella tradizione delle sophisticated comedy degli anni Quaranta, e diventate non a caso proverbiali (una tecnica simile si può rintracciare fra l'altro ne La fantastica signora Maisel). È una dimostrazione di quanto Gilmore Girls confidi nell'intelligenza del proprio pubblico, e desideri anzi stimolarla mediante una vivacità dialogica che tiene sempre desta la nostra attenzione, sfidandoci a catturare sfumature e citazioni.
Ma la verve comica di Lorelai e Rory, così come quella dei numerosissimi comprimari distribuiti fra Stars Hollow e dintorni, convive con un'ampia gamma di stati d'animo e di sentimenti talvolta più malinconici o impetuosi. In sostanza, Una mamma per amica si avvale di un umorismo irresistibile, ma non può essere definito una commedia tout court: accanto ai momenti di tenerezza si insinuano infatti situazioni di rabbia e di conflitto, di frustrazione e di sofferenza. Il sorriso di Lorelai e Rory non basta certo per ignorare i problemi della vita di ogni giorno, ma costituisce un'arma in più nel tentativo di farvi fronte; e la loro capacità di ironizzare su tutto, in primo luogo su se stesse, è la lezione meravigliosa - e assai meno scontata del previsto - che questa serie ci ha insegnato da un episodio all'altro. Una lezione che, per fortuna, non ha mai smesso di accompagnarci... neppure dopo vent'anni.
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