Un vizio di famiglia: perché è un film che fa a pezzi il patriarcato e la borghesia

Il film Sébastien Marnier non è solo un giallo famigliare, ma è anche un racconto feroce della famiglia come nucleo tossico e del trionfo del femminile.

Un vizio di famiglia: perché è un film che fa a pezzi il patriarcato e la borghesia

"Non c'è niente di peggio della famiglia. È come un veleno che ti scorre nelle vene contaminandoti e facendoti stare male", recita una delle battute manifesto di Un vizio di famiglia, terzo film di Sébastien Marnier, arrivato in sala il 4 gennaio dopo il passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra. Un thriller al vetriolo che combina abilmente il melodramma domestico di ascendenza chabroliana, il giallo hitchcockiano e la fiaba nera: il centro è la famiglia come nido di rapporti tossici, il detonatore di dinamiche nebulose e invidie cresciute all'ombra del quieto conformismo borghese. Ma in fondo Un vizio di famiglia è anche un film sulla borghesia, la fine del patriarcato e il desiderio di rivalsa sociale.

La famiglia come origine del male e il trionfo del femminile

Un Vizio Di Famiglia 5
Un vizio di famiglia: un momento del film

All'apparenza potrebbe risultare un thriller scritto e pensato per l'intrattenimento puro, in realtà Un vizio di famiglia è un racconto di genere fortemente stratificato, che al termine delle due ore di visione avrà raccontato ben più di un semplice giallo famigliare. Sébastien Marnier infatti sventra e fa a pezzi una delle istituzione borghesi per eccellenza, la famiglia, nello specifico quella ricchissima e stravagante che abita in una lussuosa villa in riva al mare, in una imprecisata località della Costa Azzurra. È qui che la protagonista Stéphane si ritrova scaraventata, dopo essersi messa un giorno sulle tracce di un padre mai conosciuto e ritrovato nelle vesti di un ricco magnate, Serge, losco e miserevole patriarca di una famiglia bizzarra composta da figure femminili altrettanto eccentriche a partire dalla sua stravagante consorte Louise, la cui unica preoccupazione della giornata è lo shopping compulsivo e il collezionismo: colleziona di tutto, persino videocassette sulle quali si è presa la briga di registrare programmi tv per sei anni consecutivi. Louise è la rappresentazione più evidente di ciò che quella casa straripante di oggetti (statue, stampe leopardate, scale di marmo rosa, animali impagliati) racchiude al suo interno, un simulacro di avidità; è la diretta emanazione di quel luogo kitsch, stipato tra i cimeli di una vita improntata all'eccesso più sboccato.

Un Vizio Di Famiglia 7
Un vizio di famiglia: una foto

Ma Dominique Blanc che la interpreta, riesce a ribaltare lo stereotipo della cacciatrice di uomini ricchi e benestanti, a favore di un personaggio allegramente naif, che il pubblico saprà amare dal primo momento. Al suo seguito una inquietante e ambigua governante, la figlia ambiziosa di lui, George, manager senza scrupoli che ha già preso le redini dell'azienda, e madre di un'adolescente ribelle e distaccata, Jeanne, con il sogno di tornarsene in Australia a fare fotografie. "Amanti, sorelle, sorellastre e nipoti" determinate a trovare un posto in quella famiglia e ad accaparrarsi, ciascuna per ragioni diverse ma altrettanto valide, la fortuna di un capofamiglia vecchio, rabbioso e violento. Sono tutte donne orgogliosamente folli e furiose, che qui a colpi di feroce cinismo e risse fisiche e verbali hanno il compito di sancire "il tramonto del patriarcato", come si è affrettato spesso a dichiarare lo stesso regista, "l'idea era quella di avere una cast di sole donne contrapposte all'origine del male, ovvero il padre".

Un vizio di famiglia, la recensione: la recita del male

Lotta di classe e rivalsa sociale: storia di una rivoluzione

L Origine Du Mal
Un vizio di famiglia: Laure Calamy in una scena

Lo strano e furibondo microcosmo familiare messo insieme da Marnier si rivelerà presto un grottesco palcoscenico dove l'intricato gioco di ruoli, menzogne e colpi di scena serve a far saltare per aria il concetto di famiglia borghesemente inteso, riducendola a una lotta di potere e prevaricazioni. Ed è all'interno di questo perimetro che trova spazio anche il tema della rivalsa sociale, di cui si fa portatrice una camaleontica Laure Calamy: la sua Stéphane è l'operaia che conosciamo in apertura di film nello spogliatoio disadorno del conservificio di sardine in cui lavora, dapprima ingenua, poi cupa, squilibrata e infine diabolica. Ed è lei idealmente l'emblema di una lotta di classe che parte dai corridoi nauseabondi di una fabbrica di pesce e finisce tra le mura di una casa travolgendo il suo piccolo mondo borghese. E cos'è tutto questo se non la storia di una rivoluzione?