Recensione Unbreakable - Il predestinato (2000)

Dopo il grande -e meritato- successo ottenuto con Il sesto senso, il regista di origini indiane M. Night Shyamalan ci riprova con un film registicamente più complesso.

Un raffinato omaggio alla narrativa dei fumetti

Dopo il grande -e meritato- successo ottenuto con Il sesto senso, il regista di origini indiane M. Night Shyamalan ci riprova con un film registicamente più complesso, dove la narrazione della vicenda si fonde con la filosofia e i topos dell'argomento portante che sorregge il film: i fumetti.

David Dunn (Bruce Willis) è una guardia giurata in crisi familiare, rimasto miracolosamente illeso in un deragliamento ferroviario che ha ucciso tutti gli altri passeggeri. Ancora sotto shock, David viene contattato da Elijah Price (Samuel L. Jackson), un collezionista di fumetti affetto da una rara malattia che gli rende le osse incredibilmente fragili. Price gli espone una curiosa teoria che spiegherebbe molto sul destino di Dunn...

Come sempre, non credo sia giusto raccontare troppo del film, specialmente quando capitano pellicole che, come questa, si basano sull'effetto a sorpresa. Shyamalan ha poi una perfetta capacità di scrittura, che gli rende possibile graduare le rivelazioni, di costruire storie che alla fine capovolgono interamente il punto di vista usato fino a quel momento. Non fa eccezione questo Unbreakable - Il predestinato, i cui attori (specialmente un grande Sam Jackson) riescono perfettamente a rendere credibile una vicenda che sarebbe stata degna di uno degli episodi della mitica serie Twilight Zone. Ed è proprio la nobilitazione degli aspetti paranormali che si insinuano in un contesto realistico ed intimista a fare, di questo film, un gioiello prezioso.

Un film che trasporta su pellicola molti degli elementi letterari della scuola fumettistica americana: oltre che essere una vera e propria versione cinematografica di molti topos fumettistici (la scoperta dei propri limiti e non-limiti, la consapevolezza di un destino più importante, il dualismo buono-cattivo) Unbreakable è una miniera di rimandi e citazioni ai grandi del fumetto moderno (la storia sarebbe perfetta in un albo di Frank Miller o Alan Moore). Soprattutto nel finale, intriso di uno dei più importanti clichè fumettistici, si chiude il cerchio di un omaggio affettuoso che l'autore vuole rendere a tutti gli eroi e cattivi di carta come quelli dei comics, che rappresentano un mezzo di reale espressione culturale. Un finale che è anche una metafora su un aspetto filosofico immortale come l'equilibrio tra Bene e Male.

Come sceneggiatore Shyamalan è già da tempo uno dei più quotati del cinema americano (Steven Spielberg avrebbe voluto fargli scrivere il prossimo Indiana Jones) e nel Sesto Senso ci aveva stupito con uno script venato da una profonda sensibilità. Il piglio registico del film precedente era contenuto, lineare e privo di sfoghi virtuosistici. In Unbreakable notiamo invece un miglioramento anche dal punto di vista registico: carrellate lente, riprese dall'alto, giochi di riflessi fanno di questo film -supportato anche da una fotografia e da una colonna sonora di grande suggestione- una lenta discesa verso la stupita scoperta di una missione.