Recensione The Hidden Blade (2004)

Una storia di armi, di onore, di vendetta, in pieno stile classico e che segue quasi in pieno le caratteristiche del genere, ma che allo stesso tempo presenta interessanti digressioni sul tema.

Un nuovo samurai crepuscolare

Dopo la nomination all'Oscar per il Miglior Film Straniero per The Twilight Samurai, il settantaquattrenne regista nipponico Yoji Yamada presenta alla stampa internazione in quel di Berlino la sua nuova opera, The Hidden Blade (Kakushi Ken - Oni no Tsume). Come già per la precedente pellicola, la sceneggiatura è liberamente ispirata a due racconti di Shuhei Fujisawa ed ambientata nel Giappone del diciannovesimo secolo, durante gli ultimi giorni del governo dei samurai e coincidente con l'arrivo delle prime armi da fuoco.

E' una storia di armi, di onore, di vendetta, in pieno stile classico (in alcune scene è più che evidente l'influenza del maestro dell'epica Akira Kurosawa o dello spessore introspettivo di Yasujiro Ozu) e che segue quasi in pieno le caratteristiche del genere, ma che allo stesso tempo presenta interessanti digressioni sul tema, come il sentimento di passione e compassione provato dal samurai Munezo Katagiri nei confronti di Kie, proveniente da una casta sociale più bassa e da un matrimonio fallito. Munezo ha coraggio, è abile nel combattere e saggio nelle decisioni, ma rappresenta in pieno il mondo dei samurai ormai al tramonto: fa fatica ad accettare le armi da fuoco giunte dall'occidente e non ha mai affrontato un vero duello, anzi una volta ricevuto l'ordine di uccidere un vecchio amico accetta con riluttanza e cerca di convincerlo a commettere harakiri.

Quello che c'è di straordinario in questo nuovo film di Yamada, oltre ovviamente alla solita maestria nel girare e nel dirigere gli attori, è proprio il lavoro sul personaggio principale, questo suo essere universale e rappresentazione di un'intera cultura in declinio, la sua necessità di cambiamento, il suo volere una vita più normale e lontana dalle responsabilità insite nella carica di un samurai. Yamada riesce ad esprimere tutto questo senza mai perdere in spettacolarità, anche se è fondamentale ricordare ancora una volta che il suo è un cinema estremamente classico, lontano quindi non solo dalla new-wave giapponese ma anche dalla grosse produzioni orientali tanto di voga negli ultimi tempi o dagli americanismi in stile L'ultimo samurai.

Movieplayer.it

4.0/5