Recensione Checosamanca (2006)

Un film collettivo di giovani registi sull'Italia e sugli italiani. Sette episodi raccontano il vuoto che caratterizza i nostri tempi, afflitti dai reality show tra una crisi e la successiva.

Un'Italia diversa

Provate a girare l'Italia in lungo e in largo, provate a domandare alla gente Checosamanca, nessuna risposta sarà uguale o simile a quella precedente. Manca il lavoro, la decenza, manca l'educazione, il rigore della legge, manca la sicurezza, la voglia di amare, insomma manca tanto così come oggi il coraggio di raccontarci. C'era un cinema italiano nel passato che lo faceva, anche se spesso esaltando certi luoghi comuni, ma almeno raccontava qualcosa. Oggi quel cinema è latitante quasi fosse un delinquente della peggio razza, vive di episodi, di stralci di sequenze, spesso invisibili.

Uno di questi episodi, naturalmente recente, è Checosamanca, film collettivo di giovani registi sull'Italia e sugli italiani. Sette episodi raccontano il vuoto che caratterizza i nostri tempi, afflitti dai reality show tra una crisi e la successiva.
Dalla Sicilia fino al lontano nord, da I cani di Catania ai Resistenti del nord-est, tanto per dirla con alcuni titoli tutti si fanno la stessa domanda. Ci immergiamo così in un luogo/set dove conosciamo storie tra loro non troppo diverse nelle tematiche simili affrontate. Da Il guerriero e la casalinga ai Resistenti del nord-est di differente c'è solo la regione e gli ambienti naturali che lo caratterizzano, per il resto invece ci troviamo in una realtà tristemente simile, nella quale la politica domina andando oltre, oltre l'interesse della cosa pubblica, oltre l'interesse della collettività, privatizzando e inquinando così tanto per raggiungere un proprio profitto, un personale rendiconto da vantare con ville e barche mostruose. Ciò che cambia ma che è allo stesso tempo simile, è la voglia di farsi sentire attraverso l'impegno civile, attraverso nuove forme di lotta politica; è così che conosciamo il dramma campano (ma in realtà nazionale) del tentativo di privatizzazione dell'acqua senza consultazione del parere della popolazione, e quello di una piccola frazione di Rosà, San Pietro, in provincia di Vicenza, luogo dove giovani e pensionati lottano da circa quattro anni contro l'apertura della più grande Zincheria d'Italia, dove si teme ci siano nascosti rifiuti tossici. Il risultato di questo impegno è però diverso, infatti se in Campania si riesce a far riunire i responsabili dell'ATO3, a San Pietro non si riesce ad ottenere lo studi di impatto ambientale della nascente industria. Dall'impegno politico all'impegno per la ricerca, Il microscopio. Siamo qui nell'Emilia Romagna, con una coppia di sposi scienziati che girano in lungo e in largo la loro regione nel tentativo di raccogliere quelle centinaia di euro per poter avviare un potente microscopio elettronico, strumento di guerra per poter eseguire le loro ricerche sulle nano patologie ambientali, insomma dare la possibilità al cittadino di sapere cosa respira. Una lotta estenuante, snervante, dove l'istruzione e l'istituzione sono volutamente assenti, insomma un caso di mala in genere, che evidenzia in modo deciso la mancanza della ricerca in Italia, nazione dove i suoi premi nobel ricercano e studiano all'estero.

Dall'impegno per la ricerca all'impegno civile, quindi il volontariato di alcuni avvocati per la salvaguardia dei diritti civili dei "dimenticati", L'avvocato di strada. In una Torino burocratica degli avvocati aprono uno sportello gratuito per tutte quelle persone che non hanno soldi ma che necessitano di una consulenza giuridica. Così conosciamo Sofien e Moira, in rischio sfratto, e gli sposi Raffaele e Tatiana, lui italiano senza casa e lavoro, lei straniera senza permesso di soggiorno, perché lui senza casa e impedito allo stesso tempo di abitare con la moglie e la suocera, perché fatto implicativo della perdita del diritto alla casa, insomma storie assurde, storie dove una burocrazia kafkiana fa perdere anche quei diritti inviolabili. Dal centro-nord al meridione, per arrivare quasi al termine del nostro viaggio seguendo la giornata lavorativa di Dunat (siamo in Puglia), Il venditore d'acqua. Ogni giorno preleva dal proprio pozzo illegale l'acqua che rivende nelle case illegali che lo circondano, insomma una testimonianza, un quotidiano fatto di una illegalità da tutti accettata perché necessaria. Prologo ed Epilogo di questo viaggio in una Italia di mancamenti termina nel meridione più estremo, Calabria e Sicilia, Il giardiniere della fiumara e I cani di Catania. Da un lato una fiumara-discarica dove un giovane ragazzo costruisce il suo angolo di paradiso dove pensare attraverso i rifiuti, emblema di un passato senza ricordo, gettato via, dove forse dei piloni giganteschi un giorno sosterranno un gigantesco e fragile ponte; dall'altro lato dei cani randagi ci accompagnano nella notte catanese facendo emergere un non luogo, una Sicilia addormentata, una Sicilia morente dove prevale il sentimento animalesco.
Questo è uno spaccato dell'Italia dei nostri giorni, questo è uno spaccato di un nuovo modo di fare cinema, un modo collettivistico; e se mancano i fondi basterebbe anche una sottoscrizione popolare.