Presentato a Roma stamattina Tutto l'amore del mondo, un road movie comico che segna l'esordio alla regia di Riccardo Grandi e la prima coproduzione dell'attore Nicolas Vaporidis. Il film, che uscirà in sala il 19 marzo, distribuito in ben 300 copie da Medusa, si allinea alla tendenza del nuovo cinema italiano che, dopo il ciclone dei teen movies alla Moccia, raccoglie dalle opere mucciniane raccontando con leggerezza le generazioni italiane a cavallo tra i 20 e i 30 anni. Il divertimento insomma sembra essere diventato una questione generazionale, anche nella realizzazione in cui infatti è coinvolto un cast giovane a cui il cinema e il pubblico danno una bella possibilità.
E' legato ai giovani anche il cortometraggio Autovelox, diretto da Gianluca Ansanelli e interpretato da Nicolas Vaporidis ed Eros Galbiati, che precederà la proiezione del film nelle sale: il cortometraggio, realizzato a costo zero e la cui versione originale consultabile on-line è di 8 minuti, rappresenta un contributo all'iniziativa del Ministero della gioventù per sensibilizzare sul tema della sicurezza stradale con un progetto di sperimentazione che include anche il linguaggio cinematografico.
La commedia tutta italiana è un viaggio, metaforico e concreto, tra le fragilità dei trentenni, uno scandaglio nel loro rapporto padre-figli e nei loro impacci con l'amore, che ci accompagna nelle capitali europee per mostrarci che il mito del viaggio non fa che rinsaldare i sentimenti e negare certi luoghi comuni come le differenze sociali. La sceneggiatura è affidata a Massimiliano Bruno, apprezzato autore di film come Notte prima degli esami e di popolari serie tv come I Cesaroni, che qui si diverte, insieme a Edoardo Falcone e Andrea Bassi, a consegnarci un'immagine del viaggiatore che, a differenza del più classico turista, il vacanziero medio italiano, in giro per il mondo riesce a scoprire se stesso e a riscoprire valori importanti.
Nicolas Vaporidis, che torna al suo primo amore con questa commedia, lontano dalla "premiata ditta degli esami", ci spiega quali sono i motivi che l'hanno portato a raddoppiare la sua attività, affiancando a quella di attore quella di produttore esecutivo (insieme a Benedetta Altissimi nella Maori Film), e quali sono le difficoltà e le soddisfazioni di un lavoro così impegnativo in cui si sdoppia con energia: Vaporidis si lancia nella produzione con una dose di fervente ottimismo nel cinema giovane italiano e non esclude un futuro da regista.
Riccardo Grandi, questo è un film sui sentimenti dei trentenni, ma offre anche una possibilità di riscatto ai genitori. Ci parla di questa scelta?
Ci parla del personaggio interpretato da Sergio Rubini, un papà che prova farsi perdonare di non aver mai fatto il padre?
Riccardo Grandi: Quando abbiamo pensato al personaggio interpretato da Sergio Rubini volevamo che avesse un vissuto un po' dissoluto. Poi il messaggio che lui porta può essere anche educativo, ma a noi interessava che suo figlio, Matteo, avesse un padre con dei vizi tra cui il fumo e il gioco.
Pur essendo una commedia, Tutto l'amore del mondo cerca di veicolare dei messaggi non così superficiali come l'uso di metodi precauzionali, ma lo fa in maniera sottile. Signor Massimiliano Bruno, ci racconta come avete pensato a questo tipo di messa in scena?
Massimiliano Bruno: I messaggi impegnati c'erano già in altri film come Genitori & Figli - Agitare bene prima dell'uso - ironizza lo sceneggiatore. Noi siamo ricorsi, come nella scena dell'artista che crea oggetti ambigui a Parigi, a un modo un po' originale con una citazione... Abbiamo pensato a un modo più delicato, come poi è la scrittura del film, che è un film d'amore e un film che definirei educato.
Tra gli altri messaggi c'è la missione di salvataggio di una piccola libreria. Un riferimento voluto a questo mondo o una casualità?
Massimiliano Bruno: Sì, è voluto: noi amiamo la letteratura, andare nelle piccole città e scoprire le piccole librerie in cui c'è un gusto e una tradizione che non si trovano nelle librerie più commerciali... Era il nostro piccolo messaggio no global sulla conservazione di un passato culturale.
Nicolas Vaporidis: Era anche un modo per cercare di giustificare il comportamento di Matteo, che cerca di salvare più la madre.
A proposito di libri, il suo personaggio ha un rapporto disastroso con i libri. Lei che rapporto ha con i classici?
Il film insiste molto sulla differenza tra viaggio e vacanza portando quindi l'attenzione dei giovani soprattutto fuori dalla comfort zone cui sono abituati i turisti italiani medi. Come avete lavorato su questo elemento e quali cliché avete voluto evitare degli italiani all'estero?
Riccardo Grandi: Il viaggio era un bellissimo pretesto per raccontare una storia, che è fatta soprattutto di ostacoli da superare e di stimoli, com'è il viaggio.
Nicolas Vaporidis: Volevamo raccontare questo film attraverso un viaggio, concentrandoci in modo particolare su un viaggio molto personale, intimo. Raccontare la vacanza di un turista non è la stessa cosa: come dice la voce off nel film "il viaggiatore condivide qualcosa con qualcuno che non conosce e che magari non rivedrà più...". Ci siamo chiesti: cosa succederebbe se mettessimo due persone molto diverse tra loro, pur appartenendo alla stessa generazione - in cui uno nella vita ci spera nell'amore, ma non vuole farci ancora i conti e l'altra ha un percorso diverso, è molto più "quadrata", ha un padre che la vincola e - decontestualizzandoli, s'incontrassero? Così abbiamo potuto tirar fuori l'io che nella città in cui vivi e cresci non riesci mai a esprimere. Viaggiare in giro per l'Europa con un obiettivo preciso e non seguendo guide che si limitano alle stelline o alle forchettine! Vedere cosa fanno quei turisti italiani che ricreano il proprio ecosistema in Giappone come in Messico non ci interessava, ma volevamo mostrare la fusione di due ragazzi che vogliono vivere l'esperienza in tutto e per tutto, che si mettono in gioco con un'esperienza del genere.
Che rapporto ha, signor Vaporidis, con il viaggio?
Nicolas Vaporidis: Io ho una passione sfrenata per i viaggi, mia madre mi ha insegnato a viaggiare e io ho viaggiato fin da piccolissimo. Quando torni poi ti rendi conto che le tue esperienze però non sono condivise, ma viste con un certo fascino. Io credo che un viaggio arricchisca sotto tanti aspetti, ti fa capire che vogliano dire il rispetto, le differenze... viaggiare apre la mente: torni sapendo cosa vuol dire essere uno straniero in un altro Paese e questo poi ti aiuta a capire meglio chi sta nel tuo Paese. A me piaceva questa storia, raccontare il mito del viaggio, da 30enni, con personaggi ognuno con i propri obiettivi. Certo ci sono state delle difficoltà: per esempio, come succede nel film, la prima sera che siamo arrivati a Parigi ci hanno rubato tutto. Eravamo in panico, ma abbiamo tirato fuori il meglio dal gruppo!! Questo è un film di squadra. È un viaggio anche questo. Quest'esperienza mi ha insegnato molto, anche un amore ancora più profondo per questo mestiere.
Com'è stato per lei ricoprire un doppio ruolo per questo film?
Nicolas Vaporidis: Il film è nato da un'idea di Massimiliano Bruno e abbiamo cercato di convogliare tutte le forze per realizzarlo. È stato difficile ma entusiasmante allo stesso tempo perché sei su tutti i fronti... c'è un lavoro comune e tutti insieme abbiamo creato il nostro film: il nostro must è stato la collaborazione.
Ha dovuto affrontare difficoltà particolari?
Cosa l'ha spinta alla produzione? Volere un controllo maggiore sul film?
Nicolas Vaporidis: No, non è una questione di controllo ma di occasione, che mi è stata proposta da Benedetta Altissimi e dal padre. Io sono molto curioso e mi sono detto: - Perché no? All'inizio un produttore difficilmente può scegliersi il film, che è prerogativa del regista, specie in Italia, dove i registi sono anche gli autori, ma in questo caso, non volendo fare il regista, perché non ne sono capace o forse non è il momento, ho potuto collaborare a una sceneggiatura che mi piaceva molto e ho potuto metterci mano insieme agli altri. C'è di più la mia presenza e la mia visione della commedia. Poi questo è solo un punto di partenza, avevo voglia di fare quest'esperienza tanto quella di recitare, di dire quello che sul set non si può dire!
Monica Scattini e Riccardo Rossi voi avete lavorato insieme a un cast molto giovane. Ci parlate della vostra esperienza?
Monica Scattini: Mi sono divertita molto a calarmi nella parte di una donna in carriera un po' carogna ma la cui storia ha un risvolto umano perché anche se maltratta il suo assistente anche lei finisce per innamorarsi. È stato bello lavorare con un cast così giovane. Questo è un film intelligente, un film che può piacere molto ai ragazzi.
Riccardo Rossi: Il mio personaggio, Adriano, e il suo rapporto con Silvia (Monica Scattini) mi hanno ricordato l'amore di Fantozzi per la signorina Silvani, ma alla fine lei crolla! Vi anticipo una cosa: nel prossimo film io la lascerò per vendicarmi!!
Myriam Catania questa è stata per lei la prima volta che ha partecipato a una produzione in cui non compare il nome di nessun suo parente...
Cosa significa essere diretta da un regista esordiente?
Myriam Catania: La mia famiglia mi ha insegnato molto, ma ogni regsta m'insegna qualcosa di nuovo perché in questo lavoro c'è sempre qualcosa da imparare. Riccardo mi ha insegnato cos'è la commedia, un mondo per me ancora sconosciuto, anche se avevo già lavorato con Giovanni Veronesi, per il film Che ne sarà di noi, sulla battuta.
Il suo è un personaggio estremamente vivace. Quanto le somiglia?
Myriam Catania: La vivacità di Valentina, il mio personaggio, fa parte di me anche se io non sono Valentina. Ma ci sono molti lati in comune tra noi.
Riccardo Grandi: Myriam è stata molto brava: lei ha inventato questo personaggio.
E lei, signora Morariu, quanto si ritrova nel personaggio di Anna?
Ana Caterina Morariu: Anch'io sono romantica e credo nell'amore non solo con il partner ma anche con i genitori, con la natura... Mi piacerebbe dire una cosa, che trovo interessante: questo film è stato visto a una proiezione con studenti e insegnanti dell'Agis Scuola e una professoressa ha commentato il film dicendo che piacerà ai giovani ma anche ai diversamente giovani. Questo mi ha fatto piacere perché il rapporto tra figli e genitori è importante in questo film, anche se messo in scena in poche sequenze. Siamo riusciti a ricreare questo rapporto, che è eterno.
Ci parla della sua esperienza attoriale?
Ana Caterina Morariu: Non ho sempre voluto fare l'attrice, da piccola prima volevo fare il medico, poi la giornalista.... poi l'interprete - infatti mi ero iscritta a Firenze a Inglese e Arabo. Poi sono stata presa al Centro sperimentale e mi sono appassionata a questo lavoro. Prima andavo da spettatrice al cinema, ma poi ho iniziato a vedere che c'è un mondo dietro, un rituale quotidiano.... è un bellissimo lavoro con una magia dentro perché arrivi a raccontare e trasmettere una speranza al pubblico.
Abbiamo visto sia la signora Catania sia la signora Moraiu prima in televisione e poi al cinema. È stato un passaggio difficile per voi?
Ana Caterina Morariu: Io considero gli attori attori, non faccio differenza. Nel momento in cui il progetto è buono si fa con la stessa dignità. Quello dell'attore è un lavoro. Mi ritengo molto fortunata perché mi hanno sempre proposto soggetti scritti bene e registi fantastici.
Myriam Catania: Non credo sia più così: in Italia in tv ci sono più possibilità e poi i personaggi sono un po' più veri, al cinema invece bisogna accontentare più gusti. La televisione in questo momento storico è in un'ottima fase...
Signor Roja lei è passato dal suo ruolo in Romanzo criminale, con cui si era guadagnato la stima e la considerazione del pubblico e degli addetti ai lavori, a questo di Ruben, molto diverso, divertente. Come ha sostenuto questo passaggio così netto?
Signora Adriani, lei ha vissuto molto tempo in Francia e in questa commedia interpreta il ruolo di una francese. Ci racconta la sua seconda esperienza sul grande schermo?
Isabelle Adriani: Ho una confessione piuttosto scomoda da fare: ho iniziato da poco a fare questo mestiere. Studio teatro da piccola, ma ho vissuto molto all'estero e ho dovuto imparare le lingue. Per fare questo ruolo in realtà mi sono finta francese. Ho vissuto da piccola in Francia, dagli 8 ai 12 anni ho studiato francese, ma questo non basta per considerarsi francesi. Mi piaceva il ruolo di Michelle, un ruolo fantastico e divertente, e visto che ho viaggiato sempre, mi interessava molto questo film anche se al mio secondo film mi sono dovuta anche spogliare...
Signor Galbiati lei è ancora un volta in coppia con il suo amico Vaporidis. Una coincidenza?
Eros Galbiati: Sono stato spesso in coppia con Nicolas e sono stato contento di aver partecipato a questa produzione perché lavorare con persone alle quali vuoi bene nella vita non è semplice. Avevamo lavorato insieme in Notte prima degli esami, ma oggi per me interpretare un ruolo come Giampiero, così diverso, è stato una grande fortuna ed è stato molto divertente.