Per capire meglio il nobile film d'esordio di Juan Diego Botto bisognerebbe partire dal titolo originale, ossia En los márgenes, che significa "ai margini". Un po' perché la storia ci porta ai confini della società, e un po' perché l'intero assetto cinematografico è allungato per far sì che le tre realtà protagoniste siano tenute volutamente equidistanti: si parte, appunto, dai margini della sceneggiatura e poi, poco alla volta, si uniscono i fili invisibili che legano le rispettive narrazioni che compongono il film. È molto complesso giostrare tre film in uno - anche se la cornice è la stessa - e infatti Tutto in un giorno (il titolo italiano è emblematico e anticipa l'arco temporale), presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia 2022, dietro la sua concezione umana e politica, potrebbe faticare nel mantenere il giusto equilibrio tra emozioni e documento, tra personaggi e situazioni.
E si potrebbe quasi definire un film impulsivo, mosso da una causa fondamentale e, troppo spesso, lasciata fuori dalla narrazione quotidiana intenta a puntare il dito, accusare, renderci carnefici a tutti i costi. Basti pensare che in Spagna, come ci dice il cartello finale, avvengono almeno cento sfratti al giorno. Donne, uomini, bambini svegliati, vestiti, presi e lanciati per strada, senza alcuna tutela. Famiglie intere che vengono gettate fuori dai loro appartamenti perché morosi, inadempienti, deficitari, cattivi pagatori. Una piaga, un incubo, un rastrellamento. La manifestazione di uno squilibrio tenuto nascosto, e rimarcato solo in rari casi, quando magari la cronaca si tinge di nero, prestandosi ad un informazione usa-e-getta che ha distrutto qualsiasi paradigma deontologico. Ecco, Tutto in una notte, nella sua abbondanza di dolore, è il classico film che "pone l'attenzione" su un determinato argomento, portando di conseguenza il racconto ai suoi estremi (e forse ai margini) della stessa lodevole intenzione.
Tutto in un giorno: una storia divisa per tre
Che sia un film di "causa" è chiaro anche scorrendo i credits artistici. Se Juan Diego Botto è un regista esordiente (ma ha una lunga coda di film interpretati) da sempre attivo verso gli impegni politici e sociali, la sceneggiatura è firmata insieme a Olga Rodríguez, moglie di Botto nonché giornalista spagnola che ha girato il Medio Oriente, portando diretta testimonianza dei diritti umani negati. Come detto il diritto negato è quello della casa, che unisce le diverse trame di Tutto in un giorno: in una livida e autunnale Madrid contemporanea, troviamo Rafa (Luis Tosar), avvocato attivista che, mettendo da parte la sua famiglia, passa le giornate ad aiutare le persone che subiscono lo sfratto.
In ventiquattro ore, la storia di Rafa finirà per intrecciarsi parallelamente a quella di Azucena (Penelope Cruz), cassiera e mamma che l'indomani verrà sfrattata, e con quella di Teodora (Adelfa Calvo), un'anziana donna che sta per perdere la casa dopo aver prestato denaro ad un figlio, German (Font García) che non le risponde al telefono, vergognandosi di averlo perso. Sullo sfondo, le attività della "Plataforma de Afectados por la Hipoteca", organizzazione spagnola fondata a Barcellona che intraprende azioni e sit-in per bloccare gli sfratti, e fondata in seguito alla crisi finanziaria del 2008.
Emergenza sociale e un dramma che si esaurisce
Senza dubbio l'aspetto più interessante di Tutto in un giorno è il ritmo serrato che accompagna l'azione, portandoci al centro di un inferno mai così reale. Fin dall'inizio, la macchina a mano di Juan Diego Botto osserva ad un palmo di distanza le venature nervose dei suoi protagonisti, che non si allontanano mai dalla scena. Il montaggio rimpalla le situazioni, li avvicina all'epilogo e sottolinea il senso asciutto di un dramma segnato e scritto in ventiquattro ore di disperazione. Se la performance dei suoi attori è parte integrante del cerchio - Penélope Cruz non ha bisogno di presentazioni, mentre va rimarcata la bravura di Luis Tosar, tra i più grandi attori spagnoli ed europei -, scardinando la consapevolezza umana e fisica di una vicenda tristemente repentina e dolorosamente quotidiana, la stessa umanità è la bilancia che altera l'intensità del dramma.
Un dramma palese, giusto, fluido, naturale vista la condizione generale. Tuttavia, la caratterizzazione eccessiva di alcune dinamiche fanno perdere la luce al percorso battuto dagli autori, dissipando parte della sua forza. Quella forza che resta sospesa, dilatata ai margini (rieccoli) delle tre macro-storie di Tutto in un giorno: un'espansione stiracchiata che finisce per esaurirsi, prediligendo in modo obliquo i punti di vista, e restando in una superficie che critica il sistema malato legato agli sfratti senza avere la lucidità cinematografica necessaria (nessun paragone, ma... vedi alla voce Ken Loach) per coinvolgerci in un discorso di marcata e irrimandabile emergenza.
Conclusioni
Tre storie che si incrociano in un film sociale e umano che ha per sfondo il dramma degli sfratti. Concludendo la recensione di Tutto in un giorno, ci soffermiamo sul fattore drammatico che, forse, risulta un po' troppo iper-caricato, dissipando la potenza del messaggio in una sceneggiatura che rimpalla i diversi punti di vista. Menzione speciale per i due protagonisti: Penélope Cruz e Luis Tosar.
Perché ci piace
- La prova di Penélope Cruz e Luis Tosar.
- Madrid, mai così livida.
- Il messaggio sociale ed emergenziale.
Cosa non va
- Il fattore drammatico finisce per essere troppo caratterizzante.
- La tre storie sono tutte importanti, ma non così centrali rispetto alla sceneggiatura.