Sono passati tre anni dai giorni 'caldi' vissuti dai lavoratori dell'ex Alitalia che, tra l'agosto 2008 e l'aprile 2009, hanno a lungo manifestato e protestato per opporsi all'acquisizione della compagnia aerea italiana da parte di un gruppo di imprenditori sostenuti dal governo Berlusconi (si parlò di operazione patriottica per non svendere la compagnia ad Airfrance) e ai successivi tagli al personale che sarebbero stati fatti. Settimane di fuoco in cui piloti, assistenti di volo e personale di terra sono finiti nel mezzo di una crisi politico-economica con pochi precedenti nella recente storia nazionale. Quei momenti sono stati immortalati nel documentario di Francesco Cordio, Tutti giù per aria, presentato questa mattina alla Casa del Cinema di Roma. Ideata da Alessandro Tartaglia Polcini, assistente di volo cassaintegrato Alitalia, e dal giornalista freelance Matteo Messina, la docufiction racconta gli ultimi mesi della mobilitazione attraverso la vicenda di un assistente di volo, interpretato da Fernando Cormick, la cui vita sembra apparentemente normale. Quando l'uomo arriva all'aeroporto, però, ecco svelarsi una verità angosciosa costantemente rimossa (e mai accettata), il suo licenziamento; allora la mentre torna con insistenza ai giorni della protesta. I pensieri del protagonista trovano concretezza grazie alla voce fuori campo del doppiatore Roberto Pedicini, filo rosso che lega anche gli interventi di importanti guest star come Dario Fo e Marco Travaglio, politici come l'allora ministro dei Trasporti Altero Matteoli, il sindacalista Giorgio Cremaschi e Ascanio Celestini che ha il compito di raccontare il quadro globale della vertenza attraverso uno dei suoi pungenti monologhi dedicato agli aerei di carta.
Premiata in svariati festival nazionali, la pellicola è pronta ad approdare nelle sale italiane a partire dal 6 gennaio, grazie a Distribuzione indipendente, e contemporaneamente sbarcare anche on demand sulla piattaforma Own Air. Due canali differenti, l'uno più tradizionale, l'altro più innovativo, per dare visibilità ad un'opera che rischiava di finire nel dimenticatoio. Un punto, questo, su cui molto si è dibattuto questa mattina, assieme all'Organizzatore Generale di Dindi (Distribuzione Indipendente), Giovanni Costantino, al regista Francesco Cordio, e allo staff di autori, Alessandro Tartaglia Polcini, Guido Gazzoli e Gianni Dragoni.
Alessandro, perché è importante tornare a parlare oggi della vertenza Alitalia? Alessandro Tartaglia Polcini: Perché è un qualcosa che è ancora molto vivo. Conosco famiglie di cassintegrati con situazioni drammatiche, sull'orlo del baratro. Non riescono a vedere un futuro sereno, una soluzione al loro momento.
Come mai hai deciso di lavorare a questo progetto?
Io sono un ex assistente di volo, cassintegrato. Ho sempre amato molto il cinema e allora in quei giorni mi sono preso la briga di riprendere tutte le manifestazioni, i presidi e via di seguito. Non mi facevo sfuggire nulla. Dopo di che ho chiamato una serie di amici cari per iniziare a strutturare l'opera. Prima è arrivato Guido Gazzoli, poi si sono inseriti tutti gli altri, dal regista Cordio, al montatore Francesco Biscuso e anche Gianni Dragoni, giornalista del quotidiano Il Sole 24 Ore. Colgo l'occasione per dire che proprio oggi esce un libro a sua firma, Capitani Coraggiosi, che racconta nel dettaglio tutta la lunga storia della vertenza Alitalia.
Francesco, in che modo sei intervenuto? Francesco Cordio: Io ho lavorato sulle 80 ore di materiale filmato che mi hanno portato. Una quantità enorme che subito ha fatto sorgere molti problemi, perché in qualche modo mancava quella struttura che lo teneva assieme. Allora mi sono inventato la storia di fiction, quella dell'assistente di volo che non riesce ad accettare il proprio licenziamento. Una cosa è certa, non avrei detto di no ad Alessandro e ai suoi collaboratori.
Alessandro, come definiresti questo film? Alessandro Tartaglia Polcini: Molto semplicemente è un film militante. Noi abbiamo voluto raccontare quello che i quotidiani e i tg generalisti non sono mai riusciti a raccontare bene. Penso che la nostra sia stata davvero un'operazione necessaria per mostrare quello che stava accadendo e, soprattutto, quello che sarebbe accaduto dopo quella vertenza. Naturalmente non abbiamo pensato al guadagno, siamo riusciti a rientrare delle spese sostenute, ma se fossimo riusciti a prendere qualche soldo in più lo avremmo certamente destinato ad un fondo per i nostri colleghi. Ci tengo a sottolineare mille volte che siamo stati fortunati a trovare un distributore illuminato e coraggioso come Dindi, che ci ha messo nelle condizioni di mostrare esattamente il nostro punto di vista. Sappiamo bene che non si tratta della verità assoluta, ma è certamente quella tenuta maggiormente sotto silenzio. Oggi è da folli fare distribuzione in Italia. Penso ad un documentario bellissimo sulla questione dei rifiuti di Napoli, Una montagna di balle, di Nicola Angrisano, che dopo tre anni deve ancora trovare una visibilità. Perché una cosa del genere in Italia?Giovanni Costantino: Posso solo aggiungere che abbiamo ritenuto doveroso presentare Tutti giù per aria ad un Italia che deve prendere coscienza di quello che è avvenuto.
Ma quali sono state le difficoltà che avete incontrato nel vostro percorso? Alessandro Tartaglia Polcini: Voglio raccontare solo un aneddoto. Giovanni Minoli ha voluto vedere il film. Si è seduto in sala e ha cominciato a prendere appunti tutto il tempo. Ci ha fatto i complimenti per il materiale, rimarcando che neanche la RAI possedeva una tale quantità e qualità di registrazioni. Poi però mi ha detto che la RAI non avrebbe mai potuto trasmettere un lavoro simile, perché mancava il contraddittorio. Allora ho risposto che era quello il contradditorio, lì c'era la voce di chi non ha mai avuto spazio.
State già lavorando ad un nuovo progetto?
Stiamo preparando il sequel di Tutti giù per aria e racconterà tutto quello che è successo dalla fine della vertenza ad oggi. La squadra resterà la stessa, anche perché squadra che vince non si cambia. Dovrebbe uscire a giugno con la speranza che possa essere proiettato al Festival di Venezia.
Guido, tu invece hai lavorato per anni in Alitalia.... Guido Gazzoli: Sì, come capocabina. Raggiunsi il mio limite di sopportazione nel 2002, quando su un volo Boston-Malpensa scoprii che le bottiglie di Coca Cola ce l'eravamo portate dall'Italia. Badate bene, non erano state imbarcate sull'aereo in Italia, ma ci erano state spedite via nave, con un costo di sei euro a bottiglia. E allora ho deciso di occuparmi di questo. Mi piace dire che con Tutti giù per aria siamo stati dei Nostradamus, anche se già nel 2002 denunciavamo lo stato di sofferenza di Alitalia, una compagnia in cui il costo del lavoro è sempre stato molto basso, ma con spese di gestione fuori del normale. Su questo e su altro c'è stata una totale assenza della comunicazione, un silenzio dei media. Noi non siamo mai stati interpellati. Pochi sanno che l'intera operazione di salvataggio di Alitalia è stata condannata dall'Unione Europea. Così come pochi sanno che i lavoratori in Cassaintegrazione che avevano raggiunto i requisiti pensionistici hanno visto sfumare tutto, mentre quelli che avrebbero dovuto raggiungere gli stessi requisiti sono stati direttamente licenziati. Ci hanno rovinato la vita, in parole molto povere.