Tutti a parte mio marito, la recensione: la soluzione per ravvivare un rapporto è davvero Tinder?

La recensione di Tutti a parte mio marito, commedia al femminile di Caroline Vignal con Laure Calamy nei cinema dal 21 dicembre con I Wonder Pictures.

Tutti a parte mio marito, la recensione: la soluzione per ravvivare un rapporto è davvero Tinder?

La crisi di coppia è uno dei temi visitati e rivisitati più spesso dagli autori brillanti. Da Woody Allen a Rob Reiner, da Richard Curtis a Nora Ephron, tanti si sono inerpicati sul sentiero dell'amore e dei suoi alti e bassi per strappare qualche risata al pubblico facendo luce, al tempo stesso, sugli aspetti della società. E la società in cui è calata la terza regia della francese Caroline Vignal è quella contemporanea dei telefonini sempre tra le mani, delle chat e delle app di appuntamenti per sconfiggere la solitudine. E proprio una app, Dee-love, specializzata in incontri tra persone sposate, è la soluzione che viene proposta a Iris, dentista felicemente (o quasi) sposata con l'aitante Vincent Elbaz e con due figlie adolescenti.

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Tutti a parte mio marito: Laure Calamy in una scena

L'invasione della tecnologia nella sfera del privato è solo uno dei tanti spunti affrontati dalla commedia di Caroline Vignal che, come evidenzia la nostra recensione di Tutti a parte mio marito, imbastisce una storia interamente al femminile retta dal talento della scoppiettante Laure Calamy. Talento che fa tanto, ma non tutto. Se la Iris (che nella app di incontri adotta il nome di battaglia di Isis) di Calamy ruba la scena agli altri personaggi coi suoi cambi di look e il suo sorriso smagliante, la tesi sostenuta dalla commedia è più mortificante che divertente.

La ricerca del piacere

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Tutti a parte mio marito: Laure Calamy e Vincent Elbaz in una scena

Abbrutita da un'educazione oppressiva e da un marito che da tempo sembra ignorarla, Iris prova a riaccendere la passione e alimentare il proprio desiderio sessuale da tempo sopito con incontri casuali. A uno dei match proposti dalla app snocciola le sue regole: anche se l'incontro va bene non ci sarà una seconda volta, solo uomini che hanno a disposizione una casa in cui accoglierla, niente luoghi pubblici. L'appagamento, con conseguente trasformazione fisica di Iris, che a ogni incontro clandestino diventa più sexy, luminosa e sicura di sé, fa un po' tristezza. Certo, si tratta di una commedia, con tocchi surreali tra l'altro, come dimostrano la scena in metropolitana e addirittura un numero musicale sulle note di Il pleut des hommes, versione francese di It's Raining Man dell'ex Spice Girl Geri Haliwell. Ma pensare che per ricostruire il rapporto col marito Iris debba tradirlo con altri uomini sembra una trovata di sceneggiatura piuttosto frustrante.

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Tutti a parte mio marito: Laure Calamy in posa per una foto

Nonostante la performance coinvolgente di Laure Calamy, che si concede anche una scena di nudo, in Tutti a parte mio marito si ride poco e amaro. La galleria di uomini che Iris decide di incontrare non è troppo rassicurante e la sua immersione totale nelle chattate coi candidati rischia di farle perdere di vista le priorità, mettendola in difficoltà sul lavoro e alimentando i contrasti con la famiglia. Il gioco vale la candela? Secondo la (non) morale della pellicola di Caroline Vignal sì, ma la leggerezza con cui Iris inanella un incontro occasionale dopo l'altro, senza mai porsi delle remore nei confronti del marito, pone il piacere sessuale come valore superiore alla fedeltà, agli affetti duraturi e ai legami familiari. Una visione un po' limitante... se fosse davvero così.

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Una morale poco edificante

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Tutti a parte mio marito: il sorriso di Laure Calamy

L'emancipazione femminile è un valore essenziale da perseguire anche nell'arte, ed è un piacere vedere pellicole come Il piacere è tutto mio in cui Emma Thompson rivendica anni di frustrazioni e di sottomissione ai voleri dei coniuge con un liberatorio incontro sessuale che la aiuti a scoprire il proprio godimento e a conoscere fino in fondo il proprio corpo, ma nel film di Caroline Vignal si passa da un estremo all'altro. Con in più la scelta di rappresentare in modo frettoloso e poco approfondito la figura di un marito scostante e anaffettivo senza approfondirne le motivazioni. I limiti di sceneggiatura, che attinge con disinvoltura a stereotipi della "guerra tra i sessi", sono evidenti fin dall'incipit e anche se assistere al trionfo del femminile ci fa sempre piacere, personaggi come Iris meriterebbero di trovare l'appagamento senza ricorrere a mezzi svilenti come app di appuntamenti e foto di parti intime maschili inviate via chat.

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Tutti a parte mio marito: Laure Calamy sulla metro circondata da uomini

A peggiorare la situazione ci pensa il titolo italiano non proprio azzeccato, che sembra preso di peso da una commedia scollacciata anni '70, semplificando e stravolgendo le motivazioni che spingono Iris alla sua "liberazione sessuale". Più astratto e delicato il titolo internazionale, It's Raining Man, che riprende il brano al centro della scena musical con Laure Calamy, ma è il titolo originale francese, Iris et les hommes, a riportare la centralità del personaggio femminile e del suo punto di vista nella storia. Forse in questo caso una traduzione letterale avrebbe decisamente giovato alla causa.

Conclusioni

La recensione di Tutti a parte mio marito mette in luce i limiti di scrittura di una commedia brillante dominata da Laure Calamy il cui talento non è sufficiente a promuovere una storia di emancipazione femminile dal retrogusto amaro che rovescia la morale anteponendo il sesso all'amore romantico.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.9/5

Perché ci piace

  • Laure Calamy è una forza della natura.
  • Simpatica la scena musical che irrompe a spezzare la dimensione realistica.
  • Ritmo vivace e scorrevole...

Cosa non va

  • ...anche se la sceneggiatura soffre di parecchi limiti dovuti all'abuso di stereotipi.
  • Discutibile la morale che sottende le azioni della protagonista Iris.