Tre giorni e una vita, la recensione: il silenzio degli innocenti e dei colpevoli

La recensione di Tre giorni e una vita, adattamento dell'omonimo romanzo che ci trascina nella mente di un giovanissimo assassino, stasera su RAI4.

Tre giorni e una vita, la recensione: il silenzio degli innocenti e dei colpevoli

Il 22 dicembre 1999 tutto è pronto per celebrare l'imminente arrivo del Natale nella cittadina di Beauval, situata nelle foreste delle Ardenne. Antoine, dodicenne che vive con la madre dopo l'abbandono del padre, trasferitosi in Germania, sogna come regalo il Nintendo 64, la console del momento, ma nel frattempo deve fare i conti con i turbamenti tipici della sua età.

Come vi raccontiamo nella recensione di Tre giorni e una vita, il ragazzino è innamorato di una coetanea, la bella Emilie, ma diventa preda della rabbia e della gelosia quando scopre che lei si sta già frequentando con qualcuno. Proprio in uno di questi impeti furiosi finisce per colpire mortalmente e senza volere il suo unico amico, il più piccolo Remy, e invece di denunciare l'accaduto decide di nasconderne il corpicino occultandolo nel bosco attiguo alla comunità. Nelle ore successive viene consumato dal rimorso ma non confessa in ogni caso il proprio crimine, che resta così impunito: le autorità infatti non hanno trovato nessun colpevole e neanche il cadavere dell'inerme vittima. Quindici anni dopo Antoine, da tempo andato a vivere in città, fa ritorno a Beauval e il suo passato ricomincia a perseguitarlo...

Un male che cresce

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Tre giorni e una vita: una foto

Non siamo ai livelli di quella follia collettiva che consumava i piccoli villain de Il nastro bianco (2009) e nemmeno vicini al raziocinio dogmatico dei subdoli bambini alieni de Il villaggio dei dannati, ma il protagonista di Tre giorni e una vita ha un che di inquietante e morboso, che riecheggia a cavallo tra i decenni nella narrazione in due distinti tempi chiave che caratterizza il film. Narrazione non a caso che sbalza in avanti negli anni proprio allo scoccare della metà visione, ovvero alla fine della prima ora (su due), e incute nuove suggestioni ad una trama che si stava facendo via via più torbida ma pericolosamente priva di sbocchi.

L'atmosfera vive su un continuo sali e scendi tensivo, che ci trascina nell'incubo ad occhi aperti vissuto dal personaggio di Antonie, figura centrale ma anche villain in un macabro gioco degli specchi che vorrebbe portare in qualche modo lo spettatore a calarsi nei suoi panni, per quanto difficile possa essere in quest'occasione.

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Essere o non essere

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Tre giorni e una vita: una scena

Il regista Nicolas Boukhrief adatta l'omonimo romanzo di Pierre Lemaitre, edito in Italia da Mondadori, con una notevole attenzione al contesto e al contorno, tanto che sin dal prologo - con gli sguardi dell'intera comunità che fissano dritti in camera chi sta guardando - si ha l'impressione di conoscere a fondo le dinamiche aventi luogo nella cittadina teatro degli eventi, nonostante il background delle numerose figure secondarie sia limitato nella maggior parte dei casi a semplici scambi di battute.

La suspense cresce progressivamente e l'ansia del protagonista diventa un fiume in piena che esonda definitivamente con la devastante alluvione che sconvolge l'intera zona, causando un cospicuo numero di vittime e nascondendo - almeno sulla carta - le tracce di quell'orrendo delitto.

Ombra su ombra

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Tre giorni e una vita: una sequenza

Delitto che non segue il castigo e il relativo percorso dell'opera dostoevskijana ma anzi si tinge di note più amare che mutuano i comuni interessi in una sorta di assordante silenzio, giacché la colpa è solo di chi non può permettersi un'assoluzione e tutti sono potenzialmente innocenti in un mondo dove chiunque ha qualcosa da nascondere. Ecco così che la mezzora finale inanella rivelazioni più o meno prevedibili e scoperchia vasi di Pandora che scavano in un privato negato, tra chi sa e chi non vuole vedere.

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Una storia di sopravvivenza a un misfatto, di un'eterna lotta con la propria coscienza: quel giorno non soltanto il piccolo Remy ha perso la vita ma anche Antoine, il suo involontario assassino, ha smarrito per sempre una parte di se stesso, continuando a fingere e a pagare in solitaria quanto non ha mai ammesso pubblicamente, scampando la prigione fisica ma diventando schiavo di un altro tipo di gabbia.

Conclusioni

Un dramma a tinte fosche dove fin da subito conosciamo l'identità dell'assassino: ad uccidere il piccolo Remy è stato qualcuno poco più grande di lui, il dodicenne Antoine. Amico della vittima, che ha colpito involontariamente e mortalmente in un momento di rabbia, si porterà dietro per tutta la vita il trauma di quel crimine mai confessato e quindici anni dopo il delitto il passato bussa nuovamente alla sua porta. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Tre giorni e una vita, il film cerca di calare lo spettatore nei panni del combattuto protagonista, a chiedere "cosa avremmo fatto noi al suo posto", e riesce a creare un notevole senso di turbamento e disagio. L'ottima atmosfera che ricrea al meglio le dinamiche della vita di paese, con una piccola comunità dove ognuno nasconde qualcosa, regala ulteriori spunti a un dramma tinto di suspense emotiva e ricco di sorprese.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • L'ambientazione e l'atmosfera contribuiscono ad abbellire il racconto di ulteriori sfumature.
  • La storia pone intelligentemente lo spettatore davanti a domande scomode.

Cosa non va

  • Alcuni potrebbero non apprezzare l'apparente mancanza di catarsi.