Dopo il passaggio alla 75esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, in cui era in concorso, Tramonto arriva al cinema in Italia, il 4, 5 e 6 febbraio, distribuito da Movies Inspired, come evento speciale: opera seconda di László Nemes, il cui esordio, Il figlio di Saul, ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero nel 2016, il film, ambientato nella Budapest del 1913, racconta l'origine della Prima guerra mondiale.
Ancora una storia con al centro un personaggio che si ritrova travolto da eventi storici che lo sconvolgono: se in Il figlio di Saul il regista racconta l'orrore dei campi di sterminio, in Tramonto, attraverso gli occhi di Írisz Leiter (Juli Jakab), una modista ungherese, cerca di analizzare le congiunture sociali, politiche ed economiche che hanno portato alla primo conflitto mondiale, come ci ha detto lo stesso László Nemes al Lido di Venezia: "Sono molto interessato alla nascita del XX secolo. Per Il figlio di Saul volevo tornare indietro a un momento cruciale, capire come si possa arrivare, in pochi anni, da un mondo sofisticato ed evoluto al suicidio dell'Europa. Per me è un mistero: il più grande è quello dell'animo umano, che è legato anche alla civiltà. L'Europa avrebbe potuto prendere una strada completamente diversa."
Leggi anche: Tramonto, la recensione: l'impero alla fine della decadenza
Una donna e un tempo misteriosi
In mezzo allo scompiglio di una città che sembra folle, c'è lo sguardo limpido di Írisz Leiter, modista che cerca di capire cosa sia successo al fratello, che non vede da anni: "Il modo in cui lei guarda il mondo è molto speciale, è un personaggio e una donna insolita" ci ha detto Nemes, proseguendo: "Non riesce ad avere tutte le informazioni di ciò che la circonda, quindi forse è quasi pietrificata da quello che sta succedendo. Per lei è quasi difficile muoversi, ma è piena di energia che la spinge, vuole risolvere il mistero del fratello: mi interessava molto il contrasto tra il fatto che sia pietrificata e la spinta a cercare la verità. Lavoro con i personaggi in un modo diverso: gli aspetti emotivi a cui il pubblico ha accesso sono rivelati in modo differente da come si fa di solito, mi piace dare allo spettatore degli indizi sui personaggi. In un certo senso, la storia di Írisz Leiter è quasi come quella di Giovanna D'Arco."
La protagonista Juli Jakab ci ha descritto così il suo personaggio: "Írisz è come un foglio bianco, è pura: mano a mano che la storia procede comincia a conoscere ciò che è dentro di lei, si pone delle domande, capirsce quali sono i suoi desideri, trova la propria personalità. Si rende conto che per cambiare, per diventare una persona reale, deve poter conoscere le proprie radici, ma per farlo deve liberarsi della sua storia precedente."
La disperata ricerca del fratello della protagonista sembra quasi un viaggio dantesco nel cuore dell'Inferno e il regista ha confermato questa impressione: "I fatti raccontati sono di finzione, ma a inizio '900 c'era una moltitudine di movimenti politici che ha creato una sorta di società separata: molti gruppi erano ossessionati dal mistero, dall'ignoto, da forze che non possiamo controllare, qualcosa che ha fatto parte anche del Nazismo. Per me nel film ci sono delle forze oscure che si aggirano per le strade di Budapest e non possiamo capirle appieno, ma allo stesso tempo c'è anche qualcosa di molto concreto. Il film stesso è un anello di congiunzione tra fatti reali e una favola."
Leggi anche: Tutto d'un fiato! I migliori piani sequenza cinematografici degli ultimi 25 anni
Dopo Il figlio di Saul, un'altra esperienza in soggettiva
Dopo il figlio di Saul, girato tutto secondo il punto di vista del protagonista, in Tramonto László Nemes riprende lo stesso stile: "Volevo creare un mondo molto personale, percepito in maniera soggettiva: mi interessa immergere lo spettatore in un mondo a cui non abbiamo pieno accesso. Non volevo fare un film in costume classico, sono più interessato a far fare allo spettatore un viaggio che si distacca dal modo tradizionale di fare film, non per il semplice gusto di spezzare questi canoni, ma per dare al pubblico la possibilità di addentrarsi in un percorso personale, fatto di desideri. Avvicinarsi all'esperienza soggettiva delle persone credo sia qualcosa che è al centro del mio lavoro. All'inizio non volevo fare le riprese con la macchina a spalla, volevo usare il dolly, ma poi ci siamo resi conto che le scene che abbiamo disegnato erano così complesse che era necessario girarle così. La mia preoccupazione principale era far arrivare allo spettatore questa esperienza soggettiva, con tutte le sue limitazioni. È stato un viaggio anche per noi: lo stile del film si è definito durante le riprese. Forse mi sono ripetuto, sicuramente ci sono delle somiglianze con Il figlio di Saul, ma almeno è uno stile personale, non sembra quello di qualcun altro."
Girato stando continuamente addosso alla protagonista, che si muove al centro di lunghissimi piani sequenza, Tramonto è un film che è stato difficile girare: "Questo è un film di pianeti, di collisioni, di orbite diverse, ci sono persone che vanno avanti e indietro, qualcosa di molto complicato, non solo dal punto di vista tecnico: rimanere nel personaggio per tutto questo tempo, con scene lunghe diversi minuti, da un lato è facile e dall'altro è più difficile. Anche per me è stato impegnativo, perché dovevo usare tutto il materiale, non solo parte del girato: spesso il montaggio lo abbiamo fatto già al momento delle riprese. È qualcosa di rischioso, ma questo ha permesso delle interpretazioni fantastiche."
Leggi anche: Il figlio di Saul: perché parlare di Olocausto al cinema è ancora necessario
Kafka e i dipinti del Rinascimento come fonti di ispirazione
Tra i riferimenti dell'autore ci sono i romanzi di Kafka e Schnitzler, ma anche ispirazioni pittoriche: "Gli scrittori che mi hanno influenzato sono soprattutto Franz Kafka e Arthur Schnitzler. Di Kafka amo molto il fatto che i suoi protagonisti siano costantemente in guerra con se stessi, che abbiano un senso di disperazione: credo che sia riuscito a individuare qualcosa che è al centro dell'Europa, qualcosa di metafisico e fisico allo stesso tempo. Mi hanno ispirato anche la fotografia, il cinema, la pittura: al centro di tutto c'è un forte desiderio di interrogarsi. La domanda è molto più importante della risposta. Ci sono diversi dipinti in cui sul campo di battaglia aleggia una figura di donna gigantesca: in un certo senso è interessante come il ritratto incarni l'ascesa e la caduta delle civiltà. Se pensiamo ai dipinti del Rinascimento, sullo sfondo c'è qualcosa che rivela la presenza di Dio, ma il viso del soggetto è la parte più importante, dice molto. Sono riluttante a dare un manuale per la visione del film, anche per Il figlio di Saul non ho voluto farlo: mi fido dello spettatore, sono convinto che possa dare la sua interpretazione del film."
Leggi anche: Il figlio di Saul, Géza Röhrig: "Il nostro film è pieno di speranza"
Gli effetti di Lo Squalo su László Nemes
Come Il figlio di Saul, Tramonto in certi momenti sembra quasi un film horror, grazie alla sua atmosfera claustrofobica: il regista sta pensando di girarne uno? La risposta divertita di László Nemes è stata: "Non riesco a guardare i film horror, mi fanno troppa paura! Ho visto Lo squalo troppo presto, mi ha spaventato moltissimo, anche se non è un vero e proprio film dell'orrore. Ho fatto qualche film strano a 13 anni, ma è finita lì. Quello che si nasconde in profondità è sempre qualcosa di interessante: sono incuriosito dall'oscurità. Nel cinema c'è sempre la tentazione di mostrare di più e oggi, con la tecnologia, c'è la possibilità, di farlo, ma io credo che si debba mostrare sempre meno."