In Touch di Baltasar Kormákur c'è una traccia poetica in grado di riempire tanto le immagini quanto le parole, mischiando e alternando una superficie che riflette una moltitudine di temi. Tutti a fuoco, tutti sostanzialmente nevralgici nel percorso cinematografico (e umano) compiuto dalla brillante sceneggiatura firmata da Kormákur insieme ad Ólafur Jóhann Ólafsson, che ha scritto il romanzo (Sotto la pioggia gentile) da cui il film è direttamente tratto.
"La storia d'amore che cercavo", dirà il regista islandese, abituato a un costante cambio di ritmo (basti pensare che prima di Touch ha diretto l'adrenalinico Beast). Allora, in un'epoca sfocata, in cui i generi hanno perso i loro punti di riferimento, ibridando il linguaggio, Touch torna a riflettere - con forza, dolcezza, lucidità - sullo stato dell'amore per mezzo di un cinema emotivamente rilevante, "parlando a coloro che l'amore lo cercano, o l'hanno perso".
Touch, alla ricerca dell'amore perduto
Interessante, tra l'altro, la cornice attorno a Touch. Il cinema, come la letteratura, hanno subito affrontato di petto il Covid-19, riflettendo sul senso straniante e fosco di quei giorni senza futuro (non che oggi il futuro sia più limpido, ma tant'è). In questo caso, lo script di Ólafur Jóhann Ólafsson sceglie proprio il periodo più delicato di tutti, ambientando la storia all'inizio della pandemia. Protagonista è infatti Kristofer (Egill Ólafsson), anziano vedovo con una demenza senile appena diagnosticata. Essenzialmente, un uomo che non ha più nulla da perdere.
Dunque, decide di lasciare Reykjavik per volare a Londra. Nonostante le mascherine, il distanziamento e le restrizioni, l'uomo ha intenzione di ritrovare il suo grande amore di gioventù, Miko (Yōko Narahashi), che non vede da cinquant'anni. Così, Baltasar Kormakur, incrocia passato e presente (e che belli i flashback nella swinging London, con Kristofer e Miko interpretati da Palmi Kormakur e da Kōki), per un percorso in grado di ricucire il tempo di un amore indissolubile.
Baltasar Kormákur: "Touch, il mio istinto per un film sul tempo da ritrovare". L'intervista
Commozione ed emozione
Ed è un'emozione scoperta, Touch. Un'emozione vibrante, in sinergia nelle immagini e nella materia. Una costruzione sintomatica di un rapporto lasciato in sospeso, che rimbalza tra epoche, agganciandosi tanto alla confezione (impeccabile, forse la più impeccabile firmata da Kormákur) quanto alla sostanza. La nostalgia di un tempo sospeso, l'impeto vitale di un rapporto da romanzo, le mosse graziate di una elegantissima messa in scena, finemente dosata, dolcemente appoggiata sulle parole e sui silenzi di due protagonisti da manuale, quasi da sogno. Due protagonisti opposti e continui, geograficamente distanti (l'Islanda e il Giappone), umanamente indivisibili.
Un film che, tra la fotografia di Bergsteinn Björgúlfsson e la musica originale composta da Högni Egilsson sembra quasi emanare profumi e ricordi (la musica è tra gli elementi portanti di Touch, azzardando un curioso parallelismo tra i protagonisti e John Lennon e Yoko Ono), in un giro di violino che si intreccia con lo sguardo di un uomo che sfida il tempo e la memoria, beffando la morte, ingannando l'attesa, ripensando ai giorni più belli. Quanta poesia, quanta bellezza, quanta grazia nelle radici rivelate, evitando la retorica per affidarsi alla struttura semplice di un'emozione. Anche per questo, Touch, dalla commozione composta eppure accecante, è cinema che torna alle origini del genere, sfiorando la fiaba, e attraversando il cuore e la testa. Sì, siamo degli inguaribili romantici. Ma con una storia così, provateci voi a non commuovervi.
Conclusioni
Luce, tempo, amore, passato e presente, fino ad un futuro da scrivere. Baltasar Kormakur cambia genere (ancora una volta), affrontando un dramma romantico ad alto tasso emozionale. Touch, tratto dal romanzo Sotto la pioggia gentile, è un melò dai forti riverberi, capace di scaldare e commuovere. E sì, è il caso di dirlo: preparate i fazzoletti.
Perché ci piace
- Il tono tenuto dal regista.
- La fotografia.
- La musica.
- Non di meno, la storia.
Cosa non va
- Forse, può peccare di un certo formalismo.