Baltasar Kormákur: “Touch, il mio istinto per un film sul tempo da ritrovare”. L'intervista

E poi ancora l'estetica, il romanzo originale e la musica, tra John Lennon e la swinging London: la nostra intervista su Touch al regista islandese.

Baltasar Kormákur e Pálmi Kormákur Baltasarsson sul set di Touch

Una narrazione non lineare, e la profondità di un cinema cristallino, puro, vitale, dolcissimo. Da sempre, Baltasar Kormákur ci ha abituato ad un costante cambio di obbiettivo, cambio di tono. Allora, dopo l'adrenalina di Beast (uscito nel 2022), ecco quello che definiremo come un film dalle pure sfumature sentimentali. Parliamo di Touch, adattamento di Sotto la pioggia gentile, firmato da Ólafur Jóhann Ólafsson che, insieme al regista, realizza anche lo script del film. Tra passato, presente e forse futuro, Touch racconta di Kristófer, settantenne ristoratore di Reykjavík con una latente demenza senile che, sfidando le restrizioni della Pandemia, parte per Londra alla ricerca di Miko, suo amore di gioventù. Protagonisti Egill Olafsson e Yoko Narahashi, oltre a Palmi Kormakur e Koki, nei ruoli di Kristófer e Miko ai tempi della swinging London.

Touch Foto Dal Set Baltasar Kormakur
Kōki, Pálmi Kormákur e Baltasar Kormákur sul set di Touch

Di Touch ne abbiamo parlato proprio con Baltasar Kormákur, collegato via Zoom. La nostra intervista esclusiva non poteva non partire dalla musica di Högni Egilsson, capace di tradurre al meglio l'umore del film. Högni è una pop star in Islanda, quindi ha avuto l'idea di costruire una strana miscela di cultura pop e musica classica. "C'era un tono o qualcosa con cui mi sono connesso fortemente. Per me è stato molto importante trovare un modo molto semplice di esprimere le emozioni, senza esagerare. È difficile descrivere come si trova un tono, perché c'è un continuo scambio tra te e il musicista. Ma mi piacciono le sue composizioni semplici e crude. Ed è molto interessante, perché mi sembra che in alcune partiture ci siamo allontanati dalla melodia".

Touch: intervista a Baltasar Kormákur

La musica, in generale, è essenziale in Touch. Per esempio, ci sono molti rimandi a John Lennon. "Siamo nel 1969, l'apice per John. Lo identifico nel personaggio principale, anche per la relazione che ha con una giapponese. Come John, il protagonista è anche molto politico, e gentile. Cantava di pace, ma allo stesso tempo c'era la guerra. In un certo senso, Lennon è integrato nel personaggio. È come un fantasma, più che altro".

Touch Scena Film Egill Olaffson
Egill Ólafsson in una scena del film

Dalla musica, alla scelta da parte del regista di cambiare genere, dopo l'action di Beast (recuperatelo, c'è un grande Idris Elba!). "Sono istintivo", spiega Kormákur, "Ho letto il romanzo regalato da mia figlia, mi ha colpito subito. Se si guarda alla mia carriera, la maggior parte delle persone non sa che ho iniziato con il teatro. Ho un background classico. Adesso, sentivo l'esigenza di concedermi un po' di riposo, in una storia che è anche vicina a me sotto molti aspetti. I miei genitori provengono da due culture diverse. Si sono incontrati esattamente come Kristófer e Miko in un ristorante in Islanda. E mio padre non è mai partito. Era un pittore spagnolo in fuga da Franco. Ho voluto mettere le mie emozioni in una storia come quella di Touch. Ed è stato gratificante".

Il tempo, tra connessioni emotive ed estetiche

Vero protagonista di Touch è il tempo. Un tempo che corre, che annichilisce, che però torna, tra speranza e amore. "Quando sei giovane hai tanto tempo, quando hai settanta anni, ne hai poco", continua il regista. "E non c'è solo l'amore in Touch, ma c'è il tempo. Non si tratta solo di un vecchio che cerca di ricongiungersi al suo passato amore. Non si tratta affatto di questo. Si tratta del tuo rapporto con il tempo e del tuo bisogno di chiudere e risolvere le cose del passato. E ho insistito su questo aspetto perché in sala di montaggio mi sono connesso emotivamente e in modo più forte con il film".

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Kōki e Pálmi Kormákur in scena

Musica, montaggio, tempo. Ed estetica. Una forma visiva cristallina, quasi eterea, sospesa e forse magica, che risuona nella fotografia di Bergsteinn Björgúlfsson, capace di raccontare una storia nella storia. "Ho lavorato con lui fin da Jar City. Viene dal documentario, ed è bravo a mantenere la calma e il controllo e di non mettersi in mostra. E credo che in una storia del genere, andando avanti e indietro, ci sia la tentazione di mostrare la propria abilità. Lasciamo che sia la storia a parlare. Anche perché oggi è difficile tenere alta l'attenzione del pubblico. Se si rompe, difficilmente si ripara. Abbiamo scelto lenti speciali, realizzate da Sven Nykvist, direttore della fotografia di Bergman. Hanno fascino e morbidezza".