"Non bisogna arrabbiarsi e contrastare chi non ci vede. Il nostro unico compito è esistere." In questo modo Antonietta De Lillo mette in evidenza il cuore del suo Let's Go, documentario presentato al festival di Torino nella sezione Diritti e Rovesci pensata daPaolo Virzì. In realtà, la regista condivide con il protagonista Luca Musella il merito di un'opera profondamente personale e struggente ma, allo stesso tempo, carica di umorismo e vitalità.
Fotografo, operatore e scrittore, oggi Musella veste il "ruolo" sociale di esodato professionale ed emotivo. A caratterizzare questa nuova condizione è stata la sua caduta che, da una situazione economica tranquilla, lo ha proiettato nel mondo dell'emergenza e della povertà. Lo scotto da pagare, ovviamente, è l'invisibilità, almeno agli occhi di chi si rifiuta di vedere una realtà diversa da quella cui siamo stati accuratamente educati.
In realtà Musella esiste concretamente grazie alla sua capacità di esercitare l'arte della comunicazione e, soprattutto, per un certo ottuso ottimismo che lo spinge a seguire il flusso naturale della vita, invece che contrastarlo con ferocia. Per questo motivo Let's Go ha il pregio di raccontare con rispetto un disagio allo stesso tempo personale ed universale, senza indulgere in alcun compiacimento. Molto si deve al testo lettera scritto dalllo stesso Musella con cui l'immagine si confronta costantemente, costruendo un insieme allo stesso tempo profondo e leggero.
Amici di cinema
Mettere la propria vita nelle mani di un regista, soprattutto in un momento di difficoltà, è un atto di coraggio. Il rischio più grande è assistere ad una manipolazione. Anche se involontaria, della propria esistenza. Questo problema, però, sembra proprio non aver toccato Masella, visto che in Antonietta De Lillo ha un'amica e una compagna di avventure artistiche. Probabilmente grazie a questo e all'esperienza della regista nel definire ritratti umani sempre molto reali e tangibili, la sua discesa tra gli invisibili di Milano ha il sapore dell'autenticità. "Con Luca siamo amici di lunga data - racconta la De Lillo - per questo motivo ho pensato di seguire in diretta le sue vicende. Ma quello che è partito come un piccolo progetto, si è trasformato in qualche cosa di più grande e importante. Attraverso le sue parole, infatti, mi sono trovata a raccontare un momento di difficoltà personale che, liberato dalla cronaca, è diventato un pretesto con cui raccontare come ci si sente in questo momento in Italia. Con questo voglio dire che, andando oltre le proprie vicende personali, è presente in tutti un sentimento di solitudine."
La paura della caduta
La De Lillo definisce Musella un combattente gentile, capace di non arrendersi alla crisi con un gesto di grazia, ossia senza arrabbiarsi con la società o il sistema. Ma quale meccanismo porta a trasformare quest'uomo in un invisibile? "La società e la collettività è troppo fragile. Per questo motivo non riesce ad essere di aiuto in nessun modo - continua la regista - Per riuscire in questo deve riprendere energia ma non è semplice. Per questo motivo dico che Luca è il simbolo di tutti noi, di quelli che si trovano a rischio di caduta. Anche io mi sono sentita più di una volta come lui e nella sua vicenda sono andata a pescare qualche cosa che mi riguarda molto da vicino." Sta di fatto che il fallimento altri incute timore, come se fosse una condizione che ci potrebbe contaminare da un momento all'altro." Per troppo tempo siamo stati ingannati da immagini di bellezza e benessere. In questo modo abbiamo perso il gusto per la realtà non comprendendo la bellezza dei chiaro scuro di cui è composta. Credo che per riconquistare la bellezza dell'esistenza dobbiamo accettare di essere in contatto anche con la sua parte oscura. Il che vuol dire non avere paura della propria normale fragilità. Perche il vero problema non è la caduta ma il modo in cui la sopportiamo. D'altronde la vita è una montagna russa e noi non possiamo far altro che seguire questi cambiamenti di livelli."
Clandestini extracomunitari
In questo modo Musella definisce se stesso, soprattutto dopo aver trovato rifugio nella comunità vasta di chi rimane ai margini di una grande città. E il non essere solo ed isolato è stata la chiave vincente per continuare a vivere con speranza. "Credo fermamente che l'Italia sia sempre stato un paese solidale. Almeno, una parte di questo lo è ancora - spiega la regista - Il problema è che in questi anni è stata messa da parte e poco raccontata. Ma dobbiamo tornare a puntare sulla nostra creatività e sul desiderio di reagire cercando un cambiamento." Dal punto di vista cinematografico la De Lillo si sta impegnando in questo senso partecipando ad un progetto di film partecipato, prodotto da Marechiaro, con cui dare voce anche a punti vi vista e realtà diverse."Credo che sia giunto il momento di uno scambio tra generazioni. Mi sto muovendo in questa direzione con grande convinzione per cercare dei linguaggi non conosciuti. In questo modo si allarga il punto di vista e si ottiene una narrazione più universale, mendo fondata sull'interesse del singolo."
E per finire, dopo ben dieci anni da Il resto di niente, dichiara di aver voglia di tornare al cinema di finzione. "Nel mio lavoro ho bazzicato indifferentemente sia il linguaggio del documentario che quello di fiction. Ora sento il desiderio di tornare al racconto di finzione e dovrei farlo con Morto di soap, un progetto rimasto nel cassetto per troppo tempo. E per citare me stessa mi sento di dire che E' il momento giusto."