Il Festival di Locarno non manca mai di guardare con un occhio di riguardo ai cugini italiani e dopo la bella retrospettiva dello scorso anno dedicata a Nanni Moretti tocca adesso all''attore napoletano Toni Servillo ricevere il prestigioso Excellence Award a coronamento di una carriera ricca di soddisfazioni sia sul binario cinematografico che su quello teatrale. A premiare l'attore sarà la collega di una vita Anna Bonaiuto, presente con lui qui a Locarno, silenziosa moglie di Andreotti ne Il Divo, straordinaria interprete teatrale in numerosi spettacoli tra cui spiccano quelli interpretati con Toni Servillo. Dopo la premiazione verrà proiettato il capolavoro di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell'amore, omaggio alla Svizzera in quanto ambientato in gran parte a Lugano.
Toni, questo premio arriva in un momento particolaremnte fortunato della tua carriera, non solo cinematografica, ma soprattutto teatrale visto che hai portato a lungo in giro in Europa il tuo eccezionale adattamento de La Trilogia della Villeggiatura di Carlo Goldoni.
Toni Servillo: Innanzi tutto voglio ringraziare tutti coloro che hanno pensato a me per questo premio e chi mi ha permesso di diventare l'attore che sono, in particolare Anna Bonaiuto che mi premierà tra poco. Trovo che questa sia un'idea splendida visto che Anna è ormai mia partner cinematografica e teatrale da tantissimo tempo, ha sempre interpretato mia moglie tanto che, quando mi hanno chiesto di interpretare un Papa, volevo lei come Madonna! (ride, n.d.r.) Voglio ringraziare anche coloro che meriterebbero ugualmente di essere premiati per il loro lavoro, ma che per varie ragioni non ottengono riconoscimenti. Il teatro italiano sta vivendo un momento estremamente difficile. Io ho avuto la fortuna di fare una lunga tournée teatrale all'estero dove, contemporaneamente al mio spettacolo, erano in programma nei cinema Il Divo o Gomorra e questo mi ha favorito moltissimo, soprattutto in termini di pubblicità e visibilità, ma non per tutti è così. Senza le sovvenzioni teatrali la cultura rischia di impoverirsi e questo non è tanto un problema per quelli della mia generazione, quanto per coloro che hanno vent'anni e muovono adesso i primi
passi in questo ambiente. Quest'inverno ho girato un film francese diretto da Nicole Garcia, Un balcon sur la mer, ultimato un mese fa in Marocco. La parte che ho girato io era ambientata in Costa Azzurra e ho verificato sul set che il cinema italiano è molto amato nel mondo, ma al momento sta vivendo una crisi profonda. Tutti sperano in una rinascita o in un miglioramento, ma al momento il futuro rappresenta un'incertezza perchè tutto ciò che è differenza, azzardo, inconsuetudine viene visto con sospetto e lo Stato considera i finanziamenti a questo tipo di cultura come un rischio, del denaro a perdere e non un investimento sul futuro.Purtroppo però quando Gomorra non è entrato nella cinquina degli Oscar si sono levate voci che hanno accusato il film di provincialismo.
Toni Servillo: Questo è vero. Probabilmente è il nostro lavoro che dovrebbe favorire il superamento di tali pregiudizi perchè rischiamo che il nostro passato e la nostra ricchezza dialettale divengano sinonimo di barbarie. Gomorra ha vinto quello che doveva vincere. Se avesse vinto l'Oscar certe voci non si sarebbero permesse di parlare, ma credo che gli Oscar vengano assegnati a pellicole meno problematiche e più consolatorie. Sono proprio i temi trattati nel film la sua vera forza.
E' ancora possibile raccontare con obiettività l'Italia di oggi fatta di scandali, veline e Bagaglini?
Toni Servillo: Certamente. E' possibile raccontare l'Italia di oggi. L'importante è evitare di seguire l'abitudine, ma imparare ad andare dove l'occhio non è mai stato, cercare punti di vista originali. Non spingerei il pessimismo all'estremo perché non credo che l'Italia di oggi sia solo quella che si vede sui giornali.
La Trilogia della villeggiatura è sbarcata anche a New York al Rose Theatre, nell'ambito del Lincoln center Festival. Com'è andata?
Toni Servillo: Quando non sono partito pensavo che saremmo stati un ago in un pagliaio, invece abbiamo avuto moltissimo pubblico. Gli americani sono stati colpiti dalla durezza del testo di Goldoni, come hanno sottolineato i titoli di molti dei quotidiani principali che, a differenza dei francobolli proposti dai giornali italiani, dedicano tre quarti di pagina alla recensione di uno spettacolo teatrale.
Hai appena finito di girare Noi credevamo di Mario Martone dove interpreti addirittura Giuseppe Mazzini.Toni Servillo: Il film di Martone è piuttosto complesso e ci sono parti che devono essere ancora girate perciò non posso ancora parlare del complesso, ma solo delle parti in cui sono presente. Ho accettato il lavoro con enorme piacere e ho fatto cinque pose. Quello che posso dire è che il personaggio di Mazzini sarà molto diverso da quello che ci consegna la toponomastica statale. Sarà molto piùà rigoroso e vicino alle opere da lui scritte.
Quali sono gli attori oggi che continuano a ispirarti? E da attore come vedi i personaggi politici che animano il teatrino italiano?
L'ultimo grande attore della scena italiana si chiama Enrico Berlinguer. Un uomo rigoroso, austero, bacchettatore. Oggi molt personaggi della scena politica hanno sposato l'esibizionismo e il narcisismo da sketch. Quello che ci manca è il tempo che uno si deve dare per analizzare la complessità. E' tutto estremamente superficiale. Per quanto riguarda gli attori che amo c'è un'intepretazione che ancora oggi mi fa venire i brividi, che trovo insuperabile. Quella di Vittorio de Sica ne Il Generale Della Rovere. E aggiungerei Gian Maria Volontè e il Giancarlo Giannini di Mi manda Picone.
A proposito di Unità d'Italia. Pare che oggi si sia accesa una nuova questione meridionale, legata in particolare all'uso del dialetto nelle scuole e ai professori meridionali che si recano a insegnare al nord. Che opinione hai al riguardo?
Toni Servillo: Personalmente trovo che il dialetto sia un'enorme risorsa per il mio mestiere, è una lingua materna, esperienziale, che mette subito in contatto la parola e il mestiere. Io a casa con i miei genitori ho sempre parlato dialetto. L'unico modo per salvarlo dai pregiudizi è portare nuovi spettacoli napoletani al Piccolo di Milano. Per rispondere alle polemiche della Lega sui giornali voglio fare mia una battuta del pugile Patrizio Oliva. Quando la Lega, in una delle sue uscite folli, dichiarò che occorreva fare due campionati di calcio, uno al nord e uno al sud, Oliva disse una sola frase, riportata a caratteri cubitali dal Corriere della Sera: "Ma facitemi o' piacere".