Pochi registi hanno il dono di imprimere in ogni fotogramma la propria personalità: Tim Burton è senza dubbio uno di questi, avendo creato uno stile così particolare e distintivo da diventare immediatamente identificabile, fatto che è sia un pregio che un difetto. Il lato positivo è che i suoi disegni, i mostri, le spirali, le righe in bianco e nero hanno affascinato e dato voce ai sogni (e soprattutto agli incubi) di un'intera generazione, che si è riconosciuta nella fantasia dell'autore di Burbank, priva di colori pastello e principesse perfette, in cui anime più solitarie e malinconiche fanno fatica a riconoscersi. Quello negativo è che un tratto così distintivo è, una volta diventato di successo, anche facilmente imitabile. Non solo da altri ma anche dal regista stesso che, per molti, a un certo punto della sua carriera è rimasto schiacciato dal suo stesso immaginario, trasformando la propria immaginazione in un marchio.
L'autore di capolavori come Edward mani di forbice (1990), Big fish - Le storie di una vita incredibile (2003) e La sposa cadavere (2005), di film straordinari come Beetlejuice - Spiritello porcello (1988), Ed Wood (1994), Mars Attacks! (1996) e Il mistero di Sleepy Hollow (1999), con gli anni sembra aver quasi rinunciato al suo stile, che ogni tanto emerge in lampi di vitalità come in Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali, film tratto dal libro di Ransom Riggs La casa per bambini speciali di Miss Peregrine (2011), in uscita il 15 dicembre, in cui un gruppo di bambini dalle capacità straordinarie si nasconde in una casa diretta da Miss Peregrine (Eva Green), che isola i suoi protetti dal mondo facendoli vivere in un anello temporale.
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Nella pellicola ci sono bambole mostruose che combattono animate in stop motion, siepi a forma di animali, una ragazza pallida e dagli occhi dolci di cui si innamora il protagonista introverso: tutti elementi tipici del cinema burtoniano. Eppure nella seconda parte della pellicola il regista sembra dimenticare vent'anni di sogni, realizzando un film che avrebbe potuto fare chiunque altro, come è successo anche per Big Eyes e prima ancora in Dark Shadows. Abbiamo chiesto al regista in persona, arrivato a Roma per presentare il film, il perché di questa scelta, per capire se è stata dettata dalla paura dell'abuso di uno stile diventato iconico o se effettivamente è in una nuova fase creativa.
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