Un film sul senso di colpa e sui rapporti familiari, The Son è la seconda opera cinematografica di Florian Zeller che, dopo The Father, torna a raccontare una vicenda dove la famiglia assume un ruolo centrale nella narrazione. La storia è quella di Peter, uomo ambizioso la cui vita frenetica viene sconvolta dalla notizia che suo figlio Nicholas, avuto con la sua ex-moglie, non sta andando a scuola da più di un mese. Determinato ad essere un padre presente, acconsente alla richiesta del ragazzo di andare a vivere da lui e dalla suo nuova compagna Beth, per tentare di ricucire il rapporto e sanare i disagi di Nicholas che sempre di più appare distante e arrabbiato. Una pellicola emotivamente intensa che pone il focus anche sulla salute mentale, sulla difficoltà di comprendere chi soffre di una malattia neurologica e dello stigma che purtroppo ancora l'accompagna. Durante la conferenza stampa il regista, accompagnato da Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby e Zen McGrath hanno parlato proprio di questo, delle tematiche del film e della sua genesi.
L'adattamento dell'opera teatrale
The Son nasce da un'opera teatrale, Zeller, infatti, è prima di tutto un regista teatrale di successo oltre che uno scrittore: "Negli ultimi anni ho fatto molto teatro, io vengo dal teatro, lo amo e non lo abbandonerò, però voglio esplorare anche il cinema. Il film è l'adattamento di un pezzo teatrale ambientato in Francia, ma la prima location che ho pensato per l'adattamento è stata New York, che è un crocevia. Infatti questa situazione poteva accadere dovunque e a chiunque. Abbiamo comunque cercato di essere molto aderenti alla realtà americana pur avendo un risvolto universale." Questa pellicola, però, parla anche di salute mentale e lo fa descrivendola ma, come è giusto, mai tentando di darle una spiegazione e il regista ci ha tenuto a precisarlo: "C'è un momento specifico dove la famiglia si riunisce pur non essendo nella stessa stanza e gli sguardi li mettono in comunicazione tra loro. Il figlio parla molto del divorzio, deve attribuire la colpa a qualcuno. Quando si parla di salute mentale c'è sempre la tentazione di trovare un colpevole, ma le situazioni di questo tipo sono difficili da spiegare e io non volevo farlo. Volevo catturare quel mistero, quel malessere che non riusciamo a spiegare perché non sappiamo da dove arriva."
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L'amore non è sufficiente
Hugh Jackman interpreta un padre deciso a non fare gli stessi errori che ha subito lui durante l'infanzia, ma proprio perché ossessionato da questo pensiero non riesce a comprendere fino in fondo il malessere di suo figlio che piano piano diventa sempre più distante. Parlando del suo ruolo l'attore ha detto: "Non ho visto l'opera teatrale, avevo letto la sceneggiatura e visto The Father e ho avuto una sensazione forte, bella, il sentore che quella parte fosse giusta per me. Ho scritto al regista dicendogli che mi sarebbe piaciuto tanto interpretare quel personaggio. Si può dire che io abbia rincorso questo ruolo." Riguardo la tematica l'attore ha poi aggiunto: "C'è una battuta nel film molto significativa: 'L'amore non è sufficiente.' Tutte le persone che fanno parte di questo film amano tantissimo, ma si sentono incapaci. Tutti noi abbiamo bisogno di una comunità, di persone che ci influenzino e ci guidino, il film, infatti, mostra quanto possiamo essere isolati quando parliamo di malattie mentali. Per molti anni come genitori abbiamo dovuto essere forti e indipendenti, io cerco di condividere le mie vulnerabilità con i miei figli e spero che questa pellicola porti a un dibattito che ci faccia capire che non siamo soli."
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Personaggi complessi
Vanessa Kirby ha elogiato l'ottimo lavoro svolto da Zeller nel preparare gli attori: "Florian è un maestro nella comunicazione non verbale e dell'inconscio, le dinamiche tra gli attori sono state fantastiche propio per quello. Credo che ci siano molte esperienze nella psiche del personaggio difficili da comunicare e vedere Laura e Hugh interpretare i loro personaggi, il non detto, è stato bellissimo. Quando ho letto la sceneggiatura sapevo che il regista ci avrebbe chiesto cosa avremmo fatto noi in quella situazione. Ciascun personaggio ha una lotta interna e mi piacciono i film che portano a porsi queste domande." Anche Laura Dern ha espresso considerazioni simili: "Sono molto grata a Florian per il modo in cui questa storia è stata realizzata, siamo usciti dalla pandemia e questo ha portato una crisi per la salute mentale, i numeri sono scioccanti. Una delle parti più dolorose è la scoperta di provare vergogna nel sentirsi soli. Bisogna rivolgersi a persone che hanno affrontato queste cose, abbiamo bisogno di sentire la comunità."