The Shift, la recensione: L’iperrealismo di Alessandro Tonda

La recensione di The Shift, opera prima di un talento italiano in sala dal 3 giugno: un thriller claustrofobico che all'interno delle regole del genere fa propria la lezione del cinema d'autore europeo.

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The Shift: una foto del film

The Shift è un film ambizioso, solido, iperrealistico e ha il coraggio di sperimentare pur nel solco del racconto di genere all'interno del quale trova una sua precisa connotazione autoriale: nelle scelte stilistiche, nella grammatica, nel linguaggio con cui si ancora alla realtà. Ci è voluta una produzione italo-belga (come vi spiegherà più ampiamente la recensione di The shift) perché l'italiano Alessandro Tonda - una lunga gavetta da aiuto regista sui set di serie come Gomorra e Suburra - potesse finalmente firmare il suo esordio alla regia, accompagnato da Davide Orsini alla scrittura e dall'esperienza di Benoit Dervaux e Igor Gabriel, rispettivamente direttore della fotografia e scenografo formatisi al fianco di alcuni dei maestri del cinema d'autore europeo, dai fratelli Dardenne a Abel Ferrara. In sala dal 3 giugno dopo un fortunato passaggio alla Festa del Cinema di Roma, l'opera prima di Tonda si rivela un thriller ricco di tensione, dal ritmo serrato, a metà tra poliziesco e dramma psicologico contratto nella dimensione del contesto urbano di cui esplora dinamiche sociali e umanità varie.

La storia tra azione e dramma sociale

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The Shift: una sequenza del film

La storia raccontata da The Shift è ambientata a Bruxelles nel melting pot culturale del cuore dell'Europa. La camera a mano pedina i protagonisti in un piano sequenza iniziale che dall'autobus segue un gruppo di giovani fino all'atrio della scuola dove due loro coetanei, Eden e Abdel, si fanno saltare in aria. L'esplosione, il caos, poi il silenzio, la polvere, il sangue, le urla e la mattanza di corpi dilaniati. Poco dopo il campo d'azione si sposta sull'autoambulanza con a bordo i paramedici Isabel e Adamo, arrivati sul posto e impegnati nei soccorsi a un ragazzo ferito e privo di sensi. Nessuno dei due sa ancora che quell'adolescente è proprio Eden, sopravvissuto all'attentato. Quando Isabel si accorgerà della cintura esplosiva sarà ormai troppo tardi: Eden si è svegliato e tiene sotto scacco i paramedici, minacciandoli di premere il bottone se non eseguiranno i suoi ordini. Da quel momento il mezzo su cui viaggiano i tre personaggi si trasformerà in una bomba a orologeria, una scheggia impazzita da un capo all'altro della città, proprio mentre forze speciali e servizi segreti si impegnano a scovare gli attentatori.

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The Shift: una scena

Un film d'azione dove inseguimenti e colluttazioni sono solo il pretesto per riflettere sullo stato di salute dell'Europa contemporanea divisa tra le crescenti spinte nazionaliste e l'urgenza di fronteggiare attentati di matrice jihadista, profondamente attraversata da tensioni sociali insanabili e incapace di fronteggiare la radicalizzazione degli elementi più fragili. Il protagonista Etan altro non è infatti, se non il rappresentante di una seconda generazione di immigrati disillusa e che ha visto nei proprio padri il bersaglio di umiliazioni e razzismi da parte del mondo occidentale.

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The Shift: una sequenza

È una riflessione spietata quella portata avanti da Alessandro Tonda attraverso i codici dell'intrattenimento, ma ogni scelta stilistica, inquadratura o taglio di montaggio è perfettamente funzionale alla narrazione. Il regista trasferisce nell'ambiente claustrofobico di un'autoambulanza il cuore dell'azione e ne sceglie attentamente i protagonisti che diventano emblematici: il terrorista sedicenne, figlio di una famiglia di immigrati arabi confinata nei quartieri più disagiati della capitale belga, Isabel sposata con un tunisino e con un figlio dell'età di Etan, razionale, tollerante, sempre alla ricerca di un dialogo, e Adamo, immigrato italiano, più irruento e meno propenso al confronto.

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L'approccio naturalistico e la dimensione umana dei personaggi

Su quell'abitacolo in corsa si consuma la tragedia di una città, che come molte metropoli del Nord Europa, si trova a dover fare i conti con il fallimento dei tanto esibiti modelli di integrazione.

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The Shift: una sequenza del film

"Non sono stato in grado di ascoltarlo e capirlo. Sono colpevole", dirà il padre di Etan in un atto di accusa che suona come un più generale e diffuso j'accuse contro un'intera società responsabile di non aver saputo ascoltare, capire, accogliere e di aver costruito muri anziché ponti.
Tutto intorno è un concitato susseguirsi di azioni: parte la classica indagine poliziesca, si scomoda la famiglia del presunto colpevole e ci si mette sulle tracce del misterioso imam che avrebbe educato al jihadismo i due giovanissimi attentatori. La narrazione prosegue sfruttando la dinamica del dentro/fuori dall'autoambulanza, lo stile privilegia un approccio quasi documentaristico, dalla scelta di affidarsi a un'illuminazione il più possibile reale a quella di dirigere gli attori indirizzandoli verso un'interpretazione naturalistica.

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The Shift: una scena del film

Ogni personaggio è credibile, ha una sua evoluzione psicologica pur nel ristretto arco narrativo di un'unica giornata e una dimensione umana che rivela fragilità e paure anche quando a parlare è un ragazzino indottrinato, a cui non rimane che urlare "Mi hanno sempre trattato come un bambino, ma posso fare grandi cose". Impreziosita dalle musiche minimaliste dei Mokadelic, The Shift si dimostra un'opera prima convincente, matura e dal respiro internazionale, capace di oltrepassare il provincialismo di certo cinema italiano. Una storia attuale e che racchiude tutto il suo senso nella dedica finale: "a tutti quelli che combattono al fronte senza usare nessuna arma".

Conclusioni

Alla fine della recensione di The Shift non ci resta che ribadire l'apprezzamento per un'opera prima di spessore. Alessandro Tonda riesce a superare i confini di certi provincialismi del cinema italiano e realizza un esordio solido, teso, iperrealistico e con una propria identità autoriale all'interno delle regole del genere. Il resto lo fa il realismo che domina l'intero film dall'illuminazione il più possibile naturale delle scene, alla direzione degli attori alla scelta del minimalismo dei Mokadelic.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • Un thriller ad alta tensione a metà tra poliziesco e dramma psicologico contratto nella dimensione del contesto urbano di cui esplora dinamiche sociali e umanità varie.
  • La capacità di raccontare con un approccio quasi documentaristico le tensioni che attraversano alcune capitali del Nord Europa, davanti al fallimento di un modello di integrazione che in realtà ha solo confinato nei quartieri più disagiati l'immigrazione araba.
  • Trasferire il campo d'azione sull'abitacolo claustrofobico di un'autoambulanza in corsa.

Cosa non va

  • Il mondo fuori dall'autoambulanza rimane forse troppo marginale. Un approfondimento ulteriore avrebbe probabilmente giovato all'equilibrio dell'intero film.