The Right Stuff, recensione dei primi episodi: la storia dei Mercury Seven su Disney+

Recensione dei primi episodi di The Right Stuff, serie prodotta da National Geographic e disponibile su Disney+.

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The Right Stuff: Uomini veri - un'immagine della serie

Scrivere la recensione di The Right Stuff, per l'esattezza dei primi due episodi della nuova serie prodotta da National Geographic e aggiunta al catalogo di Disney+ ora che il celebre canale scientifico fa parte della proprietà della major, significa innanzitutto cercare di liberarsi dell'ingombrante ricordo del film di Philip Kaufman del 1983 (uscito in Italia con il titolo Uomini veri, rimasto come sottotitolo per la traduzione nostrana della trasposizione televisiva), che racconta la stessa storia a partire dall'omonimo libro che ricostruisce la vicenda dei Mercury Seven. Un'operazione mentale difficile, dato che i titoli di coda esplicitano la parentela non solo con il tomo cartaceo, ma anche con il film che è entrato nel pantheon delle grandi epopee americane e rimane una delle pietre miliari degli anni Ottanta sul piano cinematografico. Inoltre, a suo modo, il progetto seriale si ricollega alla primissima versione del lungometraggio, prima che Kaufman fosse reclutato come regista: nelle intenzioni dello sceneggiatore William Goldman, infatti, il film doveva concentrarsi interamente sugli astronauti (con un tono a dir poco patriottico), trascurando la figura di Chuck Yeager che è appunto ufficialmente assente nella nuova versione, salvo sorprese negli episodi a venire.

Spazio: prossima frontiera

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The Right Stuff: Uomini veri - il cast in una scena della serie

The Right Stuff: Uomini veri intende raccontare l'evoluzione delle missioni spaziali nel corso di stagioni multiple, con una missione specifica per ogni ciclo di episodi. Si inizia nel 1958, nel bel mezzo della Guerra Fredda, con gli Stati Uniti determinati a non farsi battere sul piano cosmico dall'Unione Sovietica. Questo porta alla creazione della NASA e del Progetto Mercury, il cui intento è di selezionare il primo uomo che andrà nello spazio. Inizia così un'esperienza brutalmente competitiva tra sette uomini - Scott Carpenter, Gordon Cooper, John Glenn, Gus Grissom, Wally Schirra, Alan Shepard e Deke Slayton - per diventare il primo astronauta, in vista di missioni che inizieranno qualche anno dopo (il primo episodio si apre con gli eventi del 5 maggio 1961 e poi va a ritroso, trasformando la stagione in un lungo flashback). Sulla carta è l'apoteosi del sogno americano, ma in realtà metterà a dura prova tutti i partecipanti, fisicamente e psicologicamente.

Un po' troppo "terra terra"

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The Right Stuff: Uomini veri - un'immagine della prima stagione

I primi due episodi pongono le basi per un racconto dettagliato che vuole aderire al canovaccio di William Goldman (da cui l'assenza di Yeager), ma senza la componente eccessivamente patriottica che portò alla riscrittura ad opera di Philip Kaufman. E sono effettivamente visibili le sfumature di grigio che si celano dietro l'ambizioso Progetto Mercury, sfumature che hanno certamente contribuito all'interesse produttivo di Leonardo DiCaprio e a quello distributivo di Disney+, che può ora sfruttare in modo inusuale il marchio di National Geographic (le altre produzioni del canale sono tutte di stampo documentaristico e a tema zoologico), integrando nel catalogo un progetto che, al netto delle restrizioni contenutistiche che già conosciamo sul servizio di streaming, si presenta come un'opera dal target più adulto, lontano dal luogo comune della Disney come business rivolto esclusivamente alle famiglie. Non eccessivamente lontano, sia ben chiaro, ma abbastanza da essere distinguibile dalle produzioni dall'appeal più universale che vengono dalle scuderie Pixar, Marvel e Lucasfilm.

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The Right Stuff: Uomini Veri - una foto di scena della prima stagione

E se da quel punto di vista l'intento è più che nobile su tutti i fronti, rimane però il legittimo dubbio su quanto la serie possa offrire di nuovo a chi già conosce Uomini veri, in particolare per quanto riguarda quell'afflato epico che, almeno in questi primi due episodi, manca all'appello. È tutto molto elegante e pulito, forse troppo, e così, nel tentativo di scavare più in profondità, il risultato si avvicina maggiormente a un che di interessante ma superficiale (e su questo pesa anche l'omissione di Yeager, la cui esclusione dal Progetto Mercury nutrirebbe non poco la componente drammatica, anche solo per un episodio). Le scritte iniziali ci ricordano che questa è una storia vera con alcuni elementi romanzati per esigenze artistiche, ma in queste prime due ore non è ben chiaro quale sia il valore aggiunto rispetto al primo adattamento del libro di Tom Wolfe. È presto per giudicare in toto, ma se queste sono le premesse la strada sarà ancora lunga prima di arrivare al materiale giusto.

Conclusioni

Arriviamo alla fine della recensione dei primi due episodi di The Right Stuff, ambiziosa miniserie di National Geographic che racconta un interessante pezzo di epopea americana contemporanea. La buona volontà c'è, e l'incentivo per continuare la visione anche, ma almeno nelle prime due ore, un po' troppo timide e pulite, il paragone con il film di Philip Kaufman è impietoso.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
1.0/5

Perché ci piace

  • La componente tecnica è più che solida.
  • Gli attori sono carismatici e coinvolgenti.
  • La mancanza di nostalgia patriottica è un valore aggiunto.

Cosa non va

  • I primi due episodi sono alquanto modesti per quanto riguarda il respiro epico a cui allude la premessa.