The Piper, diretto da Erlingur Thoroddsen, ha il merito principale di aver letteralmente rispolverato una delle più inquietanti leggende gotiche, concentrate poi in una serie di versioni letterarie che si sono assecondante nel corso dei Secoli (la più famosa, quella dei Fratelli Gimm). Parliamo infatti de Il pifferaio di Hamelin, o più semplicemente conosciuta come la leggenda del Pifferaio Magico. Un mito generato nella Germania del XIV Secolo, e agganciata al dilagare della peste. Almeno questa è la teoria più quotata. Ecco, una fiaba nera, nerissima, che si adatta perfettamente ad un ipotetico tono orrorifico, che re-immagina l'oscuro pifferaio come una sorta di demone a caccia di bambini.
Seguendo questa prospettiva, The Piper, che funziona meglio quando evita di far necessariamente paura, è strutturato come una sorta di dark thriller, che ammicca alla favola originale variandone i temi portanti. Al centro, l'elemento musicale come co-protagonista, e su cui il regista basa quasi l'intero film; proprio dalla musica arriva il brivido principale, seguendo le suggestioni di una melodia spettrale che, ve lo garantiamo, riesce davvero a suggerire l'inquietudine ricercata dalla sceneggiatura.
The Piper, la trama: sulle note maledette di una melodia mortale
Dunque, una rivisitazione, un aggiornamento del pifferaio di Hamelin che ci porta subito al centro di una maledizione impossibile da eradicare. Tuttavia, The Piper parla anche di ambizione, e di ambizione smodata. Come quella di Melanie Walker (Charlotte Hope), flautista presa di mira dallo scorbutico direttore d'orchestra, Gustafson (Julian Sands, a cui il film è dedicato). L'orchestra di cui fanno parte sta preparando un concerto in memoriam di Catherine Fleischer, morta poco tempo prima in circostanza, diciamo, oscure.
Prima di morire, la donna era a lavoro su una melodia che potrebbe segnare un punto di svolta nella carriera di Melanie, madre single di Zoe (Aoibhe O' Flanagan), ragazzina sordomuta. Allora, superando le rimostranze della famiglia Fleischer, Melanie riesce a mettere le mani sullo spartito. O, almeno, su parte dello spartito ancora intanto. Sì, perché prima di morire, Catherine, aveva provato a dargli fuoco. Il motivo? Lo scoprirà la stessa Melanie, intenzionata a riscrivere la parte mancante: la partitura, sinuosa eppure diabolica, è infatti maledetta.
La leggenda del pifferaio magico rivista e attualizzata
Abbiamo parlato, all'inizio della recensione, di quanto The Piper riesca nel suo intento di rileggere il mito folkoristico del Pifferaio Magico. Effettivamente, non è una leggenda troppo battuta dal cinema (l'ultima versione risale al 1971, diretta da francese Jacques Demy), prestandosi per uno spunto mica male (soprattutto se viene attualizzato). Per questo, potremmo dire che l'horror di Erlingur Thoroddsen funziona meglio nei momenti di intermezzo, e nei momenti in cui il jumpscare (comunque minimizzato, e questo è un plus) non stravolge il ritmo volutamente compassato di una storia raccontata in modo forse troppo lineare, e senza particolari picchi, ma che riesce ad esprimere il suo meglio proprio al di fuori del contesto pauroso.
Come? Seguendo le tracce sonore (alla colonna sonora Christopher Young, supportato dalla Bulgarian Symphony Orchestra) di un Pifferaio divenuto implacabile ed inesauribile giustiziere di un mondo ossessionato dalla fama e dal profitto. Stringendo la traccia della leggenda (il Pifferaio rapisce i bambini del villaggio dopo che gli abitanti hanno tradito la promessa di pagarlo per averli liberati dai ratti), The Piper ambienta il mito di Hamelin in un microcosmo fortemente competitivo, composto da un gruppo di persone che non rinunciano ai più miserabili espedienti per ottenere successo. In un certo modo, e dietro una messa in scena che gracchia nelle situazioni oniriche, con degli effetti visivi poco uniformi, The Piper risulta teoricamente molto più cattivo del suddetto Pifferaio, dipingendo un corollario generale che lascia ben poco spazio alla speranza. E questo sì che fa paura.
Conclusioni
The Piper? come scritto nella nostra recensione, attualizza e rivede il mito del Pifferaio Magico, ambientando il film nel microcosmo di un'orchestra fortemente competitiva. Se i momenti onirici gracchiano, la paura ricercata arriva soprattutto dall'accompagnamento musicale, che ci porta verso un finale estremamente nero. Più che un horror, un buon dark thriller.
Perché ci piace
- Il mito del Pifferaio Magico.
- Il pretesto attuale.
- La musica, effettivamente inquietante.
- Un buon finale.
Cosa non va
- Il trucco posticcio, e gli effetti visivi.
- I momenti onirici sono poco fluidi.