Se è stato un po' una delusione The Palace in quel di Venezia, non possiamo negare la gioia di poter parlare di Roman Polanski con alcuni degli interpreti che sono stati al suo servizio per tratteggiare questo ritratto grottesco della società di oggi e del momento del tempo identificato dall'autore come punto di non ritorno, quel Capodanno del 2000 vissuto con lo spettro del Millennium Bug e di una fine che non è arrivata. O forse sì? Non sarà stata l'apocalisse (informatica e non solo) che molti temevano, ma il regista di Rosemary's Baby e Il pianista parte da lì per portare su schermo una galleria di personaggi al limite del grottesco, un ritratto sardonico di un contesto sociale specifico e oggetto di critica, come spiegato nella nostra recensione di The Palace.
L'attenzione ai dettagli di Roman Polanski
E l'ha fatto senza trascurare nulla della messa in scena di The Palace, come ci hanno raccontato alcuni dei suoi interpreti con cui ci siamo potuti confrontare al Lido di Venezia, quando il suo film è stato presentato in prima mondiale. "A volte si tratta di dettagli piccolissimi, che noi notiamo appena. Modificava qualcosa di infinitesimale, poi si dedicava alla camera e i costumisti rimettevano tutto a posto facendolo impazzire" ci ha detto Oliver Masucci: "'Avete distrutto tutto' gli diceva e faceva rimettere tutto com'era" ha aggiunto imitando le lamentele del regista e specificando un altro aspetto che lo divertiva molto: che poi quando si concentrava sulla scena, ignorava completamente quel dettaglio per cui si era battuto.
"Roman è un artigiano, lavora sui piccoli dettagli" ha spiegato anche Fortunato Cerlino, che ha ricordato una scena in particolare del bancone della reception dell'hotel, in cui c'erano delle coroncine sulle lampade ai due lati: una delle due era più basse e lui "ha chiamato lo stop immediatamente, si è alzato personalmente per sistemarla e poi ha detto che si poteva girare." Allo stesso modo aveva tagliato "due peli dalla parrucca che indossavo", qualcosa di impercettibile che per lui rovinava l'inquadratura. Un equilibrio del quadro, secondo Joaquim de Almeida, che si ottiene spesso cambiando dettagli degli oggetti presenti e non solo intervenendo su quello che fanno gli attori in scena. "Ti fa vedere ogni personaggio" ha aggiunto de Almeida, perché li interpreta tutti quando è sul set per mostrare a ogni attore quello che deve fare. "Per un attore avere un regista che ti dirige, che ti fa sentire vivo, è importantissimo."
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L'energia di un ragazzino
"Quando tu sei già stanco per andare a casa nel pomeriggio", ha ricordato de Almeida, "lui era ancora carico di energia." Con Polanski si inizia presto, perché "lui poi fa una pausa, riposa, ed è prontissimo a ripartire e a mille" ci hanno raccontato, ricordando anche il modo in cui si stendeva a terra per trovare l'inquadratura giusta per la scena finale con il cane e il pinguino. "È un po' come lavorare a bottega con un maestro", ha aggiunto Cerlino, "come imparare da qualcuno che può insegnarti a vedere il quadro d'insieme. Ha una sensibilità quasi musicale per l'inquadratura. A volte muove un piccolo dettaglio e poi lo vedi saltare sul set carico di energia. Sul set sa fare tutto: ha competenze per i costumi, per la musica, per ogni aspetto della produzione, perché in Polonia ha fatto tantissima gavetta e ha imparato ogni aspetto del mestiere."
Un'energia che non l'ha abbandonato nemmeno nei momenti di difficoltà, come ricorda ancora Masucci: "Era uno degli ultimi giorni di ripresa e lui era stato in ospedale per un'infezione. È tornato sul set per girare la prima scena, quella in cui parlo con i dipendenti dell'hotel, e aveva ancora l'ago nel braccio. Diceva 'volevano tenermi in ospedale, ma gli ho detto che non potevo, che dovevo finire il film!' Era sofferente, ma appena abbiamo iniziato a girare si è acceso. L'abbiamo girata in un solo ciak ed è stato perfetto." L'attore ricorda anche un altro aspetto delle riprese di The Palace e riguarda le occasioni in cui si permetteva di suggerire qualcosa sul suo personaggio: "Mi diceva 'Grazie Oliver. Ho fatto 27 film, ma apprezzo il suggerimento'. Era il suo modo di dirmi di chiudere il becco!"
Il messaggio di The Palace
"Una satira di quel mondo, di quella gente con tanti soldi" ha detto Joaquim de Almeida, divertito da come lo stesso Roman Polanski si prendeva gioco di quei personaggi mentre era sul set di The Palace. C'è questo aspetto, ovviamente, ma forse non è nemmeno così fondamentale. "Tutto quello che facciamo dovrebbe essere intrattenimento" ha detto infatti Oliver Masucci, "non guardo i film per il messaggio, non ho bisogno di un messaggio." Perché alla fine il cinema è anche un messaggio e quello di Polanski ci ha accompagnati per sessant'anni.