The Offering, la recensione: un demone mitologico per un horror vecchio stile

La recensione di The Offering: un obitorio, la cultura ebraica, una bambina inquietante e il caro, vecchio Jumpscare. Ecco perché potrebbe piacervi l'horror (d'esordio) di Oliver Park. Al cinema.

The Offering, la recensione: un demone mitologico per un horror vecchio stile

Sì, probabilmente è sovraccaricato, in costante ricerca dell'effetto (anche visivo, a riprova di una buona costruzione) e del colpo di scena. E sì, la fluidità generale è, a volte, ingarbugliata. Ciononostante è studiata per seguire un canone efficace. La traccia seguita è quella orrorifica ma, come vi spieghiamo nella recensione di The Offering, viene sfruttato in modo coinvolgente l'aspetto più intimo dell'opera, legata (anzi, liberamente inspirata) al folklore e alla cultura ebraica, caratterizzando in modo specifico il film e, di conseguenza, ammorbidendo le storture tipiche di certe opere che, in un moto nostalgico, ci riportano a cavallo degli anni Novanta quando un horror era solo un horror: scricchiolii, ombre, fantasmi, demoni, sfumature esoteriche.

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Un genere da videocassetta, all'epoca lontanissimo da essere giustamente rivalutato e rigenerato da un approccio probabilmente più teatrale e meno arruffato. Ecco, The Offering, debutto alla regia di Oliver Park, è questo: intrattenimento puro e un dramma famigliare (incomunicabilità, lutti, etc, etc...), che esploderà in un horror religioso, citando per estetica Hereditary di Ari Aster. Lungi da noi fare paragoni (è chiaro che non reggerebbero), eppure la visione di The Offering riesce a farci incuriosire. Come? Grazie al buon utilizzo degli spazi e delle ambientazioni, come fatto da Aster per il suo folgorante debutto. Sono infatti i confini visivi, e l'approccio di Park, a rendere la pellicola comunque meritevole di attenzione, se non altro per ritrovare le ingenue e spontanee sensazioni degli horror di inizio anni Duemila.

The Offering, la trama

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The Offering: una scena del film

Nonostante una certa lungaggine situazionale, con annessa sceneggiatura che si stiracchia nell'arco di novanta minuti, The Offering è lineare tanto nella messa in scena quanto nella scrittura. Al centro della storia, scritta da Hank Hoffmann e Jonathan Younger, c'è un demone che, per tradizione ebraica, sembra prendersela con le famiglie che hanno qualcosa di irrisolto. Per l'occasione voliamo a Brooklyn (ma il film è stato girato in Bulgaria, as usual), uno dei distretti newyorkesi con più alto tasso di comunità Chassidut (in breve, un movimento ebraico ortodosso). Qui c'è il vedoco Saul (Allan Corduner), che gestisce le pompe funebri di famiglia.

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The Offering: una scena del film

Torna a trovarlo suo figlio Arthur (Nick Blood), insieme alla moglie incinta, Claire (Emily Wiseman). Il ritorno di Arthur riapre vecchie ferite famigliari, che non possono essere rimarginate dalla religione. Se le ferite di Art sono figurative, ben più profonda è quella di un cadavere che approda nel loro obitorio: un uomo barbuto con al collo uno strano ciondolo. Sezionandolo, Arthur spezza il ninnolo, liberando uno spirito maligno, Abyzou. Secondo la mitologia del Vicino Oriente, Abyzou è un demone femminile a caccia di bambini. La faccenda si farà ancora più inquietante quando a rimetterci sarà Saul: Art e Claire, mettendo velocemente da parte lo scetticismo, si ritroveranno ad affrontare il demone che, intanto, appare e scompare sotto la forma di una pallida ragazzina.

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Jumpscare e folklore ebraico

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The Offering: una scena del film

Come avrete capito, in The Offering accade tutto molto velocemente, per poi fermarsi e, solo nel finale, ripartire. Che vuol dire? Che il gioco scenografico della casa, collegata con l'obitorio, è parte integrante del film. La cornice detta sia il tono che le svolte: scenario canonico che si trasforma in trappola dell'orrore, finendo per indugiare sui volti sbigottiti e raggelati dei protagonisti che, nella parte centrale del film, cercano di districare la matassa. Un intreccio debitore ai canoni del genere, tra apparizioni, sparizioni e il senso della paura suggerito prima di essere mostrato. Insomma, il classico e confortevole jumpscare. Il tutto, seguendo una linearità narrativa (la sequenza iniziale introduce, di fatto, la trama) che non richiedi chissà quali sforzi.

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The Offering: una scena del film

Se le svolte e i colpi di scena sono pressoché annunciati, con il regista impegnato a stupire ancora prima che raccontare, è interessante la luce religiosa non riferita al cristianesimo, ossia la tipica corrente religiosa applicata agli horror movie che hanno a che fare con possessioni, diavoli, sovrannaturale e via discorrendo. Secondo la tradizione ebraica non esiste l'Inferno, e gli spiriti maligni terreni si nutrono di sofferenza umana: uno spirito, qui presente, che deve essere intrappolato e non espulso da un corpo. Differenza sottile ma sostanziale, aprendo ad un finale ad effetto che riflette sul concetto di eredità. Tra l'altro, è proprio l'eredità una delle sfumature più importanti, sottolineate nel bollente calderone di The Offering, assemblato da Oliver Parker seguendo le ricette dei più tipici horror vecchio stile. Insomma, a tutti gli effetti potremmo aver trovato un possibile guilty pleasure...

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Conclusioni

Come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione di The Offering, il film si rifà ai vecchi horror di fine anni Novanta dove i pochi elementi sono funzionali allo stile e alla storia: un obitorio, la cultura ebraica, una bambina inquietante e il "solito" espediente dello jumpscare. Non tutto funziona e non tutto è amalgamato al meglio, ma l'oscuro esordio di Oliver Park potrebbe tramutarsi in un inaspettato guilty pleasure...

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Lo stile visivo.
  • La scenografia, già vista ma funzionale.
  • La religione ebraica, poco battuta tra i film horror.

Cosa non va

  • Un film che scorre lineare, senza particolari picchi.
  • Il cast di contorno offre poco supporto.
  • La fluidità è, alcune volte, ingarbugliata.