Prima le inquietanti bambole di Longlegs, ora la scimmia di The Monkey: sembrerebbe che Osgood Perkins abbia una passione per i giocattoli demoniaci. In realtà non è così. Lo possiamo dire con certezza, perché gliel'abbiamo chiesto dopo averlo incontrato proprio mentre stava ultimando il montaggio del film tratto dall'omonimo racconto di Stephen King, in sala dal 20 marzo con Eagle Pictures. All'epoca ci disse: "Le due cose non sono affatto collegate. Sì, sono entrambe bambole, ma le bambole di Longlegs provengono da antiche credenze tribali, come bambole vudù o effigi. Poi ho avuto la fortuna di fare un film tratto dal lavoro di Stephen King: avrei detto di sì comunque, a prescindere dalla storia. E il caso ha voluto fosse un film su un giocattolo. In un certo senso è stata una scelta obbligata, ma sono molto felice. King è un uomo adorabile: ci dimostriamo un rispetto reciproco e silenzioso".

Quindi Perkins avrebbe girato qualsiasi cosa pur di poter lavorare con King, eppure siamo convinti che non sia una coincidenza che questi oggetti lo abbiano trovato. Perché, se ci pensiamo bene, tutti i film del regista hanno una cosa in comune: raccontano di famiglie problematiche. Genitori assenti, padri violenti, orfani: nel suo cinema il nucleo familiare è il set perfetto per costruire storie horror. The Monkey non fa eccezione: due fratelli gemelli Hal e Bill, crescono senza il padre, che però ha lasciato loro in eredità una scimmia giocattolo.
Non è una scimmia come tutte le altre: ogni volta che qualcuno le dà la carica, una persona nelle vicinanze muore in un modo orribile. A differenza di Longlegs, The Monkey è molto più divertente e ironico, ma il sottotesto è simile. Cerchiamo quindi di capire perché nei film di Osgood Perkins la famiglia sia il luogo perfetto in cui ambientare una storia horror.
Padri assenti e cattivi genitori
Le ragazze protagoniste di February - L'innocenza del male (2015) non hanno un buon rapporto con i genitori, mentre sia l'agente Lee Harker di Longlegs che i gemelli di The Monkey sono cresciuti senza padre. Inutile girarci introno: la figura paterna è un animale complesso per il regista. E non potrebbe essere altrimenti: il padre di Osgood Perkins è Anthony Perkins. Sì, proprio il celebre protagonista di Psycho di Alfred Hitchcock. Impossibile che, avendo poi scelto di intraprendere a sua volta una carriera nel cinema, il confronto con il padre non abbia influito sulla sua opera.
Sempre nella nostra conversazione, l'autore ci aveva detto questo riguardo al rapporto con il genitore: "Tutti i film che faccio sono il frutto delle mie esperienze personali. Mio padre non era violento, ma era assente. L'idea del padre assente è qualcosa di tangibile in Longlegs". E, nemmeno a farlo apposta, anche il padre di Hal e Bill (interpretati da giovani da Christian Convery e da adulti da Theo James) sparisce.
Genitori assenti, o troppo presenti, sono spesso al centro delle storie horror, perché influenzano indelebilmente la vita dei figli. Sia che diventino i cattivi della storia, come assassini o serial killer, sia che abbiano il ruolo della vittima, che magari vive un disagio, i bambini maltrattati sono sempre figure centrali. La psicologia e la psichiatria lo dicono da sempre: i primi anni di vita sono quelli determinanti. E in ogni horror che si rispetti l'infanzia dei personaggi subisce spesso un trauma. Anche in The Monkey è così.
L'infanzia è un momento cardine
L'infanzia come origine di tutto, quindi. Come per la Lee di Longlegs, anche i gemelli di The Monkey sanno molto di più di quanto non vogliano ammettere a se stessi e al fratello. Il trauma rimosso è un altro grande tema dei film di Perkins: pensiamo a Sono la bella creatura che vive in questa casa (2016), in cui la protagonista, Iris Blum, una scrittrice di romanzi horror, ha la demenza senile e quindi non ricorda più bene chi sia. O ai fratelli di Gretel e Hansel (2020), rivisitazione della favola dei fratelli Grimm, in cui l'elaborazione del lutto della ragazza viene raccontata attraverso l'assunzione di poteri sovrannaturali.

Per il regista bambini e ragazzi hanno uno stato di coscienza notevolissimo, che però viene represso quando diventano adulti: "Il tema dell'infanzia, e di come viviamo le nostre case da bambini, c'è nei miei film. Ogni esperienza è differente da persona a persona: alcuni vivono in famiglie molto aperte, altre sono chiuse, vivono nella segretezza. La maggior parte di noi vive una via di mezzo. Ma mi piaceva l'idea che un bambino sappia sempre tutto della propria casa: un bambino è in grado di percepire tutto. E questa cosa può essere gestita dai genitori sia in modo positivo che negativo".
La famiglia come luogo dell'anima

Quindi, come abbiamo appreso dalla sua stessa voce, per Osgood Perkins la famiglia e l'infanzia sono dei temi fondamentali. Ma perché funzionano così bene negli horror? Intanto perché la famiglia, sia che sia assente, sia che sia asfissiante, è qualcosa di cui tutti facciamo esperienza e possiamo quindi comprenderne le dinamiche. Quando si parla di genitori, fratelli o figli, ognuno di noi può empatizzare con la storia raccontata.

Poi perché la famiglia è un luogo dell'anima che, proprio come una presenza, ci segue continuamente. Anche a distanza e dopo anni. Perfino la più solida e centrata delle persone è stata influenzata dalla sua infanzia e dai genitori che ha avuto (o non avuto). Quando l'horror parla di famiglie disfunzionali, o di demoni che infestano case in cui vivono bambini, arriva nel nostro subconscio, scuotendolo nel profondo. I nostri genitori dovrebbero essere le nostre colonne, coloro che ci amano incondizionatamente e che ci proteggono: se non è così, tutto il mondo diventa minaccioso. Se perfino chi ci dovrebbe volere bene ci fa del male, tutto sembra non avere senso. Inevitabile poi non tirare in ballo il senso di colpa: uno dei più potenti mali che si possano scagliare contro qualcuno. Registi e sceneggiatori lo sanno e per questo i protagonisti dei film horror spesso ne sono schiacciati.
È così anche per i gemelli di The Monkey: forse è il senso di colpa il demone che colpisce entrambi più duramente. Proprio come la scimmia giocattolo, una volta che è stato attivato, non serve cercare di rinchiuderlo dentro a una scatola: va affrontato. L'impresa non è facile: magari ci possono volere anni (di terapia, o di lotta contro l'occulto, come in questo film), o anche una vita intera, ma, come in ogni storia dell'orrore che si rispetti, solo se le paure vengono affrontate si può sperare di salvarsi.