The Legend of Ochi, recensione: un film che ti rimette al mondo (spiegando cosa vuol dire comunicare)

Isaiah Saxon definisce al meglio il concetto di cinema artigianale (nell'epoca del green screen) puntando alla più semplice e più immediata delle emozioni. In sala dall'8 maggio.

L'artwork di The Legend of Ochi

The Legend of Ochi di Isaiah Saxon - al debutto - ha la grande capacità di instaurare immediatamente un dialogo con il pubblico. Una prerogativa affatto banale, e decisiva nell'organizzazione poetica portata avanti dal regista (che proviene dal videoclip, e si vede). Sembra infatti scontato che un film debba parlare allo spettatore, ma in un'epoca ombelicale come la nostra, titoli come questo, sono una splendida eccezione. E per questo vanno supportate, sostenute, coccolate e applaudite.

The Legend Of Ochi Helena Zengel Foto
The Legend of Ochi: Helena Zengel in un primo piano

L'opera di Saxon rivela una notevole cura nella sua struttura e scrittura (e già questo vale da solo il prezzo del bieglietto), considerando un budget sorprendentemente contenuto di soli dieci milioni di dollari (perché come si dice, conta l'idea). Attraverso una produzione artigianale e ingegnosa, il regista riesce a reinterpretare archetipi fiabeschi in chiave cinematografica con una maestria sorprendente. Il suo approccio visivo spazia con fluidità dagli animatronics ai burattini, dal suggestivo matte painting - la stessa tecnica che diede vita alla magica Città di Smeraldo ne Il mago di Oz, dunque suggerendo una forte sensazione cinematografica - fino a tocchi di sofisticata animazione digitale. Questa ricca tavolozza di colori vividi e vibranti si sposa armoniosamente con uno script dal respiro universale.

The Legend of Ochi: l'essenza di un viaggio

The Legend Of Ochi Willem Dafoe
Willem Dafoe in scena

Perché dietro il lungo cammino della protagonista c'è uno stupefacente mondo immaginifico, così intimo e fragile da essere catartico. Yuri (Helena Zengel, una bella scoperta) è una ragazza che vive nel nord dell'immaginaria isola di Carpathia (un luogo magico e rappresentativo, vicino all'immaginario fantasy degli anni Ottanta) insieme al papà Maxim (Willem Dafoe) e il fratello maggiore Petro (Finn Wolfhard). La madre, invece, sembra essersene andata quando lei era ancora piccola. Il padre, tra l'altro, consumato da un feroce risentimento, ha giurato guerra alle solitarie creature che vivono nei boschi circostanti, chiamate Ochi. Quando Yuri si imbatte in un cucciolo, ferito da una trappola, decide di intraprendere un pericoloso viaggio per riportare il piccolo Ochi dalla sua famiglia.

Una favola senza tempo

Essenzialmente, The Legend of Ochi è un film d'avventura vecchio stile, senza però essere sovraccarico di influenze. Lo stesso Saxon, presentando il film, ha spiegato quanto l'opera non sia un susseguirsi di cliché, bensì come un'esperienza visiva e narrativa capace di far emergere un'anima genuina e profondamente originale. Se l'elemento centrale è allora lo spaurito Ochi - nemmeno a dirlo perfetto per la campagna marketing portata avanti da A24, distributore US -, l'intera messa in scena gira attorno ad un essere folgorante eppure plausibile nel disegno, andando a poeticizzare l'intero film.

The Legend Of Ochi Foto
Il piccolo Ochi protagonista

Di più, andandolo ad elevare, facendolo risultare senza tempo (ed è la sfida di ogni opera narrativa). Scenografia, musica, gli sparuti dialoghi. Tutto al posto giusto. Gli occhi senza fondo di un piccolo essere, e il concetto di comunicazione che distrugge barriere e pregiudizi. Una costante ricerca della dolcezza da parte del regista, che sfida e annichilisce qualsiasi idealizzazione della perfezione (anzi, andando in contrasto, e quindi risultando vero, avvicinabili, valido). Del resto, dietro l'approccio da epopea family - condensata in 90 minuti spaccati - The Legend of Ochi, alla fine, è in grado di riportaci ad un corroborante stato emotivo capace di sfiorare la più solida - nonché la primaria - delle emozioni: la gioia.

Conclusioni

The Legend of Ochi ha la capacità di dialogare immediatamente con pubblico. Reinterpretando archetipi fiabeschi con un mix di tecniche visive artigianali e digitali, il film è un'avventura "vecchio stile" agganciata al concetto di comunità, famiglia e, soprattutto, comunicazione.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • La regia di Saxon.
  • Il climax generale.
  • Il finale, finalmente positivo.
  • Una facilità che punta all'emozione.

Cosa non va

  • Punti a sfavore? Difficile trovarne...