Andata in onda la scorsa estate sulla HBO (e in Italia su Sky Atlantic), The Leftovers si è rivelata fin da subito una serie diversa dalla produzione media della rete cable americana. Una serie a suo modo coraggiosa che, pur con dei difetti che non possiamo non riconoscerle, avevamo apprezzato per la capacità di trasmettere emozioni intense, forti, dirette. Emozioni per lo più negative, dovute ad un'atmosfera opprimente che segnava il vero e proprio marchio di fabbrica della serie.
La perplessità principale che ci lasciava, però, riguardava il futuro: i dieci episodi della prima stagione andava a coprire il libro di Tom Perrotta (che aveva collaborato alla stesura di alcuni script di Damon Lindelof) e quindi lo sviluppo successivo della serie sarebbero dovuti essere del tutto originale e frutto della creatività spesso criticata dello showrunner di Lost, capace spesso di offrire ottimi spunti che non riesce a gestire o sviluppare in modo adeguato. Un timore che non ci siamo sentiti di accantonare dopo i primi annunci relativi alla seconda stagione di The Leftovers che ci parlavano di un cambio netto nell'ambientazione, che lascia la Mapleton dello stato di New York che abbiamo conosciuto lo scorso anno e ci porta a Jarden, una cittadina del Texas che non ha subito nessuna scomparsa nel corso del Rapture, la sparizione di massa che funge da punto di partenza della serie.
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L'anomalia di Jarden e i Murphy
Jarden è una città miracolo e non è ingiustificata l'enfasi che proprio il suo miracle sia così enfatizzato nella vita della comunità. La piccola cittadina del Texas ne è segnata, seppur in positivo, e si percepisce nel corso della premiere di questa seconda stagione di The Leftovers che tutta la sua organizzazione ne è influenzata, piccoli segnali di un microcosmo che sa di essere unico e cerca di proteggere la sua oasi dall'esterno (la difficoltà di acquistare una casa a Jarden ed allo stesso tempo il diritto di vivere lì che questo acquisto darebbe; il braccialetto giallo che sembra contrassegnare un non residente). E Lindelof ci immerge subito nella nuova ambientazione, scegliendo di dedicare più di metà di Axis Mundi, questo il titolo dell'episodio di apertura, ad un nuovo gruppo di protagonisti: i Murphy.
John (Kevin Carroll), Erika (Regina King) ed i due figli Evie (Jasmin Savoy Brown) e Michael (Jovan Adepo), questi i membri dei nuovi protagonisti di The Leftovers. John è un vigile del fuoco, ma anche una specie di guardiano della città perché insieme ad alcuni suoi colleghi si prende la briga di impartire delle lezioni piuttosto severe a chi reputa inadeguato a vivere nella città miracolata. O almeno così sembrerebbe dalle prime battute. La moglie Erika è invece una dottoressa e non sembra condannare il comportamento del marito. Quanto ai figli, Michael ci viene presentato come un ragazzo caritatevole e generoso, mentre Evie potrebbe essere il fulcro di uno dei misteri principali della stagione 2.
Il tocco di Lindelof
Apertura e chiusura della premiere sono però dedicate ai misteri della serie, quelle classiche sequenze che Lindelof è tanto bravo a inscenare e poco bravo a gestire sulla lunga distanza. Se i suggestivi primi dieci minuti sono un tuffo nel passato che ci mostra una cavernicola che lotta per sopravvivere col figlio neonato da sola, rimasta bloccata fuori la grotta in cui viveva, il finale della premiere torna a misteri più tradizionali per lo show di Lindelof e Perrotta, perché riguarda una sparizione: è Evie, la giovane figlia dei Murphy a non tornare a casa dopo un'uscita con le amiche. Le ricerche notturne conducono a un'auto abbandonata, con tanto di cellulare ancora funzionante al suo interno. Vittime di una nuova sparizione di origini sconosciute o qualcosa di diverso? Ad aggiungere un ulteriore tocco misterioso al tutto c'è il laghetto accanto al quale l'auto era parcheggiata (lo stesso in cui avevamo visto giocare Evie e le amiche a inizio episodio? Le abbiamo viste anche correre nude nel bosco, altro indizio di qualcosa che verrà affrontato a seguire), totalmente prosciugato con i pesci ancora guizzanti sul terreno, come se qualcuno o qualcosa avesse portato via l'acqua. E poi c'è la scatola disseppellita da Erika con un uccellino vivo al suo interno; c'è la cicala il cui canto sembra ossessionare John; c'è l'uomo che vive su una torretta al centro della cittadina; ed altri piccoli segnali di qualcosa fuori posto.
"Let the Mystery Be"
Eppure sappiamo dalla prima stagione che The Leftovers non vive dei suoi misteri, che li usa come spunto e li lascia sullo sfondo, dedicandosi invece al dramma dei protagonisti. Sembra confermarlo anche questa seconda stagione fin dai nuovi titoli di testa, totalmente cambiati rispetto a quelli più pomposi della prima ed accompagnati dalla canzone Let the Mystery Be che sa quasi di una dichiarazione d'intenti di Lindelof. I protagonisti di The Leftovers non saranno loro, ma i Murphy e con loro anche alcuni protagonisti che già conosciamo dallo scorso anno. Ci sono ancora i Garvey (in formazione rinnovata con Kevin, Justin Theroux, la sua amante Nora, Carrie Coon, e la figlia Jill, Margaret Qualley), infatti, ma non appaiono fino alle ultime battute dell'episodio iniziale, quando arrivano nella loro nuova abitazione accanto a quella dei Murphy e quindi visti, per ora, solo in funzione della nuova famiglia. C'è anche il reverendo Jamison di Christopher Eccleston, fratello di Nora che i Garvey hanno seguito lì, anche lui in città da poco, da un mese, e in cerca di conforto per la moglie parzialmente paralizzata. Ed è annunciato anche il ritorno di Ann Dowd, nonostante il suo personaggio sia morto nell'ottavo episodio della scorsa stagione...
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Un pizzico di speranza?
La stagione 2 della serie HBO, che va in contemporanea anche qui da noi su Sky Atlantic, inizia quindi un proprio percorso autonomo, separandosi dal materiale di partenza e prendendo una vita proprio. Una vita che sembra nascere da uno spunto diverso, ovvero non mostrare più una comunità ferita dalle sue perdite, ma portando alcuni dei protagonisti che già conosciamo in un ambiente che si ritiene invece miracolato per non averle subite. È un nuovo punto di vista interessante, che speriamo sia ben sfruttato da Lindelof e Perrotta bilanciando bene gli inevitabili misteri con questa esigenza più autoriale e profonda. Quel raggio di luce che ci era sembrato di scorgere nel finale della prima stagione sembra essere ancora presente ed è possibile che a Jarden possa trovare maggior intensità per offrirci una storia nuova e meno opprimente di quella vissuta lo scorso anno.
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