The Last of Us 2, la recensione: un sequel doloroso e rivoluzionario che non smette mai di stupire

La recensione di The Last of Us 2: la Parte II del videogioco per PS4 firmato Naughty Dog si conferma all'altezza delle aspettative e ci regala un'esperienza, anche di stampo cinematografico, più unica che rara.

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Prima di cominciare, dobbiamo innanzitutto ammettere una certa ansia nell'approcciare questa recensione di The Last of Us 2, e non solo per l'importanza del titolo o per il fatto che sia atteso con trepidazione da un così vasto pubblico. Non fraintendeteci, pur non parlando spesso di videogiochi qui su Movieplayer.it, siamo perfettamente consapevoli di quanto il primo capitolo di Naughty Dog abbia rappresentato un solco indelebile nell'industria videoludica: d'altronde in più occasioni anche da queste parti l'abbiamo definito come il nostro preferito tra i videogiochi dello scorso decennio, nonché in assoluto l'esperimento forse più riuscito in termini di narrazione cinematografica. E il fatto che la HBO sia adesso alle prese con un adattamento per la TV della storia di Joel e Ellie non può che esserne la migliore conferma.

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L'ansia maggiore, però, in questo caso non è data tanto dall'aspettativa che circonda l'opera, ma dalla natura stessa di questo splendido e coraggiosissimo The Last of Us Part II, un videogioco per PS4 che costantemente vuole mettere in difficoltà il giocatore/spettatore con scelte narrative estreme, inaspettate e, per certi versi, addirittura rivoluzionarie. I primi, però, ad esser stati messi in seria difficoltà sono coloro che che hanno avuto il privilegio di giocarlo e goderselo in anteprima, ma che hanno l'ostico compito di trasmettere l'enorme ventaglio di sensazioni provate, non solo per le oltre 25 ore di gioco ma per i tanti giorni in cui questa storia straziante e così drammaturgicamente intensa ci ha accompagnato, sulla PlayStation 4 e anche e soprattutto nella nostra testa. Il tutto, ovviamente, senza spoiler, senza rovinare a nessuno il piacere di scoprire passo dopo passo cosa succede ai protagonisti della storia, ma anche i tanti modi in cui questo nuovo capolavoro firmato Naughty Dog riesce a sovvertire le aspettative e a spiazzare e stupire più di una volta, dal principio alla fine.

Una trama che cambia prospettiva e protagonista

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Nella sua essenza, la trama di The Last of Us 2 la conoscono probabilmente già tutti: sono passati cinque anni dagli eventi del primo gioco, e adesso Joel e Ellie vivono nella cittadina di Jackson, Wyoming, una comunità protetta e sicura dagli infetti e da tutti i pericoli esterni. Ellie è ora un'adolescente impulsiva e un po' ribelle, innamorata di una ragazza di nome Dina e con un rapporto a dir poco complicato col padre acquisito; nonostante questo la sua vita è comunque felice, ricca e spensierata come non era mai stata prima. Tutto questo fino a quando un evento inaspettato e terribile cambia per sempre il corso della sua vita, spingendo Ellie a rimettersi in viaggio verso la città di Seattle in cerca di giustizia. In questa lunga e pericolosa incursione, però, i nostri protagonisti troveranno una città in cui si fanno la guerra, da tempo, due fazioni nemiche: da una parte il Washington Liberation Front (WLF), organizzazione paramilitare fortemente strutturata e ben armata, dall'altra i Seraphites, un gruppo di fanatici religiosi letali e senza scrupoli che combattono principalmente con archi e armi bianche, coordinandosi tra loro attraverso fischi e richiami.

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Come sempre quando parliamo di videogiochi, il nostro interesse primario non risiede tanto nel gameplay o negli aspetti meramente tecnologici, quanto piuttosto negli elementi cinematografici o narrativi. È necessario perciò notare come anche questo secondo capitolo rimanga un action-adventure horror fondamentalmente immutato nelle meccaniche di gioco principali, ma comunque profondamente cambiato da un significativo ribaltamento di prospettiva: è Ellie questa volta la protagonista e sono le sue motivazioni a spingerci, non più quelle di Joel. E così anche il modo in cui Ellie combatte, agisce e si nasconde dai suoi nemici è differente rispetto a quanto avveniva nel gioco precedente, tanto nel gameplay quanto nel tono.

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Meraviglie tecniche e artistiche per una Seattle (e una violenza) da incubo

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A fare in modo che The Last of Us 2 non possa essere semplicemente definito un more of the same ma qualcosa di ben più esaltante contribuiscono due aspetti fondamentali: quello narrativo, e in qualche modo più rivoluzionario, di cui parleremo più in dettaglio dopo e quello tecnico/artistico, semplicemente strabiliante per la ricchezza dei dettagli e degli ambienti, per la fluidità delle animazioni e più in generale per una sensazione di realismo come raramente ci era capitato di vedere in un gioco. Siamo perfettamente consapevoli di non essere noi i più adatti a fare questo tipo di considerazione in campo videogiochi - e, proprio per questo, vi rimandiamo come sempre alla recensione più specifica e tecnica dei nostri cugini di Multiplayer.it - e infatti ammettiamo che a colpirci non è tanto il prodigio tecnologico in sé quanto soprattutto la sensazione di trovarsi davvero in una città incredibilmente vasta e perfettamente riprodotta, una città assolutamente letale, che nasconde sempre nuove meraviglie e anche inaspettati pericoli.

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Così come avevamo già avuto modo di osservare con stupore negli impressionanti video che si sono susseguiti nei mesi e nelle settimane scorse, quello che colpisce è l'estremo realismo con cui vengono riprodotti i combattimenti e le azioni tanto di Ellie quanto dei suoi antagonisti e co-protagonisti: in The Last of Us 2, animazioni, movimenti e, soprattutto, le reazioni di tutti i personaggi su schermo fanno in modo di immergerci completamente in questo mondo brutale; ed è proprio per questo motivo che una messa in scena così cruda e realistica di una tale violenza fa sì male e colpisce a fondo, ma proprio per questo è necessaria e adeguata al tono di tutto il gioco. I lamenti delle vittime, le grida di dolore e terrore, gli spaventosi rumori (click) dei mostri sono un contributo fondamentale tanto all'atmosfera del gioco quanto alla storia stessa.

Allo stesso modo, a fare la differenza ancora una volta sono la recitazione di tutti gli attori (Ashley Johnson e Troy Baker in primis) così come la strepitosa colonna sonora firmata dal premio Oscar Gustavo Santaolalla, questa volta coadiuvato dal compositore Mac Quayle (premiato con l'Emmy per Mr. Robot) e dalle belle canzoni dei Crooked Still.

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La forza dell'odio e le ragioni di un sequel

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Ma veniamo ora agli aspetti più interessanti in assoluto, i temi di questo secondo capitolo. Il primo The Last of Us ci mostrava un uomo, Joel, che aveva perso ogni speranza nel genere umano e che, attraverso il fortuito incontro con una ragazzina, riusciva a riconciliarsi con il suo passato segnato dalla tragica morte della figlia, avvenuta venti anni prima. Sotto le spoglie di un road movie avventuroso e a tinte horror, il primo capitolo nascondeva fondamentalmente una splendida storia d'amore paterno, e si chiudeva con un finale bellissimo e shockante in cui per una volta veniva messo da parte quel finto buonismo tipico hollywoodiano per lasciare spazio a un sentimento molto più umano come l'egoismo. Ma era comunque un egoismo dettato dall'amore, dall'impossibilità di perdere nuovamente quel poco di umanità appena ritrovata. The Last of Us appunto.

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The Last of Us 2 sceglie invece di indagare l'esatto opposto e contrappone a quell'amore un sentimento come l'odio. E ci mostra come questo sentimento possa essere ancora più potente, più devastante, come possa diffondersi ancora più velocemente finendo ben presto con il bruciare ogni cosa. Un odio dettato da una sete di vendetta talmente forte da far perdere a chiunque la ragione e da far accettare qualsiasi sacrificio, qualsiasi azione, senza pietà o rimorso alcuno. È quello che succede a Ellie e agli altri personaggi che l'accompagnano nel suo viaggio, ma è anche quello che già succede da tempo a Seattle, tra due fazioni che sembrano andare contro i loro stessi interessi e continuano a distruggersi e a farsi la guerra, tregua dopo tregua, senza alcuna possibilità di redenzione. E non è certo un caso che il regista e sceneggiatore del gioco, quel geniaccio di Neil Druckmann, sia di origini israeliane: l'odio che vediamo qui, in questa Seattle deturpata da un'apocalisse fittizia, non è certo troppo differente da quello che si vive ancora oggi e da ormai tanti decenni nella striscia di Gaza. O che ogni giorno possiamo ascoltare nelle notizie che arrivano da ogni parte del mondo.

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Trasformare però questo The Last of Us Parte II in un semplice pamphlet politico o anche solo pacifista sarebbe un grosso errore: se quelli di Naughty Dog sono riusciti addirittura a migliorarsi e a sfornare così un nuovo capolavoro è proprio perché il gioco permette a noi giocatori/spettatori di vivere in prima persona un conflitto morale come mai era mai stato possibile prima d'ora. Esattamente come accadeva alla fine del primo gioco, quando nei panni di Joel ci ritrovavamo costretti a compiere azioni che sapevamo essere eticamente sbagliate, The Last of Us 2 esaspera questo concetto e lo espande per tutta la durata del gioco, dall'inizio alla fine, rendendoci a tutti gli effetti complici di quell'odio e di quella vendetta che però, col trascorrere delle ore, diventa sempre meno giustificabile e accettabile.

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Semplicemente perché, attraverso una scrittura sopraffina e un twist coraggioso e per certi versi rivoluzionario, ci mette nuovamente a contatto con la nostra umanità e ci mostra cosa vuol dire perderla. Per una volta, insomma, non siamo più noi a giocare e a manovrare i personaggi sullo schermo, ma sono questi a giocare con noi, con i nostri sentimenti e con la nostra sensibilità. E se ogni tanto vi ritroverete davanti alla schermata di Game Over semplicemente perché avete esitato nel compiere un'azione che non volevate compiere... non preoccupatevi, vorrà dire che siete in buona compagnia. E a quel punto, probabilmente, non avrete problemi anche voi nel definire questo The Last of Us Part II un vero e proprio capolavoro.

Conclusioni

Come da nostra consuetudine, in questa nostra recensione di The Last of Us 2 ci siamo soffermati principalmente sugli aspetti cinematografici di questo videogioco dei Naughty Dog, ma in realtà da dire ci sarebbe molto molto di più. Anche solo dal punto di vista del gioco, questo secondo capitolo ci regala una varietà e una complessità ancora maggiore, un'esperienza davvero completa e molto realistica come mai ci era mai capitato da un'opera postapocalittica. Le cose si fanno ancora più interessanti sul versante narrativo e anche se siamo purtroppo siamo stati impossibilitati a raccontarvi quanto avremmo voluto causa spoiler, speriamo che vi sia arrivato anche solo in parte il nostro entusiasmo per un prodotto così audace e innovativo. Raramente ci è capitato di trovarci davanti ad un sequel che riuscisse a superare l'originale in così tanti aspetti, a maggior ragione quando già il primo capitolo era un'opera indimenticabile. Per quanto doloroso e mentalmente e moralmente impegnativo, saremmo rimasti nel mondo di The Last of Us 2 per molto tempo ancora: ora non ci resta che aspettare la serie TV e magari sperare che un giorno arrivi anche un nuovo sequel, magari altrettanto bello e coraggioso.

Movieplayer.it
5.0/5

Perché ci piace

  • Una storia bellissima, tragicamente realistica in tutte le sue sfumature, che fa riflettere su temi importanti.
  • Ellie e Joel si confermano personaggi affascinanti come pochi e dalle mille sfumature: anche tutti gli altri personaggi secondari, vecchi e nuovi, sono all'altezza e in più occasioni finiscono per rubare la scena ai protagonisti.
  • Visivamente e tecnicamente eccellente, anche il gameplay, seppure invariato nelle meccaniche di base, è migliorato in ogni suo aspetto.
  • Il gioco riesce a sorprendere in più occasioni, non solo a livello di storia. Riesce in questo modo a diventare addirittura rivoluzionario nella sua seconda metà.

Cosa non va

  • Violento e spietato, a volte in modo quasi disturbante. Il tutto è perfettamente giustificato dalla storia, ma ovvio che per molti potrà essere un limite.