Ad un anno di distanza da La La Land, un nuovo musical con canzoni completamente originali arriva nei cinema di tutto il mondo. Una volta tutto questo non avrebbe fatto notizia, ma dopo essere stati per decenni il fiore all'occhiello delle produzioni hollywoodiane, i "film in cui si balla e canta senza motivo" non sono particolarmente ben visti dal pubblico contemporaneo. Si potrebbe azzardare che quei pochi(ssimi) musical che in questi anni hanno provato a fare breccia nel cuore degli spettatori siano stati considerati quasi come dei freak, dei fenomeni da baraccone, ed è quindi forse non solo un caso che The Greatest Showman scelga di raccontare proprio in questo modo la storia di P. T. Barnum, fondatore di quello che è una della compagnie circensi più famose di tutti i tempi.
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Parlare di circo oggi automaticamente fa storcere il naso, ma sul finire del diciannovesimo secolo davvvero doveva trattarsi del "più grande spettacolo sulla Terra": animali esotici, acrobazie, divertimento, musica e appunto bizzarrie di ogni tipo. Andare ad uno di questi show era davvero l'occasione per assistere a cose inimmaginabili, ad un insieme di talenti apparentemente disarmonici che però formavano un qualcosa di unico ed irresistibile che ben presto divenne un enorme successo. Talmente grande da superare quello di spettacoli artistici ben più nobili e prestigiosi.
Non è difficile cogliere un'analogia con il cinema, quell'arte che qualche decennio dopo si impose in modo dirompente diventando davvero lo spettacolo per eccellenza. Ed è per questo che dispiace che un progetto di questa portata sia stato affidato ad un esordiente come l'australiano Michael Gracey e non ad un regista che avrebbe potuto rendere giustizia a questa storia (vera) così ricca di spunti interessanti e metacinematografici.
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A Million Dreams
Se in apertura abbiamo citato il capolavoro di Damien Chazelle non è un caso, perché è vero che The Greatest Showman e La La Land non potrebbero essere due film più differenti, ma non c'è dubbio che il coraggio di rischiare di quest'ultimo abbiano aiutato non poco la realizzazione del film con Hugh Jackman, fermo ai box da oltre sette anni. Un musical originale fino all'anno scorso sembrava un azzardo davvero troppo grosso per chiunque, e a quanto pare non bastava l'entusiasmo di un vero e proprio divo per portare avanti questo progetto che vuole parlare dell'importanza dell'essere diversi e quindi speciali.
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Il problema del film è chiaramente in questo "vorrei ma non posso", nel voler rischiare ma senza spingersi troppo oltre. Come già detto sarebbe bastato un regista diverso, qualcuno che volesse realizzare in primis un ottimo film e non solo un grande spettacolo. E invece in questo modo The Greatest Showman è chiaramente un film dalla doppia anima: spettacolare ed emozionante nei numeri musicali, ma banale e superficiale per quanto riguarda tutto il resto.
The Other Side
Lì dove le coreografie sono "larger than life", i costumi dai colori sgargianti e le canzoni particolarmente orecchiabili e riuscite, tutta la storia di P. T. Barnum, la sua lotta per farsi accettare dalla società e il suo rapporto con la famiglia, sia reale che d'adozione, è un'accozzaglia di luoghi comuni e già visto da non crederci. Un grosso problema risiede chiaramente nella sceneggiatura di Jenny Bicks e Bill Condon, ma è anche e soprattutto la regia senza personalità a fallire nell'elevare ciò che esuli dal cantato e ballato.
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Il che non vuol dire che il film sia spiacevole o che non possa comunque conquistare un suo pubblico, anzi. Perché numeri musicali del calibro di A Million Dreams, Come Alive, Rewrite the Stars e soprattutto This is Me (che quasi sicuramente vedremo all'Oscar) sono fatti per rimanere impressi. E tutto il cast - Jackman in primis ovviamente, ma anche Zac Efron, Zendaya e soprattutto la "barbuta" Keala Settle se la cavano egregiamente - rende pienamente giustizia sia alle canzoni di Pasek and Paul (già premiati dall'Academy l'anno scorso per City of Stars e vincitori di un Tony per il musical Off-Broadway Dear Evan Hansen) che alle buone coreografie di Ashley Wallen, altro debuttante sul grande schermo. Insomma lo spettacolo è garantito e per molti potrebbe essere davvero grande, ma i grandi film sono però tutt'altra cosa. Ed è proprio per questo che i musical al cinema continueranno ad essere una rarità.
Movieplayer.it
3.0/5