The Good Fight 3x01, la recensione: fra #MeToo e l’incubo Trump

La recensione di The Good Fight 3x01, première di stagione, The One About the Recent Troubles: la serie legal CBS non cambia formula e conferma i propri limiti.

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Christine Baranski in The Good Fight

Fin dal suo debutto, nel febbraio del 2017, The Good Fight ha sempre tentato di mantenere uno strettissimo legame con l'attualità: lo spin-off dell'acclamato The Good Wife si apriva non a caso dopo l'inattesa vittoria elettorale di Donald Trump, per poi soffermarsi sulla descrizione di un'America che sembra impazzita, fra compromessi morali, tensioni sociali - e razziali - sempre più forti e il senso di scoraggiamento e di rabbia di Diane Lockhart, il personaggio-chiave della serie. Nella nostra recensione di The Good Fight 3x01, The One About the Recent Troubles, disponibile dal 15 maggio su TIMvision, torneremo a parlare di questi aspetti, tuttora centrali nell'economia del racconto, ma anche dei problemi sempre più evidenti di un prodotto che fatica anche solo ad avvicinarsi alle vette del suo illustre capostipite.

Il #MeToo e la 'questione morale'

E per la première della terza stagione, i richiami all'attualità hanno preso di petto uno degli argomenti più discussi e controversi dell'ultimo biennio: le molestie sessuali sui luoghi di lavoro e il fenomeno del #MeToo. Temi che emergono improvvisamente mentre lo studio legale Reddick, Boseman & Lockhart sta realizzando un documentario in memoria del proprio socio fondatore, Carl Reddick (interpretato nella prima stagione da Louis Gossett Jr), quando dalle interviste ad alcune ex dipendenti del defunto avvocato si materializza una "patata bollente" per Adrian Boseman (Delroy Lindo) e per Liz Lawrence (Audra McDonald), la figlia di Reddick. Come gestire una questione delicatissima per la reputazione dello studio, ma legata anche all'immagine pubblica di Carl Reddick, storico paladino dei diritti civili?

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Audra McDonald in The Good Fight

Gli interrogativi etici complessi e dalle molteplici sfumature hanno sempre costituito il fulcro tanto di The Good Wife, quanto di The Good Fight: due serie i cui personaggi sono impegnati in un confronto incessante con una morale problematica, che implica decisioni difficili e inevitabili "danni collaterali". E non a caso la storyline sul passato di Reddick e sugli abusi compiuti dall'uomo è il perno emotivo da cui scaturiscono i momenti migliori dell'episodio, nonché un'occasione per mettere in luce il talento drammatico di Audra McDonald, che qui offre una delle prove più intense fornite nel corso della serie. Peccato che, nell'ora di durata di The One About the Recent Troubles, gli altri subplot si rivelino decisamente meno interessanti e convincenti.

Diane Lockhart e l'ossessione per Donald Trump

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Christine Baranski in The Good Fight

Per qualche bizzarro motivo, innanzitutto, la terza protagonista della serie, la Lucca Quinn di Cush Jumbo, in questo episodio è relegata ad un'apparizione breve e incolore, una scelta ben poco comprensibile. La grintosa Diane Lockhart, a cui presta il volto la sopraffina Christine Baranski, rimane di gran lunga la figura più carismatica di The Good Fight (pure per merito dell'attrice), ma la gestione delle sue storyline lascia talvolta a desiderare, e qui ne abbiamo un esempio lampante: l'intera vicenda di Kurt McVeigh (Gary Cole) che accompagna a caccia i figli di Donald Trump, con ovvio sgomento di Diane, sarebbe già di per sé alquanto bislacca, ma scade in toni da farsa involontaria nel momento in cui Kurt viene colpito da un proiettile e la sua ferita, agli occhi della donna, assume le fattezze (e la voce) dell'odiatissimo Presidente.

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Il cast di The Good Fight

Che Diane Lockhart, campionessa del pensiero liberal, vivesse con sofferenza il clima politico statunitense era più che comprensibile, ma in The Good Fight gli autori hanno premuto fin troppo il suddetto pedale, rischiando di trasformare il malessere di Diane in un'ossessione dai contorni a tratti grotteschi. Nel caso specifico, l'intento di creare un equilibrio fra il dramma e la commedia non funziona del tutto e lascia l'impressione che il potenziale del personaggio di Diane non sia sempre sfruttato appieno.

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Il tallone d'Achille di The Good Fight

Maia Rindell, la giovane avvocatessa a cui dà vita Rose Leslie diviene il vero, clamoroso tallone d'Achille della serie, passando da personaggio focalizzatore della prima stagione a puro elemento riempitivo. E mai, prima d'ora, a Maia era stato dedicato un subplot tanto insulso: una sorta di "crisi di fiducia" che, su suggerimento di Marissa Gold (Sarah Steele), la ragazza riuscirà a risolvere con un paio di occhiali scuri, un atteggiamento sfrontato e un sito web autocelebrativo a dir poco ridicolo. Una strizzata d'occhio al female empowerment o una semplice "linea comica"? Il risultato, comunque sia, è pessimo, e dimostra i limiti di una serie in cui i difetti di scrittura sono sempre più accentuati, così come la difficoltà di gestire in maniera coordinata una pluralità di personaggi. La 'lezione' di The Good Wife, in tal senso, non è ancora stata assorbita a dovere...

Conclusioni

Come rilevato nella nostra recensione di The Good Fight 3x01, The One About the Recent Troubles, anche questo primo tassello della terza stagione ripropone virtù e limiti di uno spin-off che fatica a sostenere il confronto con The Good Wife. The Good Fight torna infatti sugli schermi con una première non del tutto all’altezza delle aspettative: il ritmo incalzante del racconto e l’affiatata squadra di interpreti restano i punti di forza della serie, ma si fanno sempre più evidenti i problemi nello sviluppare in maniera adeguata i percorsi dei vari personaggi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Christine Baranski e Audra McDonald, interpreti in grado di reggere con il proprio carisma tutto il peso dell’episodio.
  • La capacità di affrontare tematiche complesse e spesso controverse in maniera intelligente e rifiutando facili soluzioni.

Cosa non va

  • La difficoltà nel mantenere un equilibrio narrativo fra le varie sezioni della puntata, con alcune scelte di scrittura davvero poco felici.
  • La pessima storyline dedicata al personaggio di Maia, la quale si conferma l’elemento più debole della serie.