Riuscirà Pablo Larrain a portarsi a casa un Orso d'oro? Dopo la visione di The Club, presentato quando la Berlinale arriva al giro di boa, abbiamo il sospetto che l'autore cileno abbia ipotecato la vittoria sfoderando una pellicola agghiacciante e potentissima. Il 'club' del film è composto da quattro preti scomunicati che vivono in un limbo perenne a metà tra la prigionia e l'esilio in uno sperduto villaggio sulle coste del Cile. La loro 'carceriera' è una suora interpretata da Antonia Zegers, moglie e musa di Pablo Larrain. I crimini di cui i sacerdoti si sono macchiati sono la pedofilia o la connivenza con il regime di Pinochet, durante il quale hanno sottratto i figli delle vittime della repressione per venderli a ricche famiglie cilene o nordamericane. Con i suoi precedenti lavori, il regista di No - I giorni dell'arcobaleno ci ha abituato a una costante disamina dei mali dei suo paese, ma The Club è il suo lavoro più polemico e coraggioso perché punta direttamente al cuore del problema, ridicolizzando e condannando i comportamenti omertosi della chiesa cattolica.
"Ho un background cattolico" spiega il regista. "Ho frequentato scuole cattoliche. Nel corso della mia formazione ho conosciuto preti di grande valore, che credevano davvero nella loro missione, ma ne conosco altri che sono finiti in carcere, hanno abbandonato la chiesa oppure stanno ancora indagando la loro fede perché hanno messo in discussione ciò in cui credevano. L'aspetto che mi interessava indagare di più, in The Club, è il fatto che la chiesa non crede nella giustizia laica. Preferiscono coprire i loro peccati, oppure sistemare le situazioni a rischio con indagini interne. Ma il mio non vuole essere tanto un film di denuncia, il suo obiettivo è mostrare quanto, a condizionare la chiesa, sia soprattutto la paura del giudizio pubblico, che sembra contare più delle parole del papa".
Una tragedia venata di humor nero
The Club è un film la cui visione, a tratti, risulta difficile, ma al tempo stesso è pervaso da un sottile humor nero che strappa qualche amara risata. "Anche se alla base del film c'è una sceneggiatura molto precisa, sul set sono aperto a ricevere gli input degli attori. Lavoro sempre con le stesse persone, siamo affiatati e mentre giriamo sentiamo il bisogno di divertirci perciò, qualche volta, le nostre battute feroci restano nei take. Però non è qualcosa che cerco. E' il risultato spontaneo del nostro lavoro". Gli fa eco Alfredo Castro, attore feticcio di Larrain che anche stavolta ha un ruolo chiave nel film. "Il black humor è qualcosa che fa parte del nostro paese, è un modo dei cileni per reagire alla catastrofe. E' il nostro modo di essere. Il Cile non è un paese felice, perciò il nostro humor è legato alla catastrofe e alla morte. E' il nostro modo di reagire di fronte alle avversità". Riguardo ai costanti riferimenti alla pedofilia e all'abuso di minori, The Club non fa sconti. Catalisi di questo tema è il personaggio di Sandokan (l'ottimo Roberto Farias), uno sbandato violentato da un sacerdote durante l'infanzia la cui esistenza è sconvolta. Commentando le scelte espressive nel trattare la spinosa questione, Larrain dichiara: "Credo che sia un tema molto delicato, non era il mio primo interesse mentre scrivevo il film. So che il linguaggio che uso è forte, ma per documentarmi ho incontrato alcune persone che hanno subito abusi da piccole. Quando parli con loro descrivono esattamente ciò che è successo, descrivendo la violenza in modo grafico, e lo ripetono all'infinito. Ciò che volevo fare era riprodurre una visione realistica del problema".
L'arte è l'ultimo baluardo contro le ingiustizie
The Club si apre con una citazione biblica: "Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre". Come spiega Larrain, questa scelta contiene la vera chiave di lettura del film. "Subito dopo la citazione vediamo Alfredo Castro che ruota su se stesso mentre allena il suo cane sulla spiaggia. La prima cosa che si vede è un movimento circolare in cui luce e buio si susseguono, perché non posso essere separate.Questa è l'idea alla base del film, volevo mostrare l'intreccio indissolubile tra luce e tenebre, ma non voglio spiegare il troppo. Tocca al pubblico trovare il cuore del mio lavoro". Riflettendo sui cambiamenti che la chiesa cattolica stra vivendo in questi ultimi anni, il regista aggiunge: "Non credo che la chiesa si pronuncerà contro il mio film, non è il suo modo di procedere. La chiesa ignora i film di denuncia quindi non credo che ci saranno problemi al riguardo". Aggiunge Alfredo Castro: "Negli ultimi anni la chiesa sta cambiando, ci sono stati processi contro prelati e parziali ammissioni. Il film riflette i cambiamenti, ma anche l'intreccio tra bene e male che fa parte della vita e del mondo. Quando le persone mi chiedono perché recito ho sempre difficoltà a trovare le parole giuste per spiegarmi, ecco, credo che questo film dia una risposta molto precisa". Riguardo al look cupo e claustrofobico, all'atmosfera sospesa, Larrain rivela: "Ho girato The Club in digitale lavorando con molta precisione in un piccolo villaggio in Cile, vicino a una zona che conosco molto bene. Per ottenere il look che vedete ho usato lenti russe, usate già da Tarkovski e dagli autori della sua generazione. Combinate con macchine digitali danno questo risultato". Le ultime parole del regista rivelano la soddisfazione per la scelta della Berlinale di posizionare il suo lavoro in concorso. "Mentre lavoravo ho ricevuto l'invito ufficiale da parte del festival ed è stata gioia pura. Non so cosa attendermi e non so come accoglierete il mio film, ma adesso il nostro scopo principale è goderci la premiere e poi fare festa tutta la notte".