Un blocco di ghiaccio è, all'apparenza, impossibile da penetrare. Ma sulla sua superficie possono formarsi crepe grazie alle quali creare dei varchi per raggiungere il suo cuore. O lasciare che si sciolga lentamente al calore dei raggi del sole. È quello che prova a catturare Anthony Chen in The Breaking Ice attraverso le storie dei suoi personaggi.
Il ritratto di una generazione

Presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard e poi al TIFF - Toronto International Film Festival, The Breaking Ice si apre su Haofeng (Liu Haoran), un giovane ragazzo cinese con un lavoro di prestigio e una depressione che lo spinge a pensare al suicidio. Quando si reca a Yanji, città al confine tra Cine e Corea del Nord, incontra Nana (Zhou Dongyu), una giovane guida locale dal quale rimane stregato e che - complice anche un telefono smarrito - lo invita a passare la serata con lei e Han Xiao (Qu Chuxiao), ragazzo con il quale ha una relazione dai contorni poco delineati e piuttosto complicati.
Quella che doveva essere una cena tra estranei si trasforma nell'amicizia istantanea tra i tre che, sebbene appartenenti a realtà sociali differenti, si riconoscono. Ad accomunarli quel senso di inquietudine che attraversa la generazione alla quale appartengono. Nato nel corso della pandemia, il film rispecchia quello spaesamento di chi si è ritrovato improvvisamente costretto dall'immobilismo forzato a fare i conti con la propria vita.

Nella Generazione X (ma anche in quella dei Millennial) si sono fatte strada una serie di domande che mettono in discussione il costrutto sociale nel quale ci troviamo. A cosa serve lavorare senza sosta per poi non vivere la vita o non prendersi cura della propria salute mentale? Haofeng racchiude alla perfezione questo sentire. Mentre Nana e Han Xiao fanno i conti con una quotidianità vissuta ai margini.
Un triangolo per riemergere

Nell'indagare la loro amicizia, The Breaking Ice parla di identità individuale e collettiva e di cosa significhi entrare in relazione con qualcuno nell'era dell'iper connessione e della solitudine. Anthony Chen realizza un film dove tanto viene detto anche attraverso le immagini, i silenzi, gli sguardi e i gesti dei suoi protagonisti. I rimpianti di Nana, le paure di Haofeng e le proiezioni di Han Xiao non hanno bisogno di tante parole. Bastano una cicatrice o una telefonata a svelarci cosa c'è nel loro cuore.

Il triangolo, omaggio a Jules et Jim per stessa ammissione del regista che celebra il film di François Truffaut con una citazione, è centrale per permettere ai protagonisti di riemergere da un lungo respiro trattenuto nel quale erano sprofondate le loro esistenze. Primo film in Cina per il regista di Singapore, The Breaking Ice, è ricco di metafore in cui la natura gioca un ruolo fondamentale. Su tutte la gita sul monte Changbai diviso in due dai confini cinesi e nord coreani.

Su quell'invisibile linea di demarcazione in bilico tra due realtà si gioca il loro destino. Il prima e il dopo, il passato e il futuro. Visivamente curato, merito anche della fotografia di Yu Jing-pin, il film di Anthony Chen ha tratti e snodi narrativi riscontrabili in altri film dello stesso genere, ma dalla sua ha l'intuizione di fotografare la Cina contemporanea e i suoi giovani, tra disillusioni e nuove prospettive. Oltre alla raffinatezza di alcune sequenze. Su tutte quella di un incontro tra Nana e Haofeng sotto la doccia. Poetica, malinconica e sensuale.
Conclusioni
Nato del corso della pandemia, The Breaking Ice è la risposta di Anthony Chen a quell'energia nervosa che aveva accumulato in due anni chiuso in casa. Un film completamente diverso dai suoi lavori precedenti per genere e approccio che vede al centro due ragazzi e una ragazza della Cina contemporanea provenienti da realtà sociali differenti. Quello che li avvicina è un sentire comune, la crisi esistenziale di un'intera generazione. Chen mostra la loro complicità e, senza indugiare troppo sulle parole, lascia che siano i gesti e gli sguardi a raccontare le loro storie. Sebbene alcuni passaggi e atmosfere risuonino come familiari, il regista di Singapore ha la capacità di creare sequenze di una bellezza e poetica che rimangono a lungo con lo spettatore.
Perché ci piace
- La scelta di ambientare il film in una zona di confine
- La citazione a Jules e Jim
- La sequenza ambientata nella doccia
- Il racconto della Cina contemporanea
- La riflessione sulla Generazione Z
Cosa non va
- Alcuni tratti e snodi narrativi sono riscontrabili in altri film dello stesso genere
- La stessa citazione di Jules e Jim potrebbe risultare scontata per una fetta di pubblico