The Bikeriders: le fotografie di Danny Lyon e la storia vera che ha ispirato il film

Il New Journalism, il Midwest, le motociclette: torniamo negli Anni Sessanta, riscoprendo la storia vera dietro The Bikeriders con Austin Butler, Jodie Comer e Tom Hardy.

Austin Butler in The Bikeriders

Il rombo di un motore e l'aria tra i capelli, una foto senza tempo e l'odore cocente di una sigaretta consumata sotto il sole. Dietro, come fosse una canzone di Bob Dylan, una splendida menzogna che diventa una splendida realtà cinematografica. Perché The Bikeriders tramuta la storia vera che racconta in ispirazione narrativa, per uno storytelling adatto al grande schermo. Infatti, il film di Jeff Nichols si ispira al libro fotografico del 1967 di Danny Lyon, adattando a favore di sceneggiatura un'epopea che immortala l'America della libertà e dell'utopia, per un ritratto comunque veritiero dei motoclub forgiati sotto la polvere della Route 66.

The Bikeriders Austin Butler E Jodie Comer In Una Foto
Austin Butler e Jodie Comer in The Bikeriders

Come prima cosa, bisogna infatti spiegare che The Bikeriders è una rappresentazione romanzata (ma fedele allo spirito) dei Chicago Motorcycle Outlaws, che lo script di Jeff Nichols farà diventare Vandals MC. Seguiamo il racconto tramite le parole di Kathy, interpretata da Jodie Comer, che rilega nell'intervista rilasciata a Lyon (Mike Faist) la nascita e il mutamento del club, narrando del suo matrimonio con Benny (Austin Butler), amico e punto di riferimento di Johnny (Tom Hardy), leader dei Vandals. Una trama riassunta all'osso, ma propedeutica per spiegare cosa c'è davvero dietro The Bikeriders: un'ode immaginifica alla libertà di vivere al di fuori della legge.

Le fotografie di Danny Lyon (e quel consiglio di Hunter Thompson)

The Bikeriders Tom Hardy In Una Scena
Lo sguardo di Tom Hardy

Ecco, dietro il film c'è una sorta di manifesto. Un manifesto generazionale, sociale, politico, culturale, antropologico. In questo senso è fondamentale accennare al profilo di Danny Lyon. Avanguardista del New Journalism, fotografò, calandosi nel loro stile di vita, i motociclisti del Midwest americano, seguendoli dal 1963 al 1967, con l'obbiettivo di "registrare e glorificare la vita del motociclista americano". Nel farlo, divenne a tutti gli effetti un membro degli Outlaws Motorcycle Club, nonostante l'avvertimento riservatogli da un altro genio del giornalismo, Hunter S. Thompson, che aveva da poco assato un anno con gli Hells Angels per Hell's Angels: The Strange and Terrible Saga of the Outlaw Motorcycle Gangs, sconsigliando a Lyon di unirsi al club e, soprattutto, di indossare sempre il casco. Consigli prontamente non seguiti dal fotografo, almeno fino a quando l'aurea romantica non venne rotta dalla sostanziale mutazione che ebbe il gruppo, e che The Bikeriders racconta nella seconda parte. In una vecchia intervista al Guardian, Danny Lyon disse che la realtà dei fatti "non era all'altezza del mito", rivelando un episodio in particolare: un membro del gruppo, durante uno dei soliti picnic (che nel film scandiscono la stessa mutazione), distesa una bandiera nazista a mo' di tovaglia. Non solo, Lyon trovò ridicola "la paura di questi omoni di essere attaccati dai neri durante una rivolta razziale a Chicago".

The Bikeriders, la recensione: bulli, pupe e quell'America dal respiro cinematografico

L'ispirazione di Jeff Nichols

The Bikeriders Austin Butler E Tom Hardy In Una Scena
Sigarette e giacche di pelle: The Bikeriders

A proposito di New Journalism (termine coniato da Tom Wolfe), il libro fotografico di Lyon calcava in pieno il paradigma legato alla corrente giornalistica esposta da Truman Capote, Gay Talese e Norman Mailer (e dallo stesso Thompson, evolvendola poi in Gonzo Journalism), preferendo la soggettività come metro di racconto. Un approccio non convenzionale per l'epoca, che si prefissava di osservare gli Outlaws dall'interno, e non dall'esterno.

Una veridicità che The Bikeriders prova a tradurre in formato cinematografico, ammiccando ad un'epica dolente di cui Nicholson ne estrae in pieno il valore oggettivo della sua sottocultura, figlioccia della Beat-Generation di Jack Kerouac. Un valore che arriva dalle registrazioni di Lyon, sfruttate dal regista come dialoghi adattati sotto forma di sceneggiatura. Se c'è una chiara novellizzazione, a cominciare dal nome del club, i personaggi che compaiono nella pellicola sono comunque esistiti, come testimoniano le fotografie originali che scorrono durante i titoli di coda. A cominciare da Johnny, Benny e Kathy, fino a Zipcon, interpretato da Michael Shannon.

Il mondo dei club motociclistici

Per capire ancora meglio The Bikeriders bisogna poi fare accenno a cosa sono (o meglio, cos'erano) gli Outlaws, facente parte di quattro MC più influenti (tra loro ci sono gli Hells Angeles MC, i Bandidos MC e i Pagans MC). Tradizione vuole che vennero fondati in Illinois, in una bettola sulla Route 66. L'immaginario americano che prende forma, rafforzandosi anche grazie al Johnny di Marlon Brando, leader di un club in quel capolavoro chiamato Il selvaggio.

Alla base una struttura gerarchica, che sostiene le regole che i membri sono obbligati a rispettare, dopo un percorso di accettazione che prevede vari (e lunghissimi) passaggi. Il club, che oggi manifesta uno spiccato nazionalismo contraddistinto dal pensiero del white power, è tutt'ora attivo nel Midwest e nel Sud degli States, arrivando fino all'Europa (Italia compresa). La stessa espansione che farà vacillare il pensiero del Johnny cinematografico, inadatto ad un mondo che stava cambiando, globalizzando un'utopia che sfocerà irrimediabilmente nella criminalità più ottusa.