Certo una supereroina così sui generis difficilmente la si ricorda sul grande o sul piccolo schermo che sia, per quanto di personaggi dei fumetti trattati in modo ironico e dissacrante viene subito in mente la popolarissima serie dedicata a Batman, che ha assunto il rango di vero e proprio cult ed è apprezzatissima ancora oggi da nuove generazioni di fan. E proprio in risposta alle avventure dell'Uomo Pipistrello, in concomitanza con la realizzazione dell'ultima stagione - ovvero nel 1968 - anche il Messico ha provato a dire la sua proponendone una sorta di corrispettivo al femminile che in The Batwoman vedeva nei panni della protagonista la nostra connazionale Maura Monti.
Come potrete già intuire dalle immagini a corredo dell'articolo, ci troviamo davanti a una versione assai disincantata di Batwoman, che quando è travestita nella sua identità segreta indossa soltanto un mantello blu e un costume da bagno dello stesso colore, a indirizzare le sfumature sexy di un'operazione che guarda a molte influenze del cinema nazionale autoctono.
The Batwoman: botte da orbi?
Non è infatti un caso che al centro del racconto ci sia proprio l'ambiente del wrestling messicano, con i lottatori di lucha libre - una variante tipicamente autoctona lì nata negli anni trenta - che erano soliti comparire in decine e decine di pellicole di genere. E la stessa Batwoman qui è una combattente sul ring, pronta a mettere le proprie abilità al servizio della giustizia. Fin dal prologo vengono introdotte le sue straordinarie caratteristiche, mostrando una donna tanto sensuale in abiti da sera quanto implacabile quando si tratta di sparare o picchiare, e poi ancora esperta subacquea e coraggiosa paracadutista: una figura completa a 360 gradi, ideale per affrontare la minaccia che rischia di mettere in ginocchio il mondo intero. Il cattivo della situazione è uno scienziato pazzo, ricalcato su un modello classico, che si è messo in testa di realizzare un folle esperimento, ovvero dar vita al primo ibrido umano - anfibio, fondendo la ghiandola pineale di muscolosi wrestler con il DNA di un pesce. Esperimento che effettivamente riesce, con la nascita di una creatura che richiama una sorta di versione low-budget dell'omonimo costume usato per un grande classico del cinema fanta-horror come Il mostro della laguna nera (1954).
Un immaginario familiare
Fin a cominciare dai costumi spartani tutto è fatto per ricordare le imprese del Batman di Adam West, con lo stesso stile registico fatto di inquadrature fisse e ambienti minimali e alcune sequenze in esterno, a bordo di automobili o motoscafi, nel tentativo di infondere un po' di brio a un plot altrimenti fin troppo scontato e prevedibile.
Anche nella relativa gestione dell'azione il film vive su incredibili forzature: la Nostra si fa catturare ingenuamente in frequenti occasioni, salvo ritrovarsi ad avere a che fare con scagnozzi e villain ancora più ingenui di lei, in un tira e molla paradossale che richiama proprio quella vis comica sulla quale d'altronde è stata impostata l'intera operazione. Un qualcosa di simile era già stato tentato due anni prima con il misconosciuto The Wild World of Batwoman (1966), per problemi di copyright poi ribattezzato She Was a Hippy Vampire, ma qui invece il nome è rimasto tale pur non condividendo nulla con l'omonimo personaggio dei fumetti DC Comics, creata da Bob Kane e da Sheldon Moldoff nel 1956.
Veloce e indolore
Un'ora e venti di visione dove tutto è forzatamente sopra le righe, all'insegna di un intrattenimento amabilmente trash e derivativo, dove si parodiano le spy-movie classiche e le storie supereroistiche in un mix che può sicuramente far storcere il naso ai puristi ma si rivela un gradevole divertissement - per quanto innocuo e per nulla imprescindibile - per chi sa già cosa aspettarsi da immagini promozionali e locandina, che di certo non ne nascondono le atmosfere volutamente pacchiane e scanzonate. Con quel pizzico di sensualità aggiunta, strizzante l'occhio a quel pubblico maschile che ai tempi era chiaramente considerato come il principale target di riferimento. Per una Batwoman che non si era mai vista e che di certo, oggi, è più che mai impensabile rivedere, almeno con tali spiccate caratteristiche estetiche, nel cinema contemporaneo.