È pieni di tante sensazioni che scriviamo la recensione di The Abandoned del promettente taiwanese Tseng Ying-ting in concorso al Far East Film Festival 2023, il personale colpo di fulmine di chi scrive. Un film che forse sarà visto come troppo occidentale per i canoni della kermesse (anche se non è del tutto vero), una pellicola che forse verrà vista come troppa normativa e normalizzante nella seconda parte per il genere thriller, ma che possiede una tale potenza visiva e musicale fin dalla prima scena (come in Decision to Leave di Park Chan-wook, che però era più autoriale), che è impossibile non lasciarsi catturare dalla storia di quest'opera prima che ha tantissimo da dire e da mostrare ai suoi spettatori.
Un crime che è anche una love story impossibile
Al centro della storia di The Abandoned una detective che si ritrova suo malgrado un ultimo caso da risolvere prima di poter essere trasferita e una recluta da formare prima di potersene andare. Tutti gli stilemi del crime drama, che tanto deve nella storia e nella messa in scena a David Fincher, da Seven a Gone Girl, vengono ribaltati e ricomposti attraverso una storia di redenzione, di perdono, ma soprattutto di rimorso e di rimpianto. La detective protagonista ha subito un trauma sentimentale estremamente devastante, che viene ben espresso dalla canzone scelta per aprire il film e che ritorna poi in seguito: Only You di Kazoo, che nel suo testo esprime benissimo una certa malinconia amorosa, proprio come quella al centro della storia. Anche perché parallelamente assistiamo a un killer che uccide proprio in nome della vena amoris, la cosiddetta "vena dell'amore" in latino, che va addirittura a spiegare le origini del dito che indossa la fede nuziale.
Amore e morte
Eros a thanatos fin dalla mitologia sono un dualismo e un connubio intrinsecamente collegato, e questo film sembra celebrarli. Una pellicola in cui la storia sentimentale dei protagonisti - c'è anche uno dei testimoni ed ex fidanzato di una delle vittime - si rivela importante e determinante per la risoluzione del caso. Un film che è caratterizzato da una fotografia scurissima, una quasi costante pioggia battente (che non può non ricordarci The Killing) e un modus operandi da parte della regista assolutamente avvolgente. La pioggia lava via i peccati ma allo stesso tempo li porta alla luce. L'importanza dell'amore si scopre solo dopo la morte, quanto è troppo tardi, o quando non si riesce a dargli il giusto valore. Il ritmo nella seconda metà del film si normalizza rispetto ad altri crime drama più celebri e già visti, ma non si può non rimanere coinvolti dalla storia, dalle sue ramificazioni, dai colpi di scena e dalle allegorie e metafore create per i personaggi e per le tematiche che si portano dietro. Gli interpreti - tutti - in questo senso fanno un lavoro eccezionale, compreso il capo apparentemente burbero della detective protagonista che cerca solamente di proteggerla come un vecchio amico di famiglia.
Immigrazione tra le righe
Ma perché intitolarlo The Abandoned? Perché voleva dar voce agli invisibili, a quelli che spesso coprono la cronaca (nera) fino ad un certo punto, ma rimangono comunque nell'ombra, pur essendo centrali nell'economia del Paese. Gli immigrati clandestini sono un tema fortissimo a Taiwan così come da noi e quindi il film strizza fortemente l'occhio all'attualità. Ma è il mix di generi, di toni, di storyline e di tematiche che funziona incredibilmente, prendendo lo spettatore per mano fin da subito ed accompagnandolo fino all'ultima scena, facendo crescere il climax narrativo di atto in atto. Un epilogo che poteva essere un po' meglio distribuito ma che non manca di potenza narrativa ed emotiva. Un film che rispecchia l'ossessione del pubblico per i crime, in un continente apparentemente così diverso dal nostro. Speriamo che presto qualcuno ne prenda la distribuzione in Italia e che potremo ancora parlarne.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di The Abandoned felici di aver trovato un film al Far East Film Festival 2023 che sappia congiungere due latitudini apparentemente opposte e tante tematiche, prendendo bene l’eredità dai thriller venuti prima di lui ma creando al contempo qualcosa di nuovo. Un crime conturbante, disturbante, attuale, che mette al centro eros e thanatos in un'esperienza cinematografica tra le più totalizzanti.
Perché ci piace
- Gli interpreti sono estremamente bravi a far trasparire la gamma di emozioni dei personaggi.
- La storia sentimentale al centro, anzi le storie, mescolata al crime.
- Il tema dell’immigrazione tra le righe.
- La fotografia scura e la colonna sonora, a partire da Only You.
Cosa non va
- Per qualcuno il film nella seconda metà si potrebbe normalizzare al genere crime/thriller e ai suoi illustri precedenti.
- Forse qualche epilogo di troppo nella parte finale, che poteva essere lasciata più poetica.