La nostra recensione di Tesnota, l'opera prima del regista russo Kantemir Balagov, coincide con la distribuzione del film nelle sale italiane, a due anni di distanza dalla sua presentazione al Festival di Cannes 2017, nella sezione Un certain regard, dove ha ricevuto il premio dei critici FIPRESCI. Un esordio potente e coraggioso per il giovane cineasta, autore anche della sceneggiatura e del montaggio e all'epoca delle riprese appena venticinquenne, il quale si è ispirato a un reale fatto di cronaca: Tesnota (Closeness il titolo internazionale) è ambientato infatti nel 1998 a Nalchik, un villaggio nella regione settentrionale del Caucaso, teatro di un sequestro che colpisce una famiglia ebrea del luogo, incrinando rapporti ed equilibri fra i suoi componenti.
Russia, 1998: rapimento e riscatto
La trama di Tesnota si apre con una ragazza di ventiquattro anni, Ilana (interpretata dalla sorprendente Darya Zhovner, al suo debutto sullo schermo), impegnata a lavorare nell'officina del padre. Gli spazi angusti e i toni spenti e cupi della fotografia di Artem Emelyanov stabiliscono da subito le coordinate di un racconto claustrofobico e 'notturno': un'atmosfera che riproduce, sul piano visivo, il senso di oppressione dei personaggi, a partire dalla protagonista. Ilana, dotata di un carattere volitivo e animata da uno spiccato desiderio di indipendenza, trascorre la serata con i propri parenti; una serata in occasione della quale il fratello minore, David (Venjamin Katz), annuncia il suo fidanzamento.
Kantemir Balagov ne approfitta subito per mettere in contrasto la rigidità nel rapporto fra Ilana e i genitori con la disinvolta complicità che la lega invece a David, corredata perfino da allusioni sessuali; quella notte stessa, tuttavia, David e la fidanzata svaniscono all'improvviso, e al loro rapimento fa seguito una repentina richiesta di riscatto. Una svolta drammatica che funge da motore delle tensioni che, puntualmente, esploderanno all'interno della piccola comunità di Nalchik: perché Balagov non segue il percorso del crime drama, ma è interessato esclusivamente alla rappresentazione delle dinamiche in atto in questo microcosmo, in una terra contraddistinta da una profonda eterogeneità a livello etnico e religioso e in cui perfino una piccola realtà di provincia è segnata dalla netta divisione fra clan.
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La ballata di Ilana
Lo sguardo di Ilana, che trascorre il tempo libero con un ragazzo cabardo, Zalim (Nazir Zhukov), diventa dunque il nostro punto di vista su una sorta di no man's land, in cui all'assenza della legge e dello Stato fa da contraltare l'ombra dei conflitti in Cecenia: una delle sequenze più scioccanti di Tesnota, già fonte di polemiche a Cannes, è mostrata nel filmato (reale) di una videocassetta in cui alcuni soldati russi vengono torturati e uccisi dai guerriglieri ceceni. Un esempio della quotidiana assuefazione all'orrore in una pellicola in cui la descrizione sociale e antropologica si fonde con il ritratto intimo di una giovane donna refrattaria ai vincoli familiari, ma ingabbiata suo malgrado in un'esistenza con ben poche prospettive.
In un lungo, disturbante piano sequenza, Balagov ci mostra pertanto il primo rapporto sessuale fra Ilana e Zalim. La macchina da presa si mantiene a debita distanza dai due partner, l'inquadratura è buia e la visuale offuscata: perché quell'amplesso non ha nulla dell'idillio sensuale o romantico, ma costituisce il culmine di un conflitto morale lacerante, l'autentico nucleo del film. Quel conflitto in base al quale Ilana è chiamata a decidere del proprio futuro e di quello del fratello, con un gesto che è innanzitutto un atto di quieta ribellione nei confronti della tradizione e di un destino che sembra già scritto, ma che lei è determinata a rovesciare, nonostante tutto.
Conclusioni
Kantemir Balagov, allievo di Aleksandr Sokurov (co-produttore di Tesnota) ma già in grado di sviluppare uno stile autonomo da quello del proprio maestro, si attiene a un approccio di rigoroso realismo nella messa in scena e nelle modalità di racconto, indagando ambivalenze, pregiudizi e contraddizioni di una famiglia che si fa specchio della frammentaria realtà della Russia di fine millennio, ma di riflesso pure di quella attuale. Come evidenziato nella recensione di Tesnota, l’esordio di Balagov è un film orchestrato con una precisione che talvolta può rasentare la freddezza, ma che non rinuncia mai a documentare la travagliata e dolorosa umanità dei suoi personaggi.
Perché ci piace
- Lo sguardo lucido e rigoroso con cui Kantemir Balagov illustra un frammento della Russia post-sovietica.
- La capacità di arricchire il racconto con numerosi sottotesti e notazioni sociali e psicologiche.
- La vibrante prova d’attrice dell’esordiente Darya Zhovner, che sorregge un film di cui è protagonista assoluta.
Cosa non va
- Un ritmo spesso dilatato che talvolta rischia di rallentare la narrazione.