Che Ted Lasso sia stata la serie che abbia contribuito a far sì che Apple TV+ cominciasse a ritagliarsi il suo angolino nell'agguerrito panorama delle piattaforme streaming è indubbio. Quella di Bill Lawrence, Jason Sudeikis e Brendan Hunt era una produzione che aveva tutto per catturare l'attenzione del pubblico di entrambi i lati dell'Atlantico (e non solo).
Riprendendo il personaggio che Sudeikis aveva interpretato in una serie di sketch proposti dalla NBC per la coverage della Premiere League inglese è stata presentata al pubblico una storia in stile "pesce fuor d'acqua" che aveva tutti gli elementi per incuriosire chi magari si è accostato alla produzione incuriosito dal tema calcistico e sportivo, chi l'ha iniziata a guardare per le garanzie offerte dai nomi coinvolti nel suo sviluppo, chi l'ha scoperta perché alla ricerca di una sana comedy e chi ci si è imbattuto per via del tamtam sui social, dato che, anticipando Scissione, proprio Ted Lasso è stata la prima serie Apple a far parlare di sé in modo deciso.
Ted Lasso, molti trionfi e qualche critica
Tre stagioni, quelle di Ted Lasso, che cumulativamente hanno ottenuto 139 nomination ai vari premi di categoria vincendone un totale di 39 (di cui 11 Primetime Emmy). Tuttavia l'ultima stagione, dopo un paio d'anni di promozioni unanimi, ha ricevuto alcune critiche, sia da parte della stampa che dei fan, perché ritenuta troppo dispersiva nelle varie storyline. Il personaggio di Jason Sudeikis, Ted Lasso appunto, avrebbe perso la sua centralità, il cast principale è risultato troppo frammentato e le varie linee narrative prive di focus. Un tema, quello delle critiche a Ted Lasso 3, che ha ripreso forza di recente per via dell'arrivo, nelle librerie statunitensi, di un saggio di Jeremy Egner dal titolo Believe: The Untold Story Behind Ted Lasso, the Show That Kicked Its Way Into Our Hearts. In questo testo vengono proprio citate le suddette critiche alla serie portate avanti da un "piccolo, ma ostile gruppo di dissidenti".
La sacrosanta difesa di Jason Sudeikis
TVLine ha chiesto al diretto interessato, Jason Sudeikis, un commento sul riaffiorare di queste posizioni dovuto all'uscita del libro. Secondo l'attore e sceneggiatore, Ted Lasso è una serie che, soprattutto nella terza stagione, richiede una sorta di partecipazione attiva del pubblico, un po' come a teatro. Solo che "Alcune persone vogliono farlo, altre no. Alcune persone vogliono solo giudicare, non vogliono essere curiose" spiega Sudeikis. Un modo di fare che è esattamente all'opposto del mantra di Coach Lasso basato sulla fase che, da anni, viene erroneamente attribuita a Walt Whitman "Sii curioso, non giudicante".
Oltre ad ammettere di non capire "le persone che continuano a parlare di qualcosa in modo così spudorato che, secondo me, chiaramente non capiscono" perché "non hanno immaginazione e non sono aperte all'esperienza di cosa significhi averne una", il volto di Ted Lasso pone la sua attenzione su un concetto sacrosanto: l'arco narrativo dei personaggi che popolano la serie. "Tutti i personaggi sono in una condizione migliore rispetto a quella in cui si trovavano quando li abbiamo incontrati all'inizio" dice Sudeikis sulle conclusioni delle varie linee narrative aggiungendo che "abbiamo lasciato le cose meglio di come le abbiamo trovate. E se non lo vedi in questa serie, allora non so davvero che cosa stai guardando".
Believe
Ora, si potrebbe tranquillamente tacciare Jason Sudeikis di essere come l'oste che alla domanda del cliente circa la qualità del vino portato a tavola nella brocca risponde che, chiaramente, è ottimo. Tuttavia la sua posizione è, ai nostri occhi, ampiamente condivisibile. Ogni singolo personaggio della serie ha una storia che comincia in una data maniera e lo vede evolvere in una persona migliore seguendo un percorso logico e mai forzato. Cosa questa tutt'altro che scontata quando si ha a che fare con una storia dall'animo così marcatamente corale. Già perché a trarre in inganno quelle persone che "vogliono solo giudicare, non vogliono essere curiose", per citare direttamente il nostro, c'è sicuramente il titolo della serie, così focalizzato su un personaggio, Ted Lasso, che fin dall'inizio è solo apparentemente il protagonista della storia. Ma non è esattamente così.
Ted Lasso è il collante, il catalizzatore di un processo di miglioramento, evoluzione personale che viene innescato in Roy Kent, Keeley Jones, Jamie Tartt, Rebecca Welton, in "Nate the Great". In ogni singola persona che viene in contatto con questo atipico allenatore che fa dell'ottimismo la sua ragion d'essere. Un ottimismo che, ce ne rendiamo conto, dopo anni di pandemia a cui hanno fatto seguito altri drammi planetari d'ogni tipo, appare quasi fuori luogo, ma che è, invece, una vera e propria boccata d'ossigeno in un contesto in cui la cupezza del tempo si riflette, inevitabilmente, in moltissimi ambiti della produzione cinetelevisiva. Dal versante più indie a quello mainstream.
Quello che è fondamentale comprendere è che, fin dalla prima puntata della prima stagione, al centro di tutto ci sono le persone che animano la AFC Richmond. Con tutto il loro bagaglio di vissuto emotivo. E il finale di Ted Lasso 3 è, per questo, un esempio di rara coerenza.