Taylor John Smith: “Warfare? Un anti-film in tempo reale per mostrare il vero volto della guerra”

"Non è bello. Non è glamour. Non ti fa sentire al top. È un inferno", spiega l'attore tra i protagonisti del film diretto da Alex Garland e Ray Mendoza basato sulle testimonianze dirette di un gruppo di soldati, Mendoza compreso, in missione durante la guerra in Iraq. In sala.

Taylor John Smith in scena

"È stato il primo film che ho visto al cinema dopo un po' di tempo a causa del Covid. Sono andato al Mann's Chinese Theater di Los Angeles, un'enorme cinema IMAX, e ricordo che il suono mi ha scosso profondamente e mi sono sentito molto emozionato. E poi ho scoperto che avrei avuto la possibilità di lavorare con Alex e Ray in Warfare - Tempo di guerra. È stato il massimo". Taylor John Smith ricorda così la visione di Civil War, incredibile film diretto da Alex Garland ambientato in un futuro imprecisato in cui gli Stati Uniti sono coinvolti in una guerra civile.

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Taylor John Smith e Cosmo Jarvis in una scena del film

Ora Garland torna in coppia con Ray Mendoza per un altro film incentrato su un conflitto, Warfare - Tempo di guerra, ispirato ad una storia vera e alle testimonianze dirette di un gruppo uomini dei corpi speciali della marina americana, i Navy SEAL - tra cui lo stesso Mendoza. Il racconto di una missione ad alto rischio a Ramadi, in Iraq, nel 2006.

Warfare - Tempo di guerra e il conflitto in tempo reale

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Un'immagine di Warfare - Tempo di guerra

"Warfare - Tempo di guerra" parla di perdita, coraggio, trauma e fratellanza. Tematiche che possono aiutare il pubblico a capire meglio cosa significhi vivere in un contesto di guerra? "È stato l'obiettivo di questo film non rendersi bello, cinematico", spiega l'attore. "Volevamo lasciare il pubblico in quella stanza con quei soldati e fargli sperimentare , momento dopo momento, come si vive in quell'ambiente mentre si manifestava".

"L'intero film è di 90 minuti ed è in tempo reale. Non c'è colonna sonora che ti permetta di sentire qualcosa. È un anti-film. Lo abbiamo filmato cronologicamente. Come attori abbiamo avuto l'opportunità di sperimentare ogni scena mentre stava avvenendo".

Una preparazione intensiva

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Una scena del film di Alex Garland e Ray Mendoza

Il film di Alex Garland e Ray Mendoza è sbalorditivo da un punto di vista tecnico, ma è innegabile anche l'apporto attoriale dato da un cast corale chiamato a lavorare in un modo molto preciso quanto emotivamente impegnativo. Un approccio, guardando ai lunghi blocchi di sequenze che compongono la pellicola, che ha paradossalmente un retrogusto teatrale. "Per noi come attori c'è una responsabilità nel farlo nel modo giusto", afferma Smith. "Soprattutto perché molti dei ragazzi che c'erano quel giorno, le persone che interpretavamo, erano sul set. È un sentimento folle. Soprattutto per Ray Mendoza nel vedere D'Pharaoh Woon-A-Tai interpretare se stesso davanti i suoi occhi da dietro l'obiettivo".

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"Abbiamo lavorato in un campo di addestramento di tre settimane e mezza per preparare la parte militare parlando alla radio, maneggiando armi, imparando a sparare, a muoverci come un team, a comunicare. Abbiamo sezionato il film in grandi scene. E quindi sì, in un certo senso abbiamo dovuto farlo come uno spettacolo teatrale".

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Uno scatto dal set del film

"C'erano telecamere che fluttuavano di stanza in stanza", continua l'attore ricordando l'esperienza sul set. "Potevo essere in un'altra zona impegnato nella mia scena mentre la telecamera era altrove nella casa. Recitavamo tutti simultaneamente. In qualsiasi momento la macchina da presa entrava e ci riprendeva mentre già eravamo in azione. È qualcosa di molto bello per un attore perché permette di essere immersi. Non c'è nessuno stop, azione o cambio luce. La telecamera semplicemente scorreva e si muoveva".

"L'approccio di Ray era principalmente incentrato sulla performance", racconta poi Taylor John Smith nel riferirsi al tipo di divisione optata dai due registi durante le riprese. "Alex si è occupato sicuramente di più dell'aspetto tecnico, di dove posizionare la telecamera, quali inquadrature scegliere e quali obiettivi usare per una determinata scena. Ma per quanto riguarda la performance, è stato tutto sulle spalle di Ray Mendoza. Perché lui era lì, conosceva esattamente lo stato d'animo di questi ragazzi in ogni momento. E la sua saggezza, la sua ampiezza e profondità di conoscenze erano impeccabili. Abbiamo apprezzato molto avere qualcuno che sapeva dirci esattamente cosa stava pensando in ogni momento".

Warfare - Tempo di guerra è una visione impegnativa

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Will Poulter in una scena di Warfare - Tempo di guerra

La visione di "Warfare - Tempo di guerra" è travolgente. Che lo si ami o lo si odi, è impossibile che il film lasci lo spettatore indifferente. L'attore ha avuto modo di confrontarsi con chi lo ha visto? "È raro che un film sia così d'impatto e nessuno applauda alla fine, perché in un certo senso lo si assimila. Molti dei miei amici veterani, ci hanno messo giorni a riflettere sui propri sentimenti e a capire cosa ne traessero", confida Smith.

"Il nostro obiettivo per questo film era quello di dare alle famiglie dei veterani, ai loro coniugi e cari, uno sguardo più da vicino su ciò che hanno realmente attraversato quando sono andati a combattere o hanno prestato servizio. E penso che abbiamo fatto del nostro meglio in questo senso. Ma il film affronta temi molto pesanti, è una visione impegnativa".

Un film per mostrare la realtà e le conseguenze del conflitto

Warfare Scena
D'Pharaoh Woon-A-Tai è Ray Mendoza nel film

La rappresentazione della guerra nei media ha un forte impatto sull'opinione pubblica, finendo in certi casi per essere anche uno strumento di propaganda o di celebrazione. "I film rappresentano il modo in cui vediamo noi stessi e l'umanità", sottolinea l'attore. "Questo film non vuole essere a favore o contrario alla guerra, ma vuole mostrare la realtà e le conseguenze del conflitto. Non è bello. Non è glamour. Non ti fa sentire al top. È un inferno. E volevamo mostrare che non è qualcosa da scegliere o prendere alla leggera. Dovrebbe essere l'ultima spiaggia, se possibile".

"È raccapricciante. La guerra è una cosa terribile. E penso che prima che qualcuno in una posizione di potere decida di mandare giovani uomini e donne a combattere, dovrebbe sapere a cosa li sta mandando incontro", continua Taylor John Smith. "È terribile chiedere ai nostri giovani di andare a combattere contro altri esseri umani. Ma purtroppo è il mondo in cui viviamo. È la realtà. E penso che un film come questo mostri cosa succede realmente sul campo quando si decide di firmare sulla linea tratteggiata e dichiarare guerra a un altro Paese o a un altro gruppo".